“I RICCHI VERI? QUELLI CHE CAMPANO DI RENDITE E PRIVILEGI, LI DIFENDE LO STATO”: INTERVISTA A ISTITUTO LIBERALE (a cura di Lorenzo Zuppini)
In un panorama politico e culturale come quello italiano, la parola “liberale” sembra spesso evocare più un vezzo da salotto che una visione coerente di società. Eppure c’è chi, da anni, prova a restituirle significato e concretezza. Istituto Liberale, nato come realtà indipendente di divulgazione e formazione, si propone di colmare un vuoto: riportare al centro del dibattito il valore della libertà individuale, economica e civile.
Ne abbiamo parlato con Alessio Cotroneo, presidente dell’Istituto, per capire quali siano oggi le ragioni della loro esistenza, come si distinguano in un contesto dove persino chi si definisce liberale raramente mette davvero in discussione il potere dello Stato, e quali sfide attendano il liberalismo nel nostro Paese.
Dalla difesa della libertà d’espressione alle accuse di essere un movimento “per élite”, fino al ruolo dei giovani e alla competizione culturale con una Sinistra che sembra appropriarsi dei diritti individuali, l’intervista prova a mettere a nudo le contraddizioni e le ambizioni di un progetto che vuole restare scomodo.

Perché è nato Istituto Liberale, quale vuoto culturale o politico volevate colmare, e qual è oggi la ragione profonda della vostra esistenza?
In Italia, la Sinistra governa anche quando non governa. Hanno seguito per decenni la ricetta gramsciana: se prendi scuole, università, giornali e televisioni, hai in mano la testa delle persone. Se aggiungi la magistratura, hai un risultato dal sapore più opprimente. Loro decidono i limiti entro cui puoi muoverti, legali e psicologici. Hai mai provato a dire che l’INPS dovrebbe essere abolito e il SSN privatizzato? La risposta non è una semplice contrarietà ideologica, è incapacità di vedere una alternativa. Gli italiani pensano che se togli loro la sanità pubblica, avrai un sistema predatorio che solo i miliardari possono permettersi. Eppure, a pochi chilometri da dove sono nato, in Svizzera, esiste un sistema dove l’efficienza si combina in armonia con le cure universali, per tutti. L’Istituto Liberale nasce per offrire agli italiani ciò che è stato loro negato dall’egemonia collettivista: un metodo di pensiero che permetta alternative, e una conoscenza che offra queste alternative. Vogliamo rompere questa dittatura del pensiero unico, dove la soluzione è sempre e solo una: lo Stato. Oggi l’Istituto Liberale è il più seguito think tank liberale del nostro paese, ed è l’unica voce che parla ai giovani dei tre principi cardine della società occidentale: Vita, Libertà e Proprietà – principi intrinsecamente legati al libero mercato e a uno stato minimo, ridotto all’essenziale.

In Italia tutti si dicono liberali, ma poi nessuno mette in discussione davvero il potere dello Stato. Non è diventato un’etichetta vuota, buona solo per fare salotto?
Ho una domanda per chi si dice liberale in Italia: Margaret Thatcher, Ronald Reagan, Milton Friedman e Friedrich von Hayek erano liberali? Se chi risponde dice no, non è liberale, ma liberal. Quella “e” finale fa tutta la differenza fra chi ama la libertà come principio fondante dell’essere umano e chi vuole distruggere i valori dell’Occidente con un martello nichilista. Joseph Schumpeter lo diceva già un secolo fa: i nemici della libertà si stanno appropriando del nome della filosofia politica a cui sono contrari. Questo però non vuol dire che non ci siano più i difensori di queste idee. In Danimarca ci sono svariati partiti orgogliosamente liberali – tanto che uno di loro si autodefinisce persino borghese; in Spagna il PP difende ottime istanze, mentre Vox guarda alcuni temi economici liberali con buon occhio; in UK ci sono, con diverse sfumature, i Tories, Reform e i LibDem. I Paesi che soffrono di più la mancanza di una destra seria (liberale, borghese, occidentale) sono Italia e Francia, cioè quelli con il debito più preoccupante e gli apparati statali più ipertrofici, dove la destra rimane impotente da decenni per mancanza di direzione; queste non sono coincidenze.

Molti vi accusano di difendere più i privilegi delle élite economiche che la libertà dei cittadini comuni. Come rispondete a chi vede nel liberalismo una copertura “per ricchi”?
È la solita favoletta che la sinistra racconta da un secolo. La verità è l’opposto: i ricchi veri, quelli che campano di rendite e privilegi, li difende lo Stato. In Italia, più del 70% dell’economia è intermediato dallo Stato. In Italia, chi diventa ricco e chi rimane povero lo decide lo Stato, non il mercato. Senza lo Stato che ti piazza monopoli, sussidi e leggi su misura, certe “élite” non starebbero in piedi neanche un giorno. Il liberalismo non ti regala niente: ti dice solo che se vuoi restare ricco, devi continuare a produrre valore per gli altri. Metà del Paese vive sulle spalle dell’altra metà che lavora, felice di galleggiare nella mediocrità. Il giovane con zero prospettive future dovrebbe chiedersi: chi gli sta impedendo di percorrere la strada dell’ambizione, della crescita e dell’imprenditoria? Lo Stato o il mercato? E il problema è duplice: prima ti annichiliscono psicologicamente azzerando ogni virtù, dall’intraprendenza all’ambizione, tramite la loro egemonia culturale, per poi darti in pasto a un sistema in cui sei obbligato a dipendere dallo Stato.

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La recente vicenda di Charlie Kirk ha riacceso il dibattito su libertà d’espressione, conservatorismo e liberalismo. Come la legge Istituto Liberale e cosa insegna al contesto italiano?
L’assassinio di Charlie Kirk ci sbatte in faccia tre verità. La prima è che oggigiorno chi difende la libertà di parola e contrasta l’ideologia collettivista è considerato alla stregua di Hitler. La seconda è che ogni presunta personificazione di Hitler dev’essere uccisa, anche se Hitler non è (E mi viene in mente Goebbels, quando disse “Non faccia l’ingenuo signor Lang, siamo noi a decidere chi è ebreo e chi no”). La terza è che la violenza è una risposta tollerata e, ancor peggio, celebrata. Tramite inganni filosofici ed artifici retorici, sono riusciti a farci credere per anni che la sinistra fosse quella buona, gentile, che combatte per la giustizia, occultando la mano del carnefice. Ora non nascondono più la loro natura distorta: gioiscono per l’orrore e la morte e, galvanizzati, ne invocano di più. Dall’altro lato, non appena Pam Bondi ha proposto di limitare la libertà di parola per i “discorsi d’odio” susseguitisi dopo l’assassinio di Charlie, i repubblicani si sono schierati fortemente contro di lei. Questa è la risposta giusta: la legge non è una sciabola per colpire i nemici politici quando conviene, bensì è una rappresentazione della verità tramite la giustizia. Ecco la differenza tra noi, liberali, e loro, collettivisti: loro usano la legge come arma, noi la difendiamo come principio della giustizia.

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Oggi la Sinistra si appropria di battaglie su diritti civili e libertà individuali. Non rischiate di diventare irrilevanti, confinati in un discorso solo economico?
La libertà è molto più dell’economia. Quando mai la Sinistra ha difeso la mia libertà di insegnare ai miei figli ciò che ritengo giusto, invece di imporre i programmi del Ministero? Quando ha difeso la mia libertà di curarmi dove e quando voglio, senza liste d’attesa infinite? Quando ha difeso la mia libertà di gestire la mia azienda e i miei dipendenti come credo opportuno, senza burocrazia e ricatti sindacali? E quando ha difeso la mia libertà primaria: quella di proteggere la mia vita? Alla Sinistra non interessa la libertà, interessa il controllo totale sul corpo, sulla mente e sull’anima umana. Si riempiono la bocca con la “libertà dal bisogno”, che in realtà è solo il privilegio di vivere sulle spalle altrui. Sono maestri nel difendere “la libertà dalla responsabilità”: un mondo dove nessuno è mai colpevole, tutti sono vittime e lo Stato è la mamma benevola che decide per te. Noi siamo l’opposto: vogliamo una società di adulti responsabili, non di bambini eterni. Questa è la libertà che fa paura ai più, perché ci mette a nudo per i nostri errori umani.

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Se oggi un giovane vi chiede perché dovrebbe dirsi liberale e non semplicemente “libero pensatore”, cosa gli rispondete senza cadere nella retorica?
Il “libero pensatore” non prende posizione, non segue principi, non ha fondamenti. È un modo bohemien per dire “oggi la penso così, domani chissà”. La coerenza e l’integrità sono virtù che costruiscono cattedrali del pensiero, con centinaia di partecipanti nel corso dei secoli. Il liberale queste cattedrali le abita, il libero pensatore resta fuori a girovagare come un artista di strada. Il liberalismo è una tradizione con fondamenta solide, sulle quali puoi costruire la tua filosofia di vita. Non è convenienza: è principio. Il liberale non vaga, non improvvisa, non si nasconde dietro le etichette approssimate del momento. Segue la natura umana: vuole farsi da sé, vivere da sé, assumersi la responsabilità del proprio destino.
BIOGRAFIA DEL CURATORE
Lorenzo Zuppini è nato a Pistoia il 15 febbraio del 1992. Laureato in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Firenze, prosegue con un master in Giurista Internazionale di impresa all’Università di Padova. Dopo un breve passaggio professionale a Bologna, adesso lavora stabilmente a Milano nel settore della consulenza. Precedentemente collaboratore de Il Primato Nazionale e altre riviste che, però, ha nel corso del tempo abbandonato per cercare lidi più affini al suo temperamento. Liberale, liberista e libertario.