LE PANZANE NUCLEARI E GLI AVVELENATORI DI POZZI (di Andrea Sartori)
Da qualche anno, sui social, si sta diffondendo la pessima idea che la libertà di parola non abbia limiti, e che possa sconfinare in qualcosa che potrebbe essere configurato come “procurato allarme” che, come ben sappiamo, è un reato previsto dall’articolo 658 del Codice Penale e punibile con l’arresto sino a sei mesi e con una multa fino a 516 euro.
Questa cosa è iniziata con Euromaidan e ha avuto due picchi: il Covid e l’“operazione militare speciale” iniziata da Vladimir Putin, contro l’Ucraina, il 24 febbraio 2022. L’epoca pandemica è uno snodo importante perché ha visto il passaggio da un terrorismo social amatoriale ad uno più professionistico, ma il tema principale è quello russo, e questo soprattutto a causa della deterrenza nucleare di Mosca.

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L’ultimo caso è stato all’indomani dell’operazione Spider Web, condotta dalle forze ucraine in territorio russo. I social si sono riempiti di post sull’imminente strike nucleare di Mosca sull’Europa. È girata una finta dichiarazione di Putin, in cui il Presidente russo avrebbe detto che non c’erano più linee rosse e che la risposta sarebbe stata imminente. Dichiarazione che non si trovava né sui media occidentali né su quelli russi, sulla TASS o su Ria Novosti. Se Putin avesse detto qualcosa del genere sarebbe stato ovunque a reti unificate. Naturalmente, a ciò si sono accompagnate immagini generate con l’Intelligenza Artificiale che mostravano Londra devastata da un’esplosione atomica.
Sono cose quantomeno da irresponsabili, perché generano panico. Ma, ripeto, è dai tempi di Euromaidan che si parla di un Putin pronto a nuclearizzare l’Occidente. E la cosa ironica è che questa sciocchezza arriva da gente che sostiene il presidente russo. Ma non gli rendono un gran servizio dicendo una cosa simile. Come può un leader intelligente sferrare un attacco atomico senza sapere che, due secondi dopo, lui stesso verrebbe annientato, assieme a tutta la sua gente, dalla riposta americana? Peraltro, come si può ammirare un leader capace di compiere l’olocausto atomico?

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Ma son cose vecchie, ed è dal 2014 che se ne parla. Qual è il profilo delle persone che sperano in un simile scenario?
Sono soggetti che, per un motivo o per l’altro, hanno fallito nella vita. Il loro putinismo si riassume nell’odio verso il loro mondo, l’Occidente, che non li ha premiati abbastanza. C’è chi ha fallito lavorativamente e chi – sono tanti – è orfano di ideologie novecentesche. E, allora, sperano che il superman di Mosca annienti tutto. Anche loro, presi in un assurdo muoia Sansone con tutti i filistei, invocano l’ecatombe come rimedio per i propri mali. Putin, tra l’altro, diventa il perfetto giustiziere per via del suo aspetto machista: gli italiani sono politicamente omosessuali e si sono costruiti un una Zar in parte di fantasia, ma che sembra più un Rocco Siffredi con la bomba atomica, e molti fra questi sognano di essere trafitti dal fallo nucleare.
Poi esiste una categoria assai più pericolosa, e sono gli avvelenatori di pozzi. Ovvero quelli che, scientemente, intorbidano le acque diffondendo terrore a buon mercato. Questo è stato l’aggiornamento della prima categoria, emerso nell’area del dissenso negli anni del Covid.

Molti fra costoro, spesso ex attivisti di qualche movimento politico (in particolare il 5 Stelle) si sono accorti che, spargendo terrore a piene mani, si può ottenere un discreto numero di follower su Facebook o X (all’epoca ancora Twitter) e magari rilanciarsi in campo politico o mediatico. In quel periodo, parlavano della “mascherina per sempre” o dell’ “emergenza infinita”. Hanno avuto la fortuna che la fine della pandemia e la guerra in Ucraina hanno coinciso, quindi non c’è stato il tempo di una pausa. Si è passati subito da una paura a un’altra. E sono oramai anni che costoro paventano l’olocausto nucleare. Ovviamente raccolgono molto seguito e qualcuno il salto l’ha davvero fatto, passando dall’essere un oscuro fenomeno del web a personaggio con una piccola cerchia e una fama fatta di qualche centinaio di like. Sono quelli di “Putin risponderà”, “guerra in Europa”, “atomiche sull’Italia” e via di questo passo.
La cosa assolutamente grave è che sui social non ci sono unicamente quei falliti che sperano che il loro eroe bruci il mondo solo per aver ragione. Ci sono anche tantissime persone normali, di quelle che “condividono le foto dei gattini”, come vengono definite con disprezzo da questi fanatici che pensano a Putin o a Israele anche quando sono seduti sulla tazza del cesso, e costoro, nove su dieci, sono facilmente impressionabili.
Facciamo un esempio. Nel 2008, quindi in un’epoca in cui Facebook era l’unico social ed era ancora agli albori, una ragazzina indiana si uccise. Aveva letto da qualche parte che l’esperimento sull’acceleratore di particelle, che in quel periodo veniva condotto al Cern di Ginevra, avrebbe generato un buco nero che avrebbe finito per inghiottire la terra. Ora, ci si immagini cosa può succedere in un’epoca in cui i social sono tanti e pervasivi, quando in gioco è un argomento, come la guerra atomica, che pare assai più probabile della fantascienza dell’altro caso menzionato.

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La libertà di parola si ferma laddove può nuocere. E fa niente se si tratta di menti deboli come qualcuno potrebbe sprezzantemente obiettare: tutte le menti vanno protette e non ci risulta che chi desidera la nuclearizzazione d’Italia sia una di quelle forti.
Il procurato allarme va sanzionato pesantemente. E questo andrebbe esteso non solo alla guerra, ma a tante altre panzane pericolose che girano in rete e che altro non fanno che alimentare paure e odi. Chi specula su queste cose, arrivando magari ad affibbiarsi la patente di eroe della libera informazione, è semplicemente una persona spregevole.
Andrea Sartori
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L’AUTORE
Andrea Sartori è nato a Vigevano il 20 febbraio 1977. Laureato in Lettere Antiche presso l’Università degli Studi di Pavia. Ha vissuto a Mosca dal 2015 al 2019 insegnando italiano e collaborando con l’Università Sechenov. Attualmente collabora presso il settimanale “L’Informatore Vigevanese”. Ha pubblicato con IBUC i romanzi Dionisie. La prima inchiesta di Timandro il Cane (2016) e L’Oscura Fabbrica del Duomo (2019) e, con Amazon, Maria. L’Eterno Femminino (2020)