COME EVITARE DI ESSERE UN POVERO IDIOTA CHE ODIA LE DONNE (di Matteo Fais)
“I got guilt, I got fear, I got regret / I’m just a panic-stricken waste, I’m such a jerk” (Morphine, I’m free now)
Uno spettro si aggira per il mondo, specie quelli dei social, lo spettro di una rinnovata fascinazione per un atteggiamento vagamente misogino – che, è appena il caso di sottolinearlo, non c’entra un cazzo con il patriarcato -, o quantomeno un astio serpeggiante nei confronti del femminile – non parliamo, poi, delle femministe!
Sia chiaro, non che la retorica di queste ultimissime non sia sovente insopportabile, stucchevole nel suo vittimismo perenne, tendente a sollevare la donna da qualsivoglia forma di responsabilità, quando non proprio orientata a un odio, verso tutto ciò che è maschile, a tratti ripugnante come i peli sulle gambe e sotto le ascelle che le attiviste ostentano – tale animosità, per saperlo, è detto misandria. Va da sé, a ogni buon conto, che questo articolo potrebbe essere letto anche da una femminista, rovesciandone i termini e intitolandolo, dunque, Come evitare di essere una povera idiota che odia i maschi.

Si parta, dunque, da un punto: una rabbia e una tensione tra i generi esiste ed è pericolosa. Lo vediamo nel femminismo passato dalla richiesta di parità all’aspirazione per la supremazia; come nella galassia della manosphere e nel fenomeno redpill rovinosamente mutati dallo studio delle dinamiche del mercato sessuale alla agghiacciante idea di rieducare le donne. Grazie al cielo, volendo, tutti questi disturbi e deviazioni psicologiche sono tranquillamente superabili con un po’ di buona volontà.
Il primo punto, adesso, sta nel capire cosa odia chi odia. Fondamentalmente che l’immagine da lui costruita della donna non corrisponda alla realtà di questa. In ambito redpill, per esempio, molti si credono basati, come si suol dire, ovvero dotati di una superiore consapevolezza e dicono di aver mandato giù la cosiddetta pillola rossa, cioè di aver scelto la dura realtà, rifiutando la narrazione favolistica di essa. Inutile dire che tutto ciò è falso, un’epica narrazione di sé che non corrisponde minimamente a verità. Chi ha capito l’antifona, il come va il mondo e ha mangiato la foglia, non odia mai. Il saggio o sta al gioco o, come insegna lo stoicismo, abbandona la partita se ritiene sia giunto il momento. Questa gente la pillola non l’ha buttata giù: ce l’ha ferma in gola e ci si sta strozzando.
Sto forse cercando di dire che tutte le donne sono brave e belle, meritevoli di dolcissimi sentimenti e amore sopra ogni cosa, supremi esempi di abnegazione e onestà? Ma neanche per sogno! Le donne sanno essere terribili, incontenibili, perverse, possessive, tossiche e chi più ne ha più ne metta… Direi esattamente come gli uomini. Come loro fanno le sante, mentendo, o ci manipolano con la seduzione cercando di scroccare l’inverosimile, per poi farcela solo annusare; così noi promettiamo mari e monti per farcela smollare, ma cercando di contenere il tutto al costo di un aperitivo, per poi compulsivamente volgere verso la prossima gonna di passaggio.
Ecco, al cospetto di un simile simpatico quadretto antropologico, il saggio – quello realmente basato – sorride come di fronte a un film di Woody Allen – la cui filmografia è uno dei migliori trattamenti terapeutici in circolazione. Così va il mondo, si dirà la persona che ha veramente coscienza di esso. Chi si dà pena per questo, è un miserabile cretino.

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Battute a parte, l’aspetto fondamentale per superare l’odio che, chiariamolo, chiunque avrà provato almeno una volta nella vita, sta nel comprendere questa fantastica massima: “Le donne sono ciò che sono”. Se non ci si dà pace su questo punto, tanto vale mettersi una corda intorno al collo e farla finita. Sarebbe come rifiutare di fare i conti con la gravità – che, meglio precisarlo, bisogna tenere sempre a mente anche per far volare un aereo.
Sostanzialmente, sì, il genere femminile appartiene alla razza umana, ma non è umana nello stesso modo del genere maschile – ciò vale anche a prospettive invertite, sia chiaro. Non c’è niente da fare, la vagina e il pene sottendono due diversi destini che solo occasionalmente e tangenzialmente si incontrano, senza comunque mai sovrapporsi. L’idiota che odia le donne si racconta tutto ciò con toni drammatici, da paranoico che vive ogni situazione come qualcosa di personale a suo favore o detrimento. Va sul gruppo redpill e scrive “Queste puttane dicono di volere la stabilità di una relazione, poi se ne vanno con quello che le usa e le smolla”. Ben svegliato, dolce orsacchiotto! Hai capito, alla tenera età di trent’anni, che non devi mai prendere per buone le intenzioni o dichiarazioni manifeste delle persone, ma guardare alla concretezza delle loro azioni? Caspita, si vede che sei un ragazzo acuto!
Alla fine, se trovi strano che una femmina ricerchi o la passione o l’accomodamento con qualcuno che le garantisca la migliore sussistenza a cui crede di poter ambire, sei decisamente un povero coglione che dell’esistenza non ha capito niente e meno che mai come, in una storia che l’ha quasi sempre vista marginalizzata, il magnifico animale femminile sia riuscito, con la sua dote adattiva, a farla franca fino a oggi. Se ti sei messo in testa di mutare tale sua natura, sei da TSO immediato.

Ma diranno loro che l’uomo non è solo natura appunto, bensì anche antropologia, e dunque che, in ultimo, si può sempre pensare di correggerle a mezzo della leva pedagogica. Purtroppo per loro, l’educazione funziona solo se in accordo con la natura del soggetto. La grande frustrazione della maggior parte dei docenti, per dire, deriva dall’accanirsi nella convinzione di poter trasformare ogni studente in appassionato conoscitore della propria materia. In realtà, spesso, loro stessi si rifiutano di comprendere che semplicemente il grosso non ha alcuna voglia di apprendere. Al massimo, impara a memoria la pappardella per il tempo necessario a sostenere l’interrogazione, per poi dimenticare tutto. Non è che si tratti di allievi negligenti – quasi che non studiassero per far torto a lui e sminuire il suo impegno. È che proprio non gliene potrebbe fregare di meno.
Tra parentesi, anche i patetici stratagemmi che questi odiatori propongono per tenere a bada la selvaggia e inafferrabile natura femminile, come limitare divorzio, aborto, o inasprire lo stigma sociale – il cosidetto slut shaming -, risultano in ultimo ridicoli. Che amore ci può essere se si deve mettere in gabbia una persona, per limitarne la vera natura? Del resto, così facendo si aumenterebbe solo il numero di dipendenti dagli psicofarmaci. Alla fine, è un po’ come forzare uno squalo bianco entro un acquario – il risultato è la morte, quando non proprio il tentativo di questo di uccidersi sbattendo contro le pareti. Fuor di metafora: non esiste nessuna donna che possa preservare bellezza e felicità sotto la coercizione.
Allo stesso modo, si potrebbe dire che una donna dotata di un minimo di materia grigia, e quel giusto tanto di esperienza che faccia di lei qualcosa più di un’adolescente sciocchina, sa che dal maschio non può pretendere di più di ciò che ha da offrirle. Ella è consapevole che questo è tendenzialmente un allupato sul piano sessuale, che guarderà più o meno ogni culo decente o indecente di passaggio, ogni scollatura di cameriera, e che, per ontologica tendenza, difficilmente, almeno nella maggior parte dei casi, sarà un seguace, nella vita pratica, della monogamia. La cretina, preso atto di ciò, andrà in giro, incarognita e acidissima, gridando che sono tutti porci maniaci, depravati e figli di puttana. Una sana di mente sorriderà di tanta intemperanza, del sollazzo che il marito o compagno ricava dal fare il galletto, avendo appreso che non si può castigare il cagnolino se ha la tendenza a cercare ossa ovunque, rosicchiarle e seppellirle in giardino.

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Il segreto di tutto, insomma, sta nel far pace con il mondo, nel comprenderlo e smetterla di raccontarselo in termini persecutori – tipo l’idea che le donne non ce la diano per affamarci, o che il tuo uomo cerchi di andare con le altre per mancarti di rispetto. Non servono anni di terapia e neppure medicine. Semplicemente, le donne sono ciò che sono, proprio come gli uomini e, detto in modo ancora più sintetico, la vita è ciò che è. Sarebbe come stare tutto il giorno, tutti giorni, a piangere perché dobbiamo morire. Sì, scenderemo nel gorgo muti, come dice il poeta. Vi conviene accettarlo prima che sia troppo tardi. Questo è il nostro esistere terreno, punto, e non puoi sprecarlo frignando. E se ti ammali, se sei quello che esce dalla stanza con i piedi davanti, amen: chi ce l’ha in culo se la tiene e soffre con dignità.
L’odio, volgendo al termine, è sempre una manifestazione di debolezza, il sentimento degli inferiori, non dei superiori. Non è un caso che il maschio odiatore del femminile sia esattamente quello che risulta maggiormente dipendente dal giudizio delle donne, da una loro carezza, da ogni minima attestazione di esistenza che possa giungergli da quel fronte. Al contrario, un vero uomo sorride al cospetto di ogni umana miseria, sapendo che niente di ciò che è umano gli è alieno.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).