NON SI PUÒ RIEDUCARE TED BUNDY – BASTA CON LA RETORICA CONTRO IL GENERE MASCHILE (di Matteo Fais)
Sicuramente le donne hanno sempre ragione ma, oggi come oggi, a essere un maschio qualsiasi, è davvero difficile non sentirsi esasperati e arrabbiati – e, se non suonasse inquietante, prossimi a uno scatto d’ira che potrebbe condurre all’irreparabile.
Ogni volta che si verifica un cosiddetto femminicidio – e che, non ci si stancherà mai di ripeterlo, è solo un omicidio, come tutti gli altri, con buona pace delle femministe –, riparte la solita tarantella della necessità di rieducare l’intero genere maschile. Che, poi, non si capisce mai cosa si intenda esattamente con questa espressione, se non fare catechismo laico e vagamente ridicolo, riempendo la testa di tutti i portatori sani di pene con l’idea di sentirsi in colpa per certe naturali pulsioni, cosa che è facile avvenga se la gestione della faccenda venisse messa in mano a soggetti fanatici e con un certo orientamento ideologico.

Naturalmente la solita solfa è tornata a essere riproposta a mass media unificati, dopo il caso di Pamela Genini, la ventinovenne che stava con il cinquantaduenne Gianluca Soncin e da cui è stata uccisa.
Si sono letti commenti deliranti su – e sotto – tutti i giornali. Ci sono le donne che dicono, oramai, di aver rinunciato a qualsiasi contatto con il genere maschile – spoiler: più probabilmente hanno raggiunto i cinquanta e, oramai, anche giustamente, nessuno se le vuole più caricare –, in ciò dimostrando che, malgrado l’infinitesimale possibilità di finire vittime di una tragedia simile, la lente dei media può sempre trasformare anche un fenomeno marginale in una psicosi collettiva. Poi, come si raccontava, è stata riproposta da ogni parte la possibilità, subito bocciata, grazie al cielo da Valditara – per una volta condivisibilissimo – di introdurre questa dannata educazione sessuale e sentimentale fin dalle scuole medie.

Adesso, è appena il caso di sottolineare che non si può rieducare Ted Bundy. Con buona pace di tutti i tedofori di queste bizzarre proposte formative, oggi tanto di moda, noi veniamo già, fin dalla più tenera età, educati ai buoni sentimenti, al rispetto, allo stare seduti composti, a sbadigliare con la mano davanti alla bocca, a non soffiarci il naso rumorosamente e via elencando tutte le più squisite maniere possibili. Eppure, malgrado lo sforzo di psicologi, pedagoghi e filosofi, con tutte le loro sacrosante e superlative teorizzazioni, il male è sempre esistito e sempre esisterà. O, per dirla ancora meglio, con le parole dei poeti, che la vita la sanno descrivere molto meglio di chi cerca di raddrizzarla: “Video meliora, proboque, deteriora sequor”. Queste le parole che mette in bocca Orazio a Medea, nelle Metamorfosi, e che Petrarca riattualizza nel suo tempo nei versi “Et veggio ‘l meglio et al peggior m’appiglio”, seguito secoli dopo dal Foscolo di “Conosco il meglio ed al peggior mi appiglio”. Si rassegnino serenamente le femmine: la vita è ciò che è. Il male può essere attenuato e tenuto sotto controllo, ma mai rimosso dallo spazio umano – non è un caso che anche loro lo pratichino, come dimostra il caso dello stalking in rosa.
Detto ciò, quel che suona veramente insopportabile, nell’eterno tentativo di non attribuire la seppur minima responsabilità alle donne per come va il mondo, è che invece si lasci ricadere ogni mancanza sulle spalle del genere maschile nella sua totalità. Immaginate essere un povero Cristo che fa fatica a rimediare una scopata un paio di volte all’anno, che neppure ferma le ragazze per strada, per timore di risultare invadente, il quale si sente accusare per personaggi come Gianluca Soncin. Quest’ultimo, come saprà chi abbia anche solo sfogliato distrattamente i giornali in questi ultimi giorni, pur essendo un riccone che viveva di rendita, grazie agli introiti del padre, aveva una ex moglie, da cui aveva avuto un figlio, e a quanto pare un discreto parterre di belle ragazze più giovani di lui – come la povera vittima.

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Non si capisce per quale arcano motivo, per un narcisista che fa cose atroci ci dovrebbero passare tutti gli altri. Detto per inciso, che le donne si facciano la loro vita e si accompagnino a soggetti del genere, non sarebbe neppure un problema, fin tanto che, poi, non volessero far ricadere sulla maggioranza i torti che concernono appena una sparuta minoranza.
Il mondo è pieno di uomini single in gamba e per niente violenti. È ragionevole pensare che verso di questi non sia indirizzato il grosso del desiderio femminile – e, in effetti, così stanno le cose –, ma proprio perciò bisognerebbe quantomeno avere il buongusto di lasciare questi poveracci in pace. Ognuno si faccia la sua vita, ma sappia che certe scelte, che piaccia o meno, possono avere delle conseguenze – che non sono giuste, per carità, ma rientrano comunque tra i rischi di cui bisogna essere consapevoli. Esattamente come, se le strade non sono sicure per le donne – o meglio se loro tali non si sentono passeggiando–, ma vogliono comunque sfidare la sorte, in giro ubriache alle tre di notte, che facciano pure, purché poi non se la prendano con noi.

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Purtroppo, ancora si ode questa voce che, nel tentativo ulteriore di far sentire colpevole la platea maschile, insiste nel trasmettere la pericolosissima idea che una non debba pensare a dove va, con chi, e via dicendo. Le femministe, e coloro che ne hanno introiettato la narrazione, si sono inventate che questo sarebbe un modo per dire, in forma indiretta, che lei “se l’è cercata”. Fuor di dubbio, questa è una cretinata colossale! Tutti devono vivere guardandosi le spalle, stando attenti, evitando le situazioni a rischio – il pericolo non fa distinzioni di genere. È pieno di maschi che sono stati aggrediti per strada, di gente che è stata raggirata, truffata, umiliata e chi più ne ha più ne metta.
Piaccia o meno, per quanto tu insegni a chiunque che non si deve essere violenti, usare la forza fisica per offendere, o rubare, ci sarà sempre chi deciderà di fottersene di tutte le norme sociali. Lo stesso concetto vale, quando si parla di uccisioni di donne: salvo rarissimi casi, a tutti è stato insegnato che le femmine non si toccano neanche con un fiore, ma per alcuni l’insegnamento non è bastato e non basterà mai. Essere morali è una scelta che nasce da dentro. Non basta, dunque, sapere che una cosa non si deve fare, perché il soggetto non la metta in atto.

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Non c’è nessuno da educare – o, per lo meno, non più di quanto siamo già stati educati. Resta solo da punire chi trasgredisce il patto sociale. Per il resto, sì, gioverebbe evitare di andarsene con dei menteccatti che manifestano atteggiamenti antisociali – e, ripetiamo, ciò non comporterà il rischio, per nessuna donna, di rimanere sola, visto che è pieno di uomini in necessità, uomini normali, con un lavoro normale, privi di porsche e barche a vela, di soldi per elargire regali a profusione, ma tendenzialmente dei bravi cristiani qualsiasi. Chi cerca il malessere, come lo chiamano le ragazzine, cioè il ragazzo che naviga tra mazzette di soldi, guadagnati nei modi più oscuri – tipo spacciando, per dire –, con macchinoni da manager e che conduce una vita da nababbo, pur essendo privo di una posizione importante, deve sapere che, per quanto affascinante – se lo dicono loro! – possa essere, risulterà anche, presumibilmente, una persona pericolosa. Prima lo capiscono, meglio è per loro – e per noi, of course, che volentieri ci risparmieremmo di subire ogni volta la reprimenda per il nostro esistere e avere appresso una cosa che ci caratterizza come appartenenti a un genere, sovente riducendosi a un mero fardello.
Davvero, non bisogna rieducare nessun uomo e nessuna donna. Bisogna solo che ognuno si assuma la sua quota di responsabilità.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
50 minuti di applausi. Andrebbe trasmesso a reti unificate questo articolo, tipo l’elezione del sommo pontefice.
Condivido su tutta la linea, il femminicidio, fenomeno sicuramente sbagliato e drammatico ma irrisorio dal punto di vista statistico non si azzera continuando a incolpare il poveraccio di turno impiegato alle poste che fatica a trovare una donna. Non si lamentassero se poi il tizio si rompe i coglioni e vota per Trump o Salvini.