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FRANCESCO MAZZA, “ESTINZIONE”: UN NUOVO CLASSICO CONTRO IL MONDO E LA VITA ATTUALE (di Matteo Fais)

“Smart e wow, nel mondo della comunicazione moderna, erano l’equivalente della parola puffare nel mondo dei puffi, significanti che non significano nulla, e dunque perfetti per la comunicazione contemporanea, incentrata proprio sul nulla”. (Francesco Mazza, Estinzione, La Nave di Teseo).

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È noto che la maggior parte del ridotto e risibile pubblico di lettori italiani non cerca romanzi ma stronzate, intrattenimento da casalinghe disperate, pipponi buonisti per chi, finita la consultazione quotidiana di “Repubblica”, ritiene necessario, per darsi ancora di più un tono, di passare alla lettura di un cosiddetto buon libro – perché, come recita una delle cazzate più diffuse, “se tutti leggessero, il mondo sarebbe un posto migliore. 

Si può serenamente dire che Estinzione (La Nave di Teseo) di Francesco Mazza non è niente di tutto ciò. Casomai, si tratta di un pacco inesploso di Theodore Kaczynski, alias Unabomber, erroneamente consegnato alle librerie del Regno; del romanzo che Michel Houellebecq non scriverà più perché, oramai, oltre che troppo vecchio e nauseato dal mondo, è giustamente disgustato anche da sé stesso, avendo già detto tutto il necessario e oltre. 

Fenomenale, superiore, disturbante, malsano, affilato: si potrebbe esaurire il dizionario dei sinonimi e contrari, per definire quest’opera. A ogni modo, i suoi riferimenti sono chiari, oltre che dallo scrittore stesso esplicitati: il già citato autore francese, Moravia, Dostoevskij, Camus – si potrebbero, per tanti versi, anche includere Thomas Bernhard e il George Orwell di 1984. Infatti, la somma di tutte queste linee intrecciate insieme è un realismo grottesco, per così dire, distopico – se lo scrittore inglese aveva bisogno di figurarsi un futuro temporalmente molto vicino, per rendere credibili i tratti della sua antiutopia, a Mazza basta limitarsi a osservare intorno a sé e dare conto del presente.

È uscito il tredicesimo numero di “Il Detonatore Magazine”: https://www.calameo.com/read/008031206475e701d32fd

Estinzione è la storia del quarantenne, Silvio, disilluso e moralmente annichilito, occupato presso un’agenzia di comunicazione, e Alisia, aspirante influencer senza arte né parte – come, del resto, tutta la categoria –, alla ricerca di un’idea brillante per sfondare nello stupidissimo mondo dei social. Potete immaginare il protagonista maschile come una via di mezzo tra quello altalenante tra depressione e sociologismi di Estensione del dominio della lotta, il sempre adorato e sfigatissimo erotomane Bruno Clément di Le particelle elementari, e un Winston Smith che si guarda intorno, con fare circospetto, scandagliando le strategie perverse del Grande Fratello.

Quarta uscita per la collana “Scavi Urbani”: Psicosi dei giorni pari e dispari, di Fabio Orrico (prefazione di Viviana Viviani). Disponibile in formato cartaceo ed ebook:
(cartaceo 10 euro)
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Come in tutti i pochissimi romanzi segnanti del nostro tempo, la trama è veramente essenziale, basica, fino a ricalcare la vita di molti di noi. Salvo il fatto che Silvio sa di essere un cornuto, poiché il figlio che Alisa aspetta non può essere suo – lui è sterile –, non è che avvenga molto e ciò semplicemente perché in questa assenza di intrecci e grandi narrazioni è la tragedia fondamentale della nostra esistenza nel Nuovo Millennio.

È uscita la seconda raccolta poetica di Matteo Fais, Preghiere per cellule impazzite (Connessioni Editore, collana “Scavi Urbani), ed è disponibile in formato cartaceo e ebook:
(cartaceo 12 euro)
(ebook 5 euro – gratuito per gli abbonati a Kindle Unlimited)

Il giovane uomo apprende, tramite l’ordigno della sua compagna – così lui chiama lo smartphone –, che lei ha una relazione parallela e su quel pensiero inizia a torturarsi. Per meglio dire, la cosa lo avvilisce e, al contempo, lo eccita in modo morboso: “In un mondo preconfezionato, dove ogni cosa era catalogata e inoffensiva, disposta ordinatamente in vetrina secondo i dettami dell’algoritmo, io volevo vivere in modo sporco e primitivo: volevo amare soffrendo, l’unico modo in cui ero capace. Solo nei tormenti della lussuria del dolore io mi sentivo vivo”. E attenzione che il personaggio, così dicendo, non sta esagerando, parlando per iperboli o peggio ancora giocando a fare la vittima, alla stregua di qualche scrittrice da social che esaspera le sue turbe per sembrare più maudit. No, Silvio è proprio turbato, la perfetta incarnazione di un frutto avvelenato del nostro tempo, in cui ogni persona comune ha sviluppato passioni nobili, quali quelle di Severin in Venere in pelliccia (“Esisteva, certamente, la lussuria del piacere, ed esisteva, nella società moderna, anche una certa lussuria della pietà, il piacere del sentirsi buoni a tutti i costi, dello stare sempre dalla parte dei più deboli, anche quando avevano torto e da vittime si tramutavano in carnefici. Ma una lussuria del dolore? Chi ne aveva mai sentito parlare? Come si poteva desiderare coscientemente la propria rovina?”). La differenza è che, in precedenza, la decadenza era appannaggio delle classi più alte – sempre collocate molto più in alto del popolo –, mentre oggi è divenuta postura esistenziale del piccolo borghese, come già ci aveva fatto intendere Houellebecq.

Ma Estinzione non è un Cinquanta sfumature appena più letterariamente raffinato – sarebbe risultato semplicemente stucchevole in tal caso. Si tratta, invece, di uno scrigno di saggezza sociologica sul nostro tempo – e, per una questione temporale, lo è molto più dei testi degli autori a cui si ispira. Il volume è il canto del cigno, l’elegia di una generazione fallita, quella dei quarantenni di oggi che “Altro che adulti: saremmo rimasti per sempre adolescenti invecchiati, generazione incompiuta con Holly e Benji come inno identitario”. Sì, signori, siamo noi, una generazione irrisolta, di “sconvolti”, per citare il cantautore – ma evitandone il compiacimento epico –, persone che, diversamente dai propri genitori, per i quali valeva la semplice “filastrocca laurea-matrimonio-mutuo-figli-pensione-tumore-tomba”, “a una vita del genere avrebbero preferito l’eutanasia”.

Terza uscita per la collana “Scavi Urbani”: Il cielo è uno straccio sporco nella stretta della materia, di Luca Parenti (prefazione di Matteo Fais). Disponibile in formato cartaceo ed ebook:
(cartaceo 10 euro)
(ebook 5 euro – gratuito per gli abbonati a Kindle Unlimited)

Eppure, al contempo, quanto detto, pur essendo tanto, non esaurisce la portata dell’opera, le mille sfaccettature e sottolineature a cui è impossibile non cedere, tra amarezza e sogghigni, mentre ne si leggono i passi cinici e bastardi. Mazza, che deve essere un personaggio capace di insegnare ai figli di puttana e alle loro madri come essere sé stessi, ne ha veramente per ogni derelitto e idolo di cartone del nostro tempo: femministe, ambientalisti, seguaci della body positive, resilienti e idioti di ogni natura. Pescando un po’ a caso: “ordinare un cappuccio era riduttivo, accettare le cose come venivano era considerato da sempliciotti, ogni momento della giornata era un pretesto per affermare la propria piccola, insignificante, trascurabile identità individuale attraverso un’idiozia – e più l’identità era piccola, insignificante e trascurabile, più l’idiozia necessaria ad affermarla doveva essere grande; e allora, per dirne una, al bar non si ordinava più un caffè o un cappuccino, ma uno ‘schiumato al vetro’, un ‘chiaro chiaro’, un ‘molto lungo’”, un ‘tiepido in tazza bollente’, un ‘bollente in tazza tiepida’, un ‘orzo con latte di soia e schiuma d’avena’”; “Poteva davvero chiamarsi lavoro? Anche perché della mia energia il capitalismo moderno avrebbe potuto fare a meno: un algoritmo sarebbe stato in grado di svolgere la mia mansione in modo più preciso. Il senso della mia esistenza – e di tutti quelli come me, impiegati nel post-terziario avanzato – non stava quindi nel lavoro in quanto tale, ma nel consumo. In altri termini, io non servivo per ciò che facevo in ufficio, ma per il modo in cui avrei speso la mia bella sommetta comprando pacchetti vacanze, guardando serie TV in streaming”. Adorabile e sadico, come un medico che godesse, a mezzo di una colonscopia, nel far vedere a un paziente di cosa sia fatto l’umano al suo interno.

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Ma, niente da fare, non ci siamo ancora, perché l’autore ha sempre una malignità in più da estrarre dal cilindro, per esempio sul mondo dei social: “È difficile spiegare quale fosse il significato della spunta blu nel mondo occidentale di allora. Si trattava di un semplice segno a forma di V posizionato al fianco del nome degli utenti più in vista, a garanzia che si trattasse proprio di loro; ma a livello simbolico il suo valore era assai maggiore, simile a un titolo nobiliare, in grado di distinguere ed elevare dalla massa chi lo possedeva. È vero che la si poteva ottenere anche a pagamento, attraverso un abbonamento mensile, ma riceverlo honoris causa era tutta un’altra storia”. Ancora: “La cultura aveva attraversato un lungo periodo di crisi, ma ora si stava risollevando perché era stata reinventata come foglia di fico: pubblicare contenuti ‘culturali’ garantiva il diritto di sfogare nei post successivi la propria vanità senza il rischio di apparire superficiali. Una foto di un libro dall’alto era il modo migliore per postare in seguito le chiappe”.

Comunque, basta, meglio fermarsi qui, perché si dovrebbe ritrascrivere tutto il testo e rischiare una denuncia per violazione del copyright. L’unica cosa da aggiungere, per spoilerare, ma non troppo, è che il protagonista, proprio come in 1984, alla fine, arriverà a sua volta ad amare il Grande Fratello. Ma non si chieda di più adesso. Andate al diavolo, tirate fuori il portafogli o affinate la vostre capacità di taccheggiatori, perché questo libro è da avere e da aggiungere al fianco dei nuovi classici. Fate spazio sugli scaffali.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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