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LA STATUA CHE NESSUNO HA COMPRESO (di Matteo Fais)

Perché al popolo piacciono le statue del Canova? Ovviamente, sto parlando di quei pochi che ricordano il nome del grande artista. Beh, semplicemente, perché oramai costituiscono un canone da secoli.

È un poco come dire che nessuno criticherebbe Dante perché semplicemente è Dante – ci provò unicamente Witold Gombrowicz tra i famosi. Si chiama principio di auctoritas. Fondamentalmente, se li prendi da piccoli e dici loro che qualcosa è intoccabile, presumibilmente non trasgrediranno la norma, se non altro per non farsi nemici. Se domani mezza Italia si mettesse d’accordo e cominciasse a dire peste e corna dell’autore fiorentino, state certi che il clima cambierebbe. Già oggi, nessuno lo legge più, anche se non ha il coraggio di dirlo apertis verbis. A quel punto, non avrebbero più alcuna remora.

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Ora, non è un caso che la statua  di Thomas J. Price, intitolata Grounded in the Stars, collocata in Times Square, New York, desti tanto sconcerto – tanto più che l’autore aspira a reinterpretare il concetto di monumentalità. Cosa potrà mai rappresentare un donna nera dall’aria fiera e al contempo dimessa? Sicuramente niente per coloro che sono rimasti fermi a un classicismo spicciolo, a un’idea di bellezza pura e già ampiamente codificata.

È uscita la seconda raccolta poetica di Matteo Fais, Preghiere per cellule impazzite (Connessioni Editore, collana “Scavi Urbani), ed è disponibile in formato cartaceo e ebook:
(cartaceo 12 euro)
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Il problema, anche in questo caso, è cosa si aspiri a rendere. Come sa bene qualsiasi poeta con un minimo di spirito postmoderno, riproporre oggi gli stilemi del petrarchismo, parlando d’amore, renderebbe ridicola, oltre che indigeribile, qualsiasi proposta lirica. Una donna angelicata, dai caratteri più ultraterreni che umani, in un tempo in cui il gentil sesso è stato ampiamente passato al setaccio dal nostro sguardo asettico e scientifico, probabilmente pornografico – divenendo così molto meno gentile –, farebbe quantomeno sorridere.

Al contempo, se si volesse dare un volto alle tante donne di colore che oggi, dopo secoli di schiavitù e segregazione, alzano orgogliose il volto al mondo – una delle richieste fondamentali dei padroni ai propri schiavi era di tenere lo sguardo basso – come bisognerebbe raffigurarla? Palesemente, i modelli del passato non potrebbero venire in nostro soccorso. Bisognerebbe reinventarli.

È uscito l’ottavo numero di “Il Detonatore Magazine”: https://www.calameo.com/read/0077481974591de30877f

Come dovrebbe essere effigiata una donna dei quartieri popolari, abituata al degrado, ma desiderosa di un riscatto sociale ed esistenziale? Potrà mai portare su di sé la stessa grazia di una donna nobile che non ha mai conosciuto la fatica? Non pare proprio possibile.

Non si tratta di cancel culture o di wokism di bassa lega. Quella donna è esattamente come la plasma Thomas J. Price: grossa e priva di grazia, spontanea e rabbiosa. È una femmina reale, una figlia della tragedia americana che ha costruito il suo benessere sullo sfruttamento di tanti essere umani che per lungo tempo non sono stati considerati degni come gli altri, che non hanno conosciuto e goduto dello stesso piacere della libertà che i loro fratelli bianchi andarono a cercare oltre oceano.

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Quella statua ci interroga, nella sua differente declinazione di monumentalità, sul piano umano ed estetico. L’arte può davvero – e deve – raffigurare tutto ciò che appartiene alla dimensione umana? Possiamo, in ultimo, considerare connaturato ad essa il moto latino secondo cui “Homo sum, humani nihil a me alienum puto”? Ogni cosa, aspetto e situazione può trovare un suo spazio estetico senza che il concetto di bello debba essere riadattato ai tempi e soggetti raffigurati? Cosa andrebbe mostrato al mondo?

Quella statua, molto meno impresentabile degli sghignazzi dei semicolti, ha un senso e una sua bellezza che in tanti – sempre troppi – non vogliono vedere.

Matteo Fais

Canale Telegram di Matteo Fais: https://t.me/matteofais

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Telefono e WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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