IL PROGRESSISMO DALLA LIBERAZIONE ALLA REPRESSIONE SESSUALE, OVVERO COME OGNI POTERE TENDE IN ULTIMO A CONTROLLARTI (di Matteo Fais)
La grande fortuna di una certa Sinistra, in Occidente, stette nel portare avanti, parallelamente alla battaglia politica in senso stretto – e classico – quella per la liberazione sessuale. Mentre nei paesi sovietici l’energia erotica veniva canalizzata al solo fine lavorativo quindi, per così dire, sublimata e indirizzata in ragione di un presunto benessere sociale generale, nella parte di mondo più sana, i ragazzi si liberano di un’oppressione che non viene esercitata solo attraverso il meccanismo del lavoro alienato, ma inizia molto prima. Ecco che il personale, l’intimo, diviene politico.
C’è da sottolineare che l’intuizione, di per sé, era geniale: il potere più pericoloso non è mai quello esterno al soggetto, che lo soggioga con la frusta prima e con i turni massacranti dopo, ma quello penetrato al suo interno. Anche Marcuse, in One Dimensional Man, aveva ben compreso la faccenda, per questo ampie riflessioni del suo saggio sono dedicata alla questione sessuale e, sempre per tal motivo, il filosofo aveva scritto Eros e civiltà.

La prima mossa della nuova Sinistra è, insomma, sensata e ben più che giustificata: il sistema borghese è una struttura pervasiva e totalizzante, fatto di tante microstrutture, quali la famiglia tradizionale, che perpetuano l’oppressione e sono costruite per tenere sotto controllo le spinte di liberazione individuale del singolo. La cucina e la camera da letto, con le loro regole stringenti, e una divisione dei ruoli e del lavoro, insegnano un certo tipo di oppressione e subordinazione gerarchica che trova il suo equivalente sul luogo di lavoro.
Dunque, il fronte progressista ha ragione: per minare alla radice il potere borghese, bisogna cominciare dalle lenzuola. La monogamia, la fedeltà coniugale, il piacere femminile negato e, conseguentemente, quello maschile, sono i pilastri di un potere maligno che governa ogni ambito della vita proletaria e non solo. Anche il piccolo borghese è tale per una disciplina di privazione imposta.
Inutile, a ogni modo, procedere oltre nella ricostruzione, a livello di storia delle idee. Il resto è più o meno noto. Meglio fare un salto, a piedi uniti e mortale, nell’oggi e nella degenerazione del fronte progressista che ha oramai perso qualsiasi spinta liberale e libertaria per divenire potere nefasto a propria volta.

Basterebbe leggere un qualunque social di quelli dove oggi il pubblico dibattito si svolge dal basso – ed è di conseguenza molto basso, mancando di grandi voci come quella del pensatore della Scuola di Francoforte. Si potrebbe, per esempio, guardare questo post in cui vengono stigmatizzate tutte le relazioni tra uomini più grandi e ragazze più giovani: https://www.instagram.com/p/DM8zzmjMg95/?utm_source=ig_web_copy_link&igsh=MzRlODBiNWFlZA. Come di consueto, quando a parlare sono i progressisti, si fa un gran pasticcio e praticamente finisce tutto nel tritacarne, senza alcun tipo di distinzione – la famosa notte in cui tutte le vacche sono nere.
Leggendolo e soffermandosi, in particolare, sui commenti delle utenti, si può notare facilmente il nuovo spirito censorio che anima il progressismo odierno, mutatosi in femminismo di quarta generazione, cancel culture e wokism. Ciò che salta all’occhio, nella loro foga di epurazione staliniana, è come venga addirittura presa di mira la figura di Lester Burnham, di American Beauty, incarnato dal sommo Kevin Spacey.
Il lettore ricorderà il caro vecchio Lester, personaggio oppresso da un’occupazione straniante che l’ha trasformato in un uomo ormai privo della capacità di sognare, che raggiunge il momento più alto della sua giornata facendosi una sega sotto la doccia, per usare le sue stesse parole. Il nostro antieroe cade vittima del fascino dell’amica di sua figlia Jane, Angela, una cheerleader tanto bionda quanto sciocca, apparentemente spigliata ma che, vista da vicino, come recita il motto del film, si rivela una creatura fragile e piena di insicurezze. Mr. Burnham, preso tra l’ansia del lavoro alienante e, a quel punto, anche a rischio, con una moglie con cui non ha oramai più niente a che spartire a livello intimo, sogna il riscatto e un ritorno alla vita vera con la giovane donna che, saltuariamente, frequenta casa sua.

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In tutto ciò, per i woke impazziti di oggi – ancora più fuori di testa dopo la salita al potere di Trump –, il povero Lester è divenuto un terribile predatore sessuale, quello che insidia, dall’alto dei sui quaranta e passa anni, la diciassettenne. Ovviamente, non considerano positivamente come il desiderio lo tramuti, da borghese in decadenza e in sovrappeso, in uomo che cerca di riprendere potere su quel corpo che, lasciandosi andare, aveva condannato alla marginalità sociale, a essere oggetto anonimo tra oggetti anonimi, invece che polo attrattivo. Meno che mai valutano come lui sia tutto fuorché un individuo di potere che soggioga una giovinetta ingenua ma, almeno in principio, un piccolo patetico uomo – oggi, lo definirebbero cringe – che si rende ridicolo agli occhi di tutti con il suo fare da morto di fica. Naturalmente, e di ciò se ne può essere certi, nessuno criticherebbe la figura della moglie Carolyn se questa, invece di andare a letto con il suo collega che lavora nell’immobiliare, si fosse accompagnata a uno con vent’anni in meno di lei – intendiamoci, sarebbe sbagliata anche tale critica.
Ciò che ci importa, adesso, è come il progressismo si sia mutato da forza di liberazione in controcanto oppressorio, in ciò ricordandoci, come diceva la nota canzone, “che non ci sono poteri buoni”, o meglio che ogni potere si muta facilmente da percorso di affrancamento a strumento di dominio. Proprio come il potere borghese che, in principio, contestava, il progressismo woke ha mutato sé stesso in un moloch che vuole sovraintendere la pulsione umana per dirigerla. Invece di retrocedere quanto più possibile, in puro spirito liberale, dalla sfera personale, vi si insinua con la forza distruttiva di un tumore. È così che può affermare che quello o quell’altro uomo famoso, che si accompagna con la trentenne o la ventenne, sono dei predatori, senza voler comprendere che, se è vero che ogni rapporto è un rapporto di potere, vi è sempre una dialettica tra le parti. Volgarmente, tanto quanto la ragazza si appoggia all’uomo più grande in ragione del suo fascino e status, tanto più questo ha bisogno di lei per sentirsi salvo dal tempo e dall’eventualità della morte – lo scambio è, insomma, ben più che equo.
Senza parlare, poi, del fatto, di portare avanti tale pratica offensiva della dignità femminile che tende a inquadrare le giovani donne come povere vittime da tutelare – in ciò riproponendo, sotto mentite spoglie, la visione maschilista della figlia posta sotto la giurisdizione paterna.

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In conclusione, ciò che il fronte progressista e, in special modo, la declinazione woke di questo non hanno compreso è che, così facendo, hanno finito per darsi la zappa sui piedi, per sostituirsi all’autoritarismo che volevano in teoria combattere. Il vero limite di tale movimento sta tutto qui, nell’essere stato travolto e pervertito a sua volta dalla mania del controllo.
P.S: è appena il caso di far notare l’assurdità di concepire la manipolazione come di esclusivo appannaggio maschile. La donna può essere manipolativa quanto e più del maschio, specie se consapevole della propria giovinezza e bellezza. Una sedicenne che sa il fatto suo, per ipotesi, potrebbe manovrare un quarantenne-cinquantenne vittima di una carestia affettiva ed erotica. Non riconoscere questo è pura disonestà intellettuale.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Il paradosso più grande è che queste istituzioni hanno passato secoli interi a contrastare la morale cattolica definendola bigotta ma in realtà quantomeno frutto di una rivelazione divina a suo dire e comunque portatrice di ordine indiscusso nella società (si pensi all enorme sviluppo che le società monogame hanno riscontrato rispetto a quelle poligame tipiche di altre culture rimaste nettamente più arretrate dove il patriarcato vige ancora, quello vero non quello immaginario in Italia), per poi come tutti i poteri oppressivo sostituirsi con regole ancora più assurde delle precedenti, in America si parla di un’epidemia di solitudine dove gli uomini ormai hanno paura ad approcciare le donne per il rischio di essere ripresi umiliati o peggio perdere il posto di lavoro. Insomma la morale sessuale moderna è forse molto più rigida di quella che vivevano i nostri bisnonni che non a caso secondo le statistiche si dice avessero molti più rapporti sessuali dei giovani di oggi.