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PIÙ CHE RIVOLUZIONARI, QUESTI GIOVANI MI SEMBRANO DEGLI PSICOPATICI (di Matteo Fais)

Nell’intervista concessa un paio d’ore prima di morire, quel simpatico e fascinoso – a suo modo – delinquente di Ted Bundy disse che potevano anche ucciderlo che tanto, là fuori, il mondo sarebbe rimasto comunque pieno di gente come lui. Molti pensano si sia trattato di una sparata, l’ultima idiozia di un uomo profondamente disturbato. In verità, quella frase, almeno se presa in senso largo, appare oggi quasi profetica.

Noi siamo circondati di pazzoidi psicopatici, gente con problemi sociali gravi – non citerò i putiniani d’Occidente, perché sarebbe troppo facile accanirsi su quei menomati mentali. Bastano e avanzano i ragazzini che, in questi giorni, stanno insorgendo contro gli esami di maturità, rifiutandosi di sostenere l’orale.

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Avanzano la tesi che ci sia qualcosa di profondamente sbagliato in questo clima di ansia perenne che attraversa tutta la formazione scolastica superiore, nell’essere costantemente misurati a mezzo di voti numerici, nella siderale distanza esistenziale tra docente e studente. 

Tutto giusto, per carità! Le scuole andrebbero buttate giù a cannonate per mille motivi, come già sosteneva quella oltraggiosa carogna di Papini, al principio del secolo scorso, in quel suo incendiario e brioso pamphlet intitolato appunto Chiudiamo le scuole. Nessuna persona sana di mente può trovare esaltante la sordida promiscuità di quelle aule; i cessi puzzolenti di piscio e oltraggiati sui muri da decenni di scritte idiote; la sfilata di imbecilli che a ricreazione ingurgitano panini e chiacchiere senza senso; quel branco di lavoratori, appena un poco meno sfigati del ragionier Fantozzi, che sono i docenti, lieti del loro posto da ballerine di terza fila nel vasto settore della cultura. Per non parlare, in ultimo, della assurda e costrittiva condizione di restare seduti per 5 dannate ore, ogni giorno, agognando la posizione eretta e una lunga passeggiata. L’inferno è più divertente.

È uscita la seconda raccolta poetica di Matteo Fais, Preghiere per cellule impazzite (Connessioni Editore, collana “Scavi Urbani), ed è disponibile in formato cartaceo e ebook:
(cartaceo 12 euro)
(ebook 5 euro – gratuito per gli abbonati a Kindle Unlimited)

Il problema è che esiste anche un limite al frignare, al piagnucolare e dichiararsi vittime, a buttare sempre sul banco il proprio piccolo cuore messo a nudo, i turbamenti di ogni esserino brufoloso che si crede un giovane Törless meritevole di un romanzo di formazione. Basta! Hanno fracassato i coglioni. Non sanno soffrire. Non sanno che esistere è sentire l’attrito, sperimentare il terribile senso di inadeguatezza, il dover andare incontro a intollerabili ingiustizie – no, non bisogna accettarle, non si deve mai confondere il reale con il razionale, l’essere e il dover essere, ma imparare a lottare contro in modo costruttivo e meditato, senza trasformare il conflitto in un video buono per TikTok e i propri follower.

Se non impari entro i diciott’anni che l’esistenza è, anche nella migliore società immaginabile, pur sempre sofferenza, assurda successione kafkiana di tappe burocratiche, folle dispendio di energie, in cui la sconfitta è la norma e la vittoria l’eccezione, il rischio di avere mille e uno Filippo Turetta in circolazione è alto

L’assassino della Giulia Cecchettin è il classico personaggio che non ha imparato a perdere da uomo, tornare a casa con solo il  fardello dell’umiliazione e della vergogna, su una strada che dà la sensazione sotto i piedi di essere pronta a implodere da un momento all’altro. 

È uscito il decimo numero di “Il Detonatore Magazine”: https://www.calameo.com/read/0077481977742f4801e2e

Là fuori è davvero pieno di disagiati come lui, cresciuti a biscottini e “bravissimo il mio bambino” per ogni volta che è riuscito ad allacciarsi le scarpe senza l’aiuto di mamma. Sono ragazzi e ragazze perduti, tutti venuti su come fossero principi e principesse, senza mai desiderare qualcosa sapendo di non poterlo avere, essendo troppo preziosi anche per pensare di rispondere al telefono – oggi, nessuno si chiama più, si usano solo messaggi, per non violare la privacy, per non costringere nessuno a sentire la voce del mondo, quando ha bisogno di solitudine.

Alla fine, l’assenza di limiti rende abulici, lassisti e psicopatici come Ted Bundy, incapaci di accettare quella inevitabile misura di sofferenza che precede ogni piacere – e che, per contrasto, lo rende tale.

Se i giovani reagiscono così alla prima vera prova della vita – oramai ridotta a mera formalità, peraltro -, cosa sarà quando la moglie se ne andrà, o quando un medico dirà loro “mi spiace, le restano appena sei mesi di vita, un anno nella migliore delle ipotesi”? Non si potrà sempre reagire male, uscire dalla porta con gran dignità e strafottenza, gridare all’ingiustizia – che, poi, tale non è, trattandosi di meri “casi della vita”. Questa gente impazzirà, darà fuori di matto, imbraccerà il fucile per trovare sollievo all’angoscia.

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Non si può e non si deve incoraggiare questo sentimento nei ragazzi, convincendoli che il dolore e la possibilità della sconfitta non siano parte della vita. Non si può dire loro che sono il centro del mondo. Chi crede di essere Re, o Regina, tratterà sempre gli altri come sudditi e crederà di poter disporre della loro vita e morte.

Per una volta, ha persino ragione il Ministro Valditara a voler introdurre, dal prossimo anno, la regola secondo cui chi boicotterà l’esame di maturità verrà bocciato. Bisogna insegnare a questi ragazzi una lezione fondamentale, che poi, incidentalmente, è anche quella dell’Esistenzialismo: la libertà comporta sempre una responsabilità. Se attacchi le istituzioni, devi sapere che queste risponderanno al fuoco. Se non ti saprai comportare, o sceglierai consapevolmente di comportarti in modo antisociale, sarai giudicato. Se ucciderai la ragazza che ti ha rifiutato, passerai il resto della tua vita in carcere. Se cercherai di porre in atto una rivoluzione, devi sapere che questa non sarà un pranzo di gala. Insomma, imparerai sulla tua pelle il significato di un magnifico passo sartriano: si sta di fronte alla propria esistenza senza alcuna scusa e si verrà giudicati sempre, quasi mai con clemenza ed empatia. E, anche qualora si venga compresi, non per questo si guadagnerà un’assoluzione piena.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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