LA PATETICA IDEA DI MASCOLINITÀ NELL’ERA TRUMPIANA (di Matteo Fais)
Il primo segno tangibile del fatto che non esistano veri uomini, oggigiorno, sta nel modo in cui si comportano le donne: tutte le foto scollacciate su Instagram, i discorsi sfacciati in favore di microfono per un reel perfetto, le provocazioni gratuite quasi si dovessero guadagnare una libertà che si sono trovate in dono dalle proprie nonne. No, quelle sono femmine che non hanno mai visto un vero maschio, solo invertebrati che, ogni mattina, entrano compulsivamente sotto le loro immaginette in costume e danno a tutte il buongiornissimo, con formule da patetico zerbino. Sono stati in prima istanza i loro padri a fungere da esempio, quelli che servivano unicamente come fotografi per gli scatti da postare, quelli che non hanno mai messo loro davanti al limite che segna il confine tra un essere sociale e uno psicopatico narcisista.

Tra questi omuncoli particolarmente insicuri è in auge il racconto di una fantastica età dell’oro, in verità mai esistita, in cui, come sostengono loro, “l’uomo faceva l’uomo e la donna la donna”. Il che, sostanzialmente, equivale a dire che tutti avevano una famiglia, con una moglie, due-tre figli e il barbecue nel giardino di casa, un po’ come nella rappresentazione pubblicitaria americana degli anni ’50. Nella realtà, ciò che accadeva era che la gente era costretta a sposarsi per far fronte alle difficoltà economiche e in ragione delle pressioni sociali. Oltre le reclame oggi così dolcemente vintage, c’era un uomo alienato che fungeva da provider, lavorava spaccandosi la schiena e, poi, traeva il suo misero godimento quotidiano nell’assoggettare moglie e figli alla medesima oppressione che aveva dovuto subire per 12 ore sul posto di lavoro. Nel mentre, in casa, la moglie covava una terribile frustrazione che curava con gli psicofarmaci e l’alcol, sviluppando preoccupanti dipendenze parallele.

Tale rappresentazione di mascolinità, fondata non sull’autorevolezza ma sull’autoritarismo, si è tentato di decostruirla e smontarla. Come al solito, però, quando la gente si vede franare il terreno sotto i piedi, invece di accompagnare attivamente gli sviluppi del mondo, si trincera dietro un conservatorismo ridicolo, esaltando un passato mai vissuto, quello di quando le cose andavano nel verso giusto, ovvero una proiezione mentale onirica. In alternativa, si decantano modelli esotici – anche in questo caso, manco a dirlo, mai esperiti – come la Russia di Putin e i vari regimi islamici.
Una certa Destra di matrice antiliberale, assolutamente contraria al libero mercato, ha però capito benissimo come monetizzare da tale disperazione esistenziale, infiocchettando questa idea di bei tempi andati da riportare alla ribalta. Ed è così che una serie di poveri cretini si è convinta davvero che due milionari del calibro di Trump e Musk siano dalla loro parte. Naturalmente, questi col cazzo che daranno loro l’agognato stipendio decente per far campare la famiglia e potersi sedere a tavola, a cena, guardando la moglie senza sentirsi un eunuco, forti del fatto che “qui, sono io a portare i soldi a casa”.

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Quella Destra che corre dall’America alla Russia, passando ovviamente per l’Italietta, ha venduto a questi poveracci il vangelo del risentimento, la narrazione vittimistica secondo cui gli uomini sarebbero eroi non riconosciuti, in lotta contro il matrix, che ci porterebbe altrimenti all’apocalisse arcobaleno. Dunque, adesso, se sei un fallito, se nessuna ti dà la fica, è colpa dei finocchi che sfilano al Pride, delle madri single, dell’attivista dai capelli verdi e, ovviamente, degli immigrati e dei neri che ti hanno rubato i tuoi privilegi – aspetto, quest’ultimo, ancora più folle se sbandierato in America che, com’è noto, ha costruito la forza della propria economia, nei secoli, sulla schiavitù.
Chiaramente, ciò non vuol dire che non vi siano dei problemi rispetto a tanti eccessi femministi, woke, ecc., ma che la strategia del potere è deviare la tua disperazione e insicurezza verso un nemico che non è certo quello principale. Anche perché, se proprio qualcuno ha una colpa rispetto alla tua disoccupazione, o alla mancanza di un legame famigliare, questo andrebbe rintracciato nell’oligarchia russa come in quella americana, in tutti quei soggetti felicissimi della salita al potere di Trump, o della oramai eterna dominazione putiniana. Ma ciò non importa perché, anche se adesso continui a non avere un buono stipendio – e, se sei americano, tra le altre cose, neppure il diritto all’assistenza sanitaria –, puoi gioire perché sui social nessuno ti censura più se scrivi peste e corna delle donne nel tuo gruppo di disagiati incel, o se deliri in libertà parlando del complotto giudaico massonico. Adesso, puoi trovarti al bar con gli amici – sempre che tu ne abbia –, senza sentirti più un povero bifolco, perché il tuo amico dal ciuffo arancione ti ha detto che non c’è niente di male a bere birra tutti insieme e fare battute becere. La tua è lotta dura senza paura per l’estinzione di tutti gli intellettuali woke che hanno messo in discussione l’idea platonica, scritta in cielo, di mascolinità.

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Questa, in estrema e sommaria sintesi, la situazione. Resta da chiedersi, considerata la caduta dei vecchi idoli, che mai torneranno – lo sai, vero, che non potrai mai essere tuo nonno, che gli anni ’40-’50 non si ripresenteranno? –, che fare? Insomma, è possibile ricostruire un’idea sana di mascolinità? Teoricamente, sì. Basterebbe mettere da parte tale rappresentazione parodistica – sovente, dai contorni molto omoerotici. Come sempre, più di qualsiasi trattazione sociologica, giunge in nostro soccorso la letteratura, specie quella americana. In particolare, sarebbe il caso di tornare a Ernest Hemingway e al suo Il vecchio e il mare. Sorvolando per brevità sulla trama, la storia di Santiago è la rappresentazione perfetta di che cosa voglia dire essere maschi. Il vecchio pescatore va incontro alla sua sorte con senso di virilissima sopportazione del dolore. Più volte crolla di fronte alle avversità, ma senza mai darsi per vinto. Il mare è il suo destino, il senso che ha deciso di dare alla vita e lui lo porta alle estreme conseguenze. Se piange, non frigna mai. Il patimento ineludibile e lui ne è conscio. Sa altresì che la sconfitta è, in ultimo, l’approdo finale di ognuno, eppure non molla la lenza e neppure il Marlin agganciato alla sua insignificante barchetta. Lotta contro gli squali che emergono dal profondo dell’oceano, come i pensieri terribili, fino all’ultimo pezzo di remo. Del gigantesco pesce, grande come la speranza che lo animava alla partenza, porterà a casa solo l’ombra, quello che resta di ogni agognata felicità alla fine del viaggio. Eppure, Santiago accetta con senso di amor fati la vita e la sua Croce, lo fa con altissima dignità, senza cercare nemici immaginari – persino il pesce è suo amico, per quanto gli dia la caccia, e i pescecani fanno semplicemente ciò che sono programmati per fare. Lui non ricerca giustificazioni, fa semplicemente i conti con la dimensione inaggirabile della lotta.
È da esempi simili che bisognerebbe ripartire, dimenticando i vari Andrew Tate e Jordan Peterson che ti forniscono solo, sbraitando e ululando in una gara testosteronica, una scusante per le tue incapacità, attribuendole a fenomeni infinitesimali del mondo circostante, salvo, in conclusione, proporti l’acquisto della loro pozione magica, un corso da 400 dollari che ti trasformerà in pochi step nel maschio alfa che hai sempre sognato di essere. La prima cosa è capire che quelli non sono veri uomini e del genere maschile non gli importa niente. Hanno solo capito – come tanti del resto – come fare soldi sfruttando i disadattati.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
L’archetipo del vero uomo è Cristo, colui che si sacrifica per amore dei più deboli, per liberarli, per la loro salvezza.
Questi uomini che giocano a fare i dominatori o ad approfittarsi dei più deboli non sono veri uomini ma eterni ragazzini in cerca di ottenere il giocattolo di turno senza dare nulla alla vita.
Per quanto riguarda le donne, hanno smesso di essere donne, e questo non lo dico io ma i numeri di una crisi demografica senza precedenti che porterà alla fine della nostra civiltà.
Per quanto un uomo possa impegnarsi, o pagare maternità surrogate, sarà sempre la donna a dover portare in grembo un essere umano per 9 mesi, se rinuncia a questo ruolo per dare la priorità ad altro (cosa che può e comunque deve fare ma con un livello inferiore di priorità) semplicemente la civiltà collassa su sé stessa.
Il resto è secondario, anche la figura stereotipata dell’uomo col barbecue dentro casa, passa in secondo piano di fronte alla sopravvivenza della specie.
Ora chiedo alle donne, siete consapevoli della crisi demografica? Quale azione volete intraprendere per risolverla?
Dalla risposta a questa domanda può partire la costruzione del nuovo uomo moderno che sarà sempre disposto al sacrificio per la sopravvivenza della specie.