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La Redpill e i figli smarriti del patriarcato (di Lord Harold Chricton)

1. Introduzione – Dalla delusione amorosa alla rivoluzione identitaria (online)

Ogni generazione ha i suoi dolori di crescita. I nostri padri cercavano di “farsi una posizione”. Noi cercavamo “noi stessi”. I ragazzi della generazione post-Tinder, invece, sembrano cercare un senso all’umiliazione percepita di essere scartati prima ancora di iniziare a competere.

In questa giungla emozionale, un numero crescente di giovani maschi si rifugia nei gruppi Redpill, dove la vulnerabilità si traveste da virilità, e l’autocommiserazione si arma di cinismo. Il risultato? Una sottocultura digitale che, con linguaggio militarizzato e mitologie bislacche, propone una visione distorta della società in cui le donne sono nemiche, i “Chad” usurpatori, e il progresso una truffa orchestrata da ebrei e massoni. No, non è una setta da romanzo fantasy. È, purtroppo, il presente.

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2. Anatomia di un disagio: genealogia della fragilità maschile

Storicamente, la figura maschile ha avuto nella società occidentale un’identità fortemente definita da ruolo, status e funzione produttiva. Dall’uomo agricolo a quello borghese, fino al manager fordista, la virilità era misurata su parametri esterni: lavoro, autorità, controllo.

Con la crisi del patriarcato tradizionale, iniziata a cavallo tra ‘800 e ‘900 e accelerata dalla seconda ondata femminista, l’uomo ha perso il suo ruolo-guida non perché espropriato, ma perché mai interiorizzato come identità propria. Così, nella società contemporanea, dove i vecchi codici sono scomparsi e i nuovi non sono ancora scritti, molti giovani si scoprono orfani di modello.

La psicoanalisi freudiana ci aveva già avvertiti: la rimozione simbolica del “padre” comporta una regressione caotica. René Girard completa il quadro con la teoria del capro espiatorio: quando una società è in crisi, cerca un colpevole da immolare. E i giovani Redpill sembrano aver trovato i loro sacrificabili preferiti: la donna emancipata, il maschio alfa e il complottismo ebraico-massonico.

3. Il mito della restaurazione: Islam, autoritarismo e il sogno regressivo

Curiosamente – ma forse non troppo –, molti utenti Redpill iniziano ad ammiccare a modelli culturali che sembrano lontani anni luce dal contesto in cui vivono. L’Islam wahabita, ad esempio, viene osannato come baluardo contro la decadenza occidentale. L’Arabia Saudita viene idealizzata non per la sua spiritualità, ma per il controllo sulle donne, la separazione dei sessi e il codice penale draconiano. Un orizzonte inquietante, fatto non di fede ma di paura.

Erich Fromm parlava, già nel 1941, della fuga dalla libertà come dinamica psichica che spinge l’individuo smarrito a cercare rifugio in sistemi totalitari, anche se repressivi. La libertà è un fardello se non si è attrezzati a gestirla. Così la donna libera diventa “troppo libera”, il sesso consenziente diventa “mercato”, e l’eguaglianza viene percepita come una forma di svantaggio.

Questi giovani non vogliono una vera religione: vogliono un sistema rigido, che imponga ruoli chiari. Vogliono che qualcuno metta ordine, magari col bastone. Vogliono non dover scegliere.

È uscito il nono numero di “Il Detonatore Magazine”: https://www.calameo.com/read/007748197e21705cb7264

4. Complotti, grembiuli e nasi importanti: la rinascita del nemico eterno

Nel pantheon dei nemici dei Redpill spiccano due figure mitologiche: l’ebreo e il massone. Non importa che si parli di sesso, di scuola, di cinema o di finanza: prima o poi salterà fuori “il nasone col grembiule”, presunto artefice di ogni degenerazione. È un antisemitismo caricaturale, spesso legato a pregiudizi fisici, che rivela tutta la frustrazione estetica di chi lo formula.

La Massoneria, a sua volta, è vista come una congrega di vecchi burattinai progressisti, fautori del mondialismo e del femminismo, simbolo del mondo “morbido” che ha sostituito l’onore con il consenso. In questa narrazione, ebrei e massoni diventano gli architetti occulti della catastrofe. Una tesi degna della peggior propaganda d’antan, oggi rinnovata in salsa meme.

È una forma primitiva, ma funzionale, di teologia del sospetto. Un pensiero che rifiuta la complessità e preferisce il romanzo del complotto. Dove il mondo è diviso tra chi ha potere (loschi) e chi lo subisce (noi).

5. Andrew Tate, guru minori e l’industria della rabbia: quando il trauma diventa business (e folclore)

Nel deserto simbolico della maschilità contemporanea, proliferano influencer del rancore. Il più noto – Andrew Tate – è ormai diventato un brand: ex kickboxer, multimilionario con un passato nebuloso, promotore di corsi online dal titolo eloquente (Hustler’s University, tanto per chiarire il target). Vende sé stesso come l’alternativa all’uomo “castrato dalla società woke”, e promette redenzione attraverso dominio, ostentazione, disprezzo per la debolezza.

La sua narrativa è tanto semplice quanto efficace: “le donne vogliono l’uomo dominante, e voi potete diventarlo – ma solo se mi pagate.” Non è Nietzsche, è marketing travestito da trasgressione.

Ma la cosa più inquietante è che Tate è solo la punta dell’iceberg. Nei gruppi Redpill si affollano centinaia di personaggi anonimi che – per carisma o insistenza – diventano guru da sottoscala. Alcuni dispensano consigli assurdi sulla manipolazione delle donne, altri inventano teorie folcloristiche come quella del “turcomascolino”, presunto attuale ideale erotico della femmina italica.

Incredibilmente, c’è anche chi ha mitizzato i Fratelli Bianchi, condannati per l’omicidio di Willy Monteiro Duarte, come esempi di mascolinità predatoria capace di “eccitare le donne”. Meme dopo meme, vengono contrapposti a un noto ricercatore italiano – mai nominato direttamente – come prova vivente che “le donne scelgono i cattivi”.

E qui emerge un aspetto rivelatore: nei commenti più fervidi su questi personaggi si coglie una latente attrazione omoerotica. I Fratelli Bianchi, semidei la cui cattedrale è il “Cimitero di Colleferro” (dove si narra facessero le orge) vengono descritti con entusiasmo quasi feticista: si commentano i loro muscoli, la potenza animale, lo “sguardo da predatore”. È un culto della virilità così esasperato da sfociare nella sublimazione omoerotica del maschio dominante. Una dinamica che Freud non avrebbe avuto difficoltà a etichettare, e che rivela quanto profondo sia il cortocircuito affettivo in questi ambienti.

Tra questi estremismi, resistono pochi uomini razionali, spesso parte del movimento MRA (Men’s Rights Activists), che cercano di porre l’attenzione su storture legali e reali problemi di parità. Ma vengono zittiti, chiamati “beta”, accusati di tradimento. Il moderato, nel mondo Redpill, ha lo stesso prestigio del centravanti astemio in una squadra di terza categoria.

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6. La fine dei riti, la morte del padre e il culto della frustrazione

A mancare oggi, oltre alla figura paterna in senso affettivo, è il padre simbolico: quello che un tempo accompagnava nei riti di passaggio verso l’età adulta. Imparare a guidare, affrontare un mestiere, essere iniziati alla responsabilità, e non solo: erano momenti formativi. Oggi, tutto questo è saltato.

Il risultato? Una generazione “snow flake” con scarsissima tolleranza alla frustrazione, che teme il rifiuto come l’annientamento e si ritrae nel vittimismo anziché mettersi in gioco. Dove non c’è più sfida, c’è risentimento. E chi non ha mai imparato a perdere, finirà col volere vendetta.

Invece di affrontare l’incertezza con coraggio, molti giovani si rifugiano in sistemi ideologici rigidi, in cui ogni frustrazione ha una spiegazione semplice e ogni insuccesso una colpa esterna. È la versione contemporanea del “non sono io, è il mondo”. Un pensiero comodo, ma sterile.

6 bis. L’omofobia e il delirio religioso della Redpill: quando la reazione si fa dogma

Giusto qualche giorno fa un utente, in un gruppo Facebook, ha scritto che la manosfera “deve essere necessariamente omofoba, nell’accezione politica”. Come dire: non ce l’ho con gli omosessuali, solo con l’esistenza stessa di alternative alla virilità che preferisco io. Una forma di discriminazione sofisticata quanto una tazza di thé lanciata contro un muro.

L’omofobia qui è sistemica, non individuale: serve a definire il “noi” per opposizione. E come ogni religione che si rispetti, la Redpill ha bisogno di eretici. Così l’omosessuale, il gender-fluid, persino il maschio emotivo diventano “nemici”. La redenzione si conquista non cambiando sé stessi, ma cancellando gli altri.

Ma non è tutto. La Redpill ha ormai assunto tratti religiosi. Non mancano dogmi, rituali e testi sacri. Uno dei più noti è appunto il Salmo del sabato sera, un copy-pasta rituale dove Stacy – la donna disumanizzata – “con la faccia d’angelo” finirà “a scopare nel cesso lurido di una discoteca con Chad”, mentre il “beta” piangerà sul divano. Una vera e propria liturgia laica del risentimento “perché se non hai fatto esperienze prima dei vent’anni avrai per sempre la psiche danneggiata”. Un delirio.

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6 ter. Femminismo tossico: quando la reazione nasce anche da un eccesso di zelo

Sebbene la galassia Redpill sia spesso alimentata da fantasie paranoiche e misogine, non si può ignorare che alcune sue radici affondino in una reazione a forme di femminismo oramai eccessive o escludenti. In determinati contesti, il femminismo, spinto anche dai principali media, ha assunto toni che, anziché promuovere l’uguaglianza, sembrano ribaltare i ruoli di oppressione, dipingendo l’uomo come colpevole a prescindere.

Questo approccio ha contribuito a generare un senso di alienazione in alcuni giovani uomini, che si sentono esclusi da un discorso che dovrebbe invece includerli.

Un femminismo che si chiude in sé stesso rischia di perdere l’opportunità di dialogare con coloro che potrebbero essere suoi alleati. Come in un classico paradosso britannico, nel tentativo di abbattere le barriere, si finisce per costruirne di nuove – magari con un tocco di stile – ma pur sempre barriere.

7. Conclusione – Educare i maschi alla vulnerabilità (e alla complessità)

La galassia Redpill non è solo una stortura ideologica: è un grido di dolore, distorto, amplificato e armato. Se vogliamo fermare la deriva, non possiamo limitarci alla condanna morale. Serve un nuovo pensiero sulla maschilità. Serve ridare ai ragazzi strumenti emotivi, linguaggi simbolici, modelli affettivi. Serve insegnare loro a perdere.

E forse, serve anche restare tra loro – con ironia, con fermezza, con intelligenza – per ricordare che la forza non è potere, ma capacità di resistere. E che non c’è nulla di più virile che abbracciare la propria fragilità senza farne un feticcio.

Dopotutto, come avrebbe detto Wilde con un’alzata di sopracciglio: «La tragedia dell’uomo moderno non è che sia fragile, ma che si vergogni di esserlo».

Lord Harold Chricton

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Un commento

  1. So che questo commento non verrà pubblicato, perché spesso la censura fascista si può anche nascondere tra i più convinti antifascisti, ma poco importa, perché per censurarlo bisogna necessariamente leggerlo ed è ciò che importa.
    In questo articolano si mescolano concetti condivisibili ad altri iperbolici.
    Si criticano i profili anonimi e a farlo è un certo Lord Harold Chricton, anch’egli dunque tizio sotto pseudonimo.
    L’accanimento contro la redpill ha la stessa matrice del “redpillato” che attacca il femminismo, o la “femminista” che attacca l’uomo bianco etero, quella conoscenza superficiale del diverso, che per pigrizia e/o comodità, ci basta per poterlo disprezzare.
    Non mi sorprenderebbe affatto se questa penna celasse un mancato redpillato, uno che ha deciso di rifiutare la pillola rossa, nonostante la sua condizione esistenziale e le batoste prese del mondo femminile l’avrebbero potuto portare a una diversa prospettiva.
    Perchè la redpill si può anche odiarla, screditarla, dileggiarla, ma ciò non cambierà la realtà, prima lo si accetta e meglio è.
    L’ultima parte del punto 7 è in realtà il punto di arrivo di ogni vero redpillato, ma solo capendo le dinamiche tra uomini e donne ci si può arrivare.
    Ad ognuno la sua pillola…

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