CONTROCANTO TERMINALE – RECENSIONE A “PREGHIERE PER CELLULE IMPAZZITE” (di Nicola Argenti)

La recensione che segue è originariamente comparsa su https://tabaccofreddo.it/13-preghiere-per-cellule-impazzite-matteo-fais/
Matteo Fais non prega veramente. Matteo Fais impreca. È stato ingannato, come tutti gli uomini, come tutti i poeti, come tutti quelli che hanno un cuore. Matteo Fais ha infranto le catene, per stringersene volontariamente di nuove ai polsi e alle caviglie, quelle fatte di parole claustrofobiche, quelle che ci legano tutti all’amore mancato, desiderato, voluto e poi respinto. Ha scelto un legame maledetto, quello con la lirica sanguinolenta di chi si è scontrato con la bellezza e ne è rimasto spiazzato, consapevole di non poterla mai raggiungere pienamente. I suoi versi sono feroci e delicati, innamorati e disillusi, crudi, duri, violenti, appassionati. La condizione umana – lo sappiamo – è un affare complicato. È emarginazione, è contemplazione del nulla, è un’enorme matassa che non ha mai avuto origine. Eppure Matteo Fais è come il calabrone che non dovrebbe poter volare: non c’è nessun Dio, ma lui non lo sa, e continua a invocarlo.
(Io prego con banali suppliche in Time New Romans. Il poeta risponde in corsivo, con elegante ma ingannevole Palatino Linotype)

CONTROCANTO 1 – la deriva
cosa c’è di più terminale degli uomini che si trascinano, alla deriva, spiaggiati sui marciapiedi delle città che li ospitano, agonizzanti in cerca di un contatto? Nulla, perché quello che vedi è proprio quel che è, punto. La città è l’uomo e l’uomo è la città. Labirinti nei quali si perde tutto, non solo l’orientamento. Le città, che sono ormai uno stato d’animo, quelle culle gravide di neon e afrore, di macchine sfreccianti e immondizia, di soldi a strozzo e gratta e vinci, le hanno create proprio uomini e donne che ora ci annegano dentro.
È tra le pareti dei palazzi, con la loro misteriosa ingegneria acustica, che rimbalzano i canti di gole strozzate, di voci affannate, di voci affamate, e come in una meravigliosa e tragica inversione, i suoni non si spingono verso l’altro, non puntano più al cielo:
Molto bello il cielo, non c’è che dire
ma è l’asfalto che gratta contro i piedi il problema.
È grazie a lui se ho le scarpe bucate
quella merda di marca
che ho preso per 20 miseri euro
e la commessa che mi svelava
il mio essere un pezzente
con un sorriso.
Perché la melma nera si avvinghia sulle gambe e trattiene, tiene tutto qui, sulla terra, perché mica puoi far bollire il catrame e poi, se scotta troppo, andartene verso le stelle. No, qui devi rimanere, a bollire, a cuocerti. Il cielo lo guardi e basta.
Questo è il tuo posto, ogni giorno, tutti i giorni:
I giorni sono bestiali
una pioggia di spilli
un grattare di ossa ormai deboli
contro strade sempre identiche.
Sfregati gli occhi, se non ci credi. Pentiti delle tue scelte, che tanto non frega nulla a nessuno:
Ho sbagliato tanto.
Ho sprecato un’infinità
di attimi preziosi.
Fammi inabissare nella luce.

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CONTROCANTO 2 – ogni respiro si paga
Ancora Fais, con la sua penna disincantata, ci sottopone un lirismo spietato, uno stravolgimento di quei canoni che ci vedono – talvolta – trovare respiro in un mondo che quel respiro tende a spezzarlo. Qui ogni boccata d’aria è un inganno, come l’amore, come la gioia, come i miracoli:
Ingannati pure,
La gioia esiste
ci sono miracoli lì dove
si impara a vederli.
***
Vivere è ancora impossibile.
Eppure, se morissi adesso
lascerei troppi gesti
alla fantasia di chi
mi ha visto nascere.
So amare così bene.
***
Ho amato
pur avendo sbagliato ogni bacio.
***
E i muscoli, necessari e non, chiedono salvezza:
I miei organi interni
sono così stanchi
che vorrebbero collassare
e trovar spazio tra le frattaglie
nel freezer di un ristorante cinese.
***
È davvero così osceno
domandare sommessamente
un poco di pietà?
***
C’è tanto amore passato
e io non voglio perderlo.
Tutto ciò che ho riposto
è lì nascosto
per non andare perduto
per non essere sciupato
dall’orrore delle faccende
che consumano i giorni.

CONTROCANTO 3 – salvezza e catrame
Guardandoci intorno – ce lo dice l’autore, in qualche modo – troviamo gli scampoli di una salvezza. Lo stile è sempre feroce, la disillusione è vivida e appassionata, le parole pesano come piume rivestite di catrame. Guardandoci intorno, forse, possiamo trovare qualcosa di definitivo. Che non è Dio, questo è poco ma sicuro, perché quello è ancora in paura pranzo. Da parecchio. Restano gli esseri umani, in tutta la loro decadenza:
Camminando per questa via
la solitudine è insopportabile
svela tutta la tristezza
dietro i manifesti pubblicitari
e il vociare dei ragazzini.
***
Le vecchie case popolari
riconvertite in appartamenti centrali
stanno in piedi fiere
delle proprie crepe sulle facciate
solo per essere derise dal vento.
***
Sorrido all’umanità a cui basta
un’allegria da fine settimana.
***
Il mio amico è come tutti noi
si aggrappa alle cose più assurde
[…]
e finisce per parlare di stanze chiuse
e serrande abbassate da giorni
senza mangiare
solo dolore e uscite notturne
per piangere in periferia
lì dove le luci della città
vengono assorbite dal cielo
cupo come l’interno di un tombino
***
Ogni tanto mi dimentico del cielo.
È lì, in alto, più su delle costruzioni medievali
e dei balconi abusivi.
Non credo me ne freghi poi tanto
sto in città e penso a evitare gli scippi
a guardare le donne scollacciate
con i pantaloncini raso chiappe
a precipizio sulle cosce.
***
Io l’ho amato quel giorno.
C’era tutto il sole del firmamento
il mondo rischiava di bruciare
il mare era intento nel suo solito
andirivieni stolto e tu mi hai guardato.
Non ricordo cosa ti dissi
ma hai fatto il miracolo.
Tutto si è fermato
Dio stava dietro di te
e i mostri marini tacevano
***
Ora si mescolano letture romantiche
a foglietti illustrativi
di antibiotici e fermenti.
***
Mi apro una birra immaginando
la pastiglia che si sta sciogliendo
nello stomaco tra i succhi gastrici.
Meglio finirla qui
altrimenti mi scrivo il necrologio
prima di farmi ricoverare.

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CANTO FINALE – non morirò così
Perché vuoi quello che vuoi, non ci abbandoniamo senza combattere. È una finta, è una tattica. Fingiti morto, poi all’improvviso, fai vedere chi sei, fai vedere che ci sei. Non ci lasceremo ammazzare così, senza dire nulla, perché va bene, la morte arriva – sempre e per tutti – ma me ne vado come dico io:
Non morirò così
perché credo a tutti i baci
ai sogni di bambini
raccontati da grandi
alle mani con cui
insieme a tante
abbiamo giocato
a ripetere promesse
per non dimenticarle.
Le preghiere di Fais sono fulgidi esempi di coerenza. Sono lampi scagliati dalla terra al cielo, quasi a voler restituire quello che è stato lanciato sulla terra, senza che l’umanità lo chiedesse. È un grido di ribellione, è l’assalto degli sconfitti arrampicati su una scala per raggiungere l’esosfera. È la vita, che pure affossata affannata e con la testa nel fango, ruggisce, mai appagata, mai doma.
Carve your name into my arm
Instead of stressed, I lie here charmed
Cause there’s nothing else to do
Every me and every you
(Placebo, Every me, every you da Without you I’m nothing, 1998. Album memorabile di un tempo ormai svanito)
Nicola Argenti
L’AUTORE
Nicola Argenti, 46 anni, vive e lavora a Roma. Dal 2000 al 2002 è caporedattore di un giornale indipendente romano, KR, sul quale scrive articoli di attualità, cultura e disegna vignette. Nel 2003 fonda, con altri artisti, un collettivo poetico – The Family – e organizza letture di poesie in diversi locali di Roma. Nello stesso periodo pubblica delle raccolte autoprodotte di poesia e narrativa. Partecipa, inoltre, a pubblicazioni collettive con piccoli editori indipendenti e fanzine. Dopo una lunga pausa, nel 2019 torna a partecipare ad alcuni concorsi letterari indetti da editori e associazioni culturali, ai quali seguiranno alcune pubblicazioni in antologie poetiche e, nel 2021, la pubblicazione della silloge poetica La rosa nel magma, Montag Edizioni. Nel 2022 si dedica maggiormente alla prosa e viene pubblicato il suo secondo lavoro, una raccolta di racconti brevi, brevissimi e microstorie, dal titolo Di uomini e mostri – Brevi cronache dal mondo, Les Flaneurs Edizioni. È cofondatore del Gruppo Letterario Palinuro e de Il Chiosco Letterario, uno spazio dedicato inzialmente dedicato ad attività come booksharing, cross booking, e servizi di biblioteca, divenendo in seguito un vero e proprio polo culturale, organizzando eventi e incontri letterari con autori e case editrici. Suoi lavori di narrativa e poesia sono apparsi su diversi blog, riviste e inserti culturali, quali L’incendiario, Grado Zero, la Bottega della Poesia (Repubblica-Bari, a cura di Vittorino Curci), Thétis (pagina Facebook) e su Instagram, sulle pagine di Stralci di Poesia e Scanty_Books. Dalla fine degli anni ‘90 ad oggi si dedica alla poesia e alla narrativa, in un intenso e articolato percorso personale.
Ringrazio di cuore il Detonatore e l’eccellente Matteo Fais. Con la speranza che questo controcanto risuoni ogni giorno più forte, per tutte le cellule che ancora non sanno di dover impazzire.
Grazie.