IL VOTO A TRUMP E MAMDANI CI DIMOSTRA CHE IL PROBLEMA È IL POPOLO, NON LA POLITICA (di Matteo Fais)
Successivamente all’elezione a sindaco di New York di Zohran Mamdani, avendo ovviamente, nell’ultimo periodo, guardato tanti video e ricercato notizie sul suo conto, l’algoritmo ha cominciato a propormi una serie infinita di interviste, provenienti dai più vari canali, ai suoi concittadini e sostenitori. Vederle è stato particolarmente interessante perché quelle brevi conversazioni, per quanto possano essere tagliate ad arte e rimodulate, restituiscono il senso di cosa sia il popolo, ergo la realtà in cui siamo immersi, in America come in Italia.

Inutile precisare che la situazione che si veniva a delineare era agghiacciante: ragazzi e ragazze, che avevano un’aria lucida come quella di un eroinomane, non erano in grado di rispondere a domande semplicissime, quali ad esempio “Perché hai votato per lui?”, “Cosa ti ha convinto delle sue proposte?”. Tragicamente, come sempre capita con gli asini, costoro neppure si vergognavano della propria ignoranza e continuavano, come in trance, a sorridere in modo ebete.

Sono altresì certo che gli elettori di Trump e sostenitori del movimento Maga, così come gli alfieri della cancel culture o del woke, non siano genericamente più svegli e consapevoli. Ciò induce a riflettere su quanto, in democrazia, il popolo possa essere pericoloso per sé stesso. Se, sotto una dittatura, il problema è quanto il leader possa essere invasato e disposto quindi, per esempio, a sacrificare Sansone con tutti i filistei per ragioni personali e sciocche; in democrazia, la vera grana è rappresentata da coloro che vanno a votare.

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In un sistema sano, quindi va da sé democratico, al potere potrebbe salire chiunque che difficilmente, comunque, costui riuscirebbe a diventare un serio pericolo, perché la massa lo dissuaderebbe dal proseguire in certe scellerate decisioni, semplicemente bloccando il paese fino a farlo cadere. Il fatto è che, per essere guardiana del potere, la folla dovrebbe essere consapevole. Uno che va a votare dicendo “Mamdani era la scelta più ovvia”, e oltre non è in grado di argomentare, non può neppure comprendere cosa stia avvenendo nel palazzo, mentre lui siede serenamente al parco e dà da mangiare briciole di pane ai piccioni.
Qui, il punto non è essere pro o contro il nuovo Sindaco – naturalmente, ci si augura che non faccia un disastro, anche se onestamente pare poco probabile –, ma nutrire un fondato timore sugli elettori. Tutta questa gente, se ci fosse il pericolo di un rovesciamento delle forze violento, probabilmente, non riuscirebbe neppure ad averne contezza, lasciamo perdere agire in modo coeso, insieme agli altri, per arginare una certa deriva.

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Mamdani potrebbe pure essere il solo a imprimere una svolta socialista, anzi comunista, finalmente ben realizzata, come non è mai accaduto. Ma come lo si può scegliere, se non si sa neppure cosa siano il socialismo e il comunismo?
Ed ecco che appare chiaro perché la democrazia, come impostazione di governo, sia caduta terribilmente in disgrazia, con un graduale e pericoloso incremento negli ultimi decenni: i più non sanno neanche cosa sia precisamente. Esattamente come, quando si parla di libertà d’espressione, o free speech in inglese, questi la confondono con la possibilità di sparlare, insultare, diffamare e calunniare chiunque, senza pagare alcuna conseguenza, cosa che è l’esatto contrario del concetto di libertà di parola – il quale deve sempre essere accompagnato da una responsabilità morale ed etica.

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Da qui si spiega il successo dei Charlie Kirk spacciati per nuovi Socrate, dei Trump che trasformano l’agone politico in un ring di wrestling e, infine, i giovani Mamdani che promettono un sogno a basso costo – si fa per dire – in cui ogni cosa sarà free come per magia.
Purtroppo o per fortuna, la democrazia è un affare per società evolute, cosa che palesemente l’Occidente non è ancora, anche grazie a una pubblica istruzione che, evidentemente, ovunque, è poco più di indottrinamento nordcoreano, catechismo fatto da vecchie beghine e via dicendo. Ecco, da tutto ciò non può venir fuori niente di buono, solo questi assurdi fenomeni che, ultimamente, stiamo vedendo ascendere agli onori della cronaca politica e che sono lo specchio della sua involuzione.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
La democrazia richiede educazione e consapevolezza, da noi è finita da almeno un decennio. Adesso siamo in quella che Polibio chiamava “demagogia”, ovvero politici che fanno promesse folli e insostenibili per vincere una poltrona mentre le cose andranno sempre peggio. Le promesse del neosindaco sono semplicemente assurde. Con un bilancio ridicolo vuole costruire nuove case popolari, tassando i ricchi (che in quanto tali possono cambiare residenza in 2 giorni impoverendo ancora di più il bilancio). Se avesse promesso asini volanti probabilmente avrebbe preso ancora più voti. Inoltre l’idea di realizzare il socialismo in una realtà comunale e non quantomeno statale è semplicemente ridicola.
Chiunque possegga la terza media e una calcolatrice potrebbe facilemente capire che si tratta di una truffa ma come già individuato dal sempre brillante Fais la popolazione è talmente inebetita da credere a qualunque cosa.
La democrazia, quella vera, è finita da un pezzo.