Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

IL FILM IN CUI GLI UOMINI SONO ORAMAI INUTILI (di Aldo Volpe)

Con la consueta dose di dolcezza luminosa, rapporti idilliaci in aurei schematismi, estetismi quasi amish ed una leggerezza di così incisiva presa per gli animi pregni di quella purezza arcobalenata tanto dura, aspra e rugosa di arcigne presunzioni, Concita De Gregorio ci ha recentemente deliziato, su “La Repubblica”, con una esperienza che diventa mondo a sé, un pianeta di sogni, di voluttà che vorrebbe reali e tangibili. 

Il piccolo mondo di Concita era un vagone pieno zeppo di sole donne, di tutte le età. Un caso fortuito che ha creato una terra piatta su rotaie, l’occasione per assaporare almeno per poco tempo l’utopia di un universo evirato di uomini, relegati nel suo breve racconto a meri generatori di altre vite, donne ovviamente, in cui i maschietti vengono scartati come rifiuti.

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Nell’utopico mondo dell’ex DirettorA, ci aggiungiamo un po’ di folle distopia in forma cinematografica e possiamo renderla più sorridente del solito, dare immagini e movimenti al suo sogno su fluida strada ferrata.

Sexmission (Seksmisja è il titolo originale) è un film polacco, del 1984, diretto da Juliusz Machulski. Un’opera cinematografica degli spensierati anni delle TV private, molto famoso in quella terra, un vero cult, un’icona della cultura pop. La narrazione è evanescente quasi, non mancano pillole di sagace ironia, un racconto adatto a tutti e a tutte le età, uno spettacolo per famiglie.

Per amore della scienza, due uomini decidono di farsi ibernare tre anni, nel 1991, ma qualcosa va storto e, loro malgrado, si ritrovano carnalmente in vita ben oltre 50 anni dopo. Ad accoglierli troveranno un manipolo di donne severe, dure e dalle emozioni raffreddate – e, soprattutto, carine ed avvenenti. 

L’appetito sessuale del più audace, però, non è rimasto ghiacciato nella capsula temporale e l’approccio un po’ molesto finirà male, malissimo e nella maniera più brutale si dipanerà davanti a loro la società del 2044, un mondo orfano di uomini, spurio di qualsiasi elemento maschile, del tutto matriarcale e succube di un immaginario femminile. Il sogno di Concita, insomma, diventato finalmente solida realtà. Ci si aspetta che il fanatismo le porti a farsi ibernare ora per un viaggio in apnea, sottozero, di poco più di 20 anni, un sacrificio a metà. Per amore della scienza, ovviamente.

Ma nonostante i tentativi troncati subito sul nascere, una rigidissima donna riceve un fulmineo bacio sulle labbra che lascia un solco profondo sulla sua personalità e mille altri interrogativi, tanto da indurla a chiedere a una vecchia, rinchiusa in una cella, come era vivere con gli uomini, cosa si faceva e, soprattutto, cosa si provava. L’amore, questo sconosciuto, il tanto bistrattato elemento dell’umanità reso spesso intollerabile secondo alcuni contesti, relegato e reso esclusivo solo per determinate categorie umane. Una scelta disumana per l’umano sentire.

Una gemma naturale del cuore di una donna e di un uomo che nel film viene annientata da una pillola presa giornalmente. Mondo fatato secondo alcune menti brillanti ma irreale, distopico e falso da richiedere una deviazione brusca dettata dalla medicina. Sempre per amore della scienza, si intende.

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La ferita del bacio apre uno spiraglio inquieto nella dubbiosa donna e, seppur la narrazione prosegue con un ritmo spumeggiante e comico con bordate di ironico sarcasmo, il castello di carte dettato dal regime femminista comincia a scoprire le sue crepe, le sue ipocrisie di fondo, con un finale beffardo.

Finale che non svelo per ovvie ragioni di interesse cinematografico –  “no spoiler” come direbbero chi ha un minimo di rimasuglio nerd. Finito il film, finito il viaggio. Entrambi due cammini che porteranno a due conseguenze di idee, di riflessioni ma soprattutto pone il prodotto cinematografico su un livello di realismo maggiore rispetto al sogno a occhi aperti della pasionaria de “La Repubblica”. Eliminare gli uomini con una sintesi così brutale è come incenerire l’amore, la passione, il suo fuoco. E non sarà di certo l’abito grazioso, bianco di un candore scevro di cattivi sentimenti a renderlo innocuo, aggraziato e necessario.

Permettete agli uomini di donare una rosa, come di fare gli stronzoni, così da ricevere un fiore con un sorriso o rispondere con un sonoro calcio nei cosiddetti. Ma permettetelo!

Aldo Volpe 

L’AUTORE

Aldo Volpe nasce a Massafra (Taranto), nel 1979. Inizia a scrivere sulla fanzine personale “Exoteric”, esattamente vent’anni fa, per affiancarsi come collaboratore delle ormai defunte webzine musicali “Suburbia” – poi divenuta “Kronic”. “Apocalyptic Folk”, “Ur Folk”, “Industrial”, “Noise” e “Power Electronics” sono i suoi territori d’azione. Dalla fine del 2006, parte l’avventura con Nil By Mouth, etichetta devota al solo formato analogico in cassetta, attraverso proposte harsh noise e power electronics. 

Contatti: nilbymouthrec@gmail.com

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