EDUCAZIONE SESSUALE A SCUOLA? MAGARI, MA IN ITALIA È IMPOSSIBILE (di Matteo Fais)
Si torna a parlare di istituire corsi di educazione sessuale a scuola. Il Ministro dell’Istruzione Valditara, però, dice che gli istituti che vorranno fornire un tale servizio dovranno prima richiedere il consenso informato ai genitori dello studente.
La questione è controversa, perché implica il rischio dell’intromissione, da parte del Potere, su un argomento così delicato. L’Italia, come avrà notato chiunque ci viva, è forse la Nazione europea più ossessionata dal sesso. Ogni discorso privato tra amici, che inizi dalla questione delle pensioni o del costo degli immobili, inesorabilmente finisce a puttane, cioè volge verso la questione erotica. Nel regno vaticano, in cui ogni sfregamento o fantasia è peccato, come facilmente immaginabile, non si pensa ad altro.

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Ma si diceva che la questione è complessa, pericolosa. Il Potere, ovviamente, tenta di estendervi il suo controllo. E, allora, vai con gli slogan: “no all’aborto”, “sì all’interruzione di gravidanza”; “bisogna fare più figli”, o “liberate le donne dal giogo della maternità, perché si può vivere benissimo senza pargoli”.
Certo, l’idea di rimettere il proprio erotismo nelle mani dello Stato è un’idea – oltre che un’immagine – quasi inquietante. La possibilità che si cagioni un effetto da squadrone militare è facile da figurarsi: tutti che la pensano in modo identico, tutti che desiderano le stesse cose, tutti che declinano il sesso nella medesima maniera.

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Certo, poi, c’è da considerare che tale dimensione è sfuggente e anarchica di sua natura. Il Cristianesimo ci ha provato in ogni modo a limitare, costringere, contenere e castrare la pulsione, con risultati al limite tra il patetico e il mostruoso. Chiunque sia cresciuto sotto la funesta influenza sessuale della Chiesa sa benissimo che il sistema religioso non ha fatto altro che sacralizzare delle dinamiche che, se private di quel significato metafisico oscuro, si ridurrebbero a mera ginnastica. In ciò facendo, paradossalmente, con tutta la sua liturgia fatta di allettanti espressioni quali “peccato”, “sporcizia”, “perversione”, ha reso il sesso un’attività morbosamente affascinante. Nessuno come la nostra Santa Madre Chiesa è abile nel generare una malsana simpatia per il Demonio.
Detto ciò, resta il problema se sia il caso di trasferire alla scuola anche tale porzione del percorso educativo. Normalmente, verrebbe da dire di no. Addirittura, si potrebbe simpatizzare con quegli sciroccati dei cattolici non adulti, i quali rivendicano per sé stessi e per la sacra famiglia il diritto di pervertire come meglio credono i propri virgulti, così da proteggerli dalle tentazioni e della tendenza secolare e decadente del nostro tempo.

Parallelamente, però, c’è da considerare che seriamente viviamo in un Paese in cui le tante contraddizioni che ruotano intorno al sesso rendono tutto più difficile, se non impossibile, per maschi e femmine: questa commistione tra liberazione sessuale e retaggi patriarcali, timori religiosi e tendenze libertarie male assimilate.
Per dire, in Italia, è difficilissimo anche convincere la propria ragazza a prendere la pillola, che in altri paesi europei è già prassi diffusa da mezzo secolo almeno, perché la maggior parte sono ancora convinte che sia un dispositivo sanitario pericolosissimo, quando saranno più di sessant’anni che è in uso e, dai primi esperimenti, il farmaco è enormemente migliorato. Il risultato di tutto ciò sono tante gravidanze indesiderate, aborti – con i relativi costi per la società, che nessuno mai considera, come se questo peso economico dell’ignoranza diffusa fosse secondario. Insomma, insegnare qualcosa in merito alla contraccezione, in un Paese in cui la pratica più diffusa è ancora il coito interrotto, non sarebbe proprio un’idea così balzana e renderebbe forse più leggera la vita a ragazzi e ragazze che, con buona pace di tutte le gerarchie vaticane e degli invasati, ancora desiderano di farsi una bella scopata – anche perché, grazie al cielo, per peccare c’è sempre pochissimo tempo, mentre per essere perdonati basta un pensiero di un secondo.

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Certo, l’ideale sarebbe che tutto ciò avvenisse al di fuori delle grinfie di maestri ed educatori, psicologi e pedagoghi e tutta la pletora degli emissari governativi che, com’è noto, hanno una sola funzione: portarti dalla loro parte.
A ogni modo, è ben difficile che tale costume si diffonda senza troppi mal di pancia in Italia, cioè in una Nazione in cui i genitori insegnano alle femmine che loro hanno tra le gambe la merce di più alto valore e che, dunque, devono cercare di piazzarla sul mercato al prezzo più alto possibile, così creando un manipolo di maschietti repressi e nevrastenici. La politica del nostro Paese ha troppo bisogno di gente simile per spingere in favore della liberazione.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Il sesso è una parte (più o meno importante) della vita e come tale è logico sia oggetto di educazione.
Effettivamente già lo è, a prescindere dal fatto che vi provveda lo Stato, la famiglia o, più semplicemente, la “strada”…
Non vi sarebbe quindi nulla di strano né di scandaloso se nelle aule italiane se ne parlasse spiegando ai ragazzi (posto che già non ne siano ampiamente a conoscenza…) quelli che sono i fondamentali onde evitare:
a) di restare incinte o, il che è anche peggio, “incinti”;
b) di buscarsi una qualche malattia;
c) di finire in galera.
E’ d’uopo osservare che, per altro, la resistenza maggiore, in Europa (e anche in Italia), non viene dalla Chiesa Cattolica, quanto piuttosto dalle famiglie islamiche, le quali inculcano alle rispettive figliole l’indefettibile principio che le vuole vergini sino al matrimonio.
Le poverette vivono così una sorta di schizofrenia, dovendo conciliare la cultura patriarcale da cui provengono (e alla quale rimangono nonostante tutto legate) con quella a dir poco libertina in cui sono immerse e, non di rado, nel tentativo di salvare capra e cavoli, ricorrono a rimedi “di fortuna”, come il sesso anale (ricordo che, del resto, ai tempi -giurassici- in cui frequentavo l’Università Cattolica, non diversamente si comportavano le cielline, nell’intento di giungere al matrimonio come le proverbiali vergini dai candidi manti…).
Delle “ingerenze” vaticane, viceversa, non mi preoccuperei troppo, visto e considerato da un lato il nuovo corso della Chiesa (che tutto lascia presagire proseguirà dopo Francesco), dall’altro e soprattutto l’ormai dilagante processo di secolarizzazione in atto.
Per tutti questi motivi, una sana (e robusta?) educazione sessuale impartita ai giovini non mi parrebbe affatto malaccio, anche perché diversamente vi provvederebbe comunque PornHub.
Ciò doverosamente premesso, mi permetto però di sottolineare l’ingenuità di fondo insita nel voler riservare alla scuola (e tanto più se pubblica…) un simile incombente.
La maggiore minaccia che incombe sulle nostre teste, infatti, non è certo quella dell’inconsapevolezza sessuale dei nostri pargoli, quanto piuttosto il morbo dilagante del nazifemminismo.
È, quest’ultima, come efficacemente ricordato a più riprese anche su questo beneamato blog, ideologia nefasta che vede in qualunque individuo munito di pene una minaccia all’ordine pubblico, uno stupratore in potenza, o una belva feroce cui mettere la mordacchia.
Di questo orrore, francamente, si farebbe volentieri a meno… ed è proprio qui che nasce l’ingenuità di cui sopra, perché è assai facile immaginare che, assieme alle raccomandazioni sull’uso del preservativo, la nostra scuola, sempre così incline a farsi megafono delle idee più “alla moda”, inoculerebbe ai pargoli il virus di questa follia.
Convincendo, così, i maschi a diventare eunuchi per rendersi socialmente accettabili e le femmine di essere altrettante principesse cui tutto è dovuto, stante la natura ontologica di vittime (riguardo alla quale non è ammessa prova contraria), che attribuirebbe loro il diritto di riscuotere l’immenso credito generato dai torti del patriarcato nei confronti delle generazioni che le hanno precedute.
Insomma, ‘na sciagura.
Se questa è la prospettiva -e lo è, ahimè- allora, caro Matteo, meglio tenersi generazioni di bamboccioni segaioli cresciuti a Pornhub e luoghi comuni.