L’EDITORIALE – ERA MEGLIO QUANDO SI POTEVANO ODORARE LE MUTANDINE DI VICTORIA’S SECRET (di Matteo Fais)
Una volta, le stavo sfilando le mutandine e, come tutti i cacciatori, avendo il malsano vezzo del trofeo di guerra, le chiesi di poterle tenere. Erano proprio carine, mi piacevano. “Che te ne fai?”, mi domandò lei ridacchiando, “Non indosserai mica biancheria femminile?”. “Ma quando mai”, risposi io sogghignando, “è che sono un sentimentale: mi piacciono le mutande delle vecchie amanti. Ogni tanto le contemplo, me le rigiro tra le mani, sciolgo i nodi dei ricordi, ripasso mentalmente la schiera delle assenti”.
“Guarda”, mi fece lei, “te le avrei anche lasciate, perché la cosa è simpatica, ma non posso, costano troppo, sono di Victoria’s Secret”. Giuro, io non ne avevo la benché minima idea di che cacchio fosse quel marchio. Essendo tendenzialmente troppo interessato agli orifizi, trascuro di perdermi nello studio di ciò che li riveste. Poi, non mi intendo di marche. Indosso quello che trovo. I boxer li compro un tanto al chilo, le magliette sempre nere e a poco prezzo.
Insomma, non sentivo parlare del brand Victoria’s Secret da allora – non ho idea di quanti anni siano passati. Poi, leggendo le notizie, ho appreso di questa ennesima follia per cui, in luogo delle figone che solitamente reclamizzavano i capi in questione, verranno scelte delle donne che si sono distinte nel loro ambito di competenze.
Se non ho capito male, ci saranno una calciatrice lesbica attivista LGBT, un’indiana, poi Dio solo sa che cos’altro. A me sembra sempre che mi stiano raccontando l’inizio di una barzelletta, del tipo di “ci sono un cinese, un italiano e un tedesco…”. A ogni modo, fine degli “angeli”, così venivano chiamate le loro precedenti modelle a cui io mi sono permesso di appellarmi con il termine “figone”. Al loro posto, entrerà un po’ di tutto, forse qualcuna anche non propriamente donna, magari una con venti centimetri di dimensione artistica. “Dobbiamo smetterla di essere quello che vogliono gli uomini”, ha detto Martin Waters, l’amministratore delegato. Me cojoni! Chissà cosa cazzo vuol dire.
Mi domando cosa capiterebbe se io e gli altri maschietti che conosco dovessimo smetterla di essere come le donne ci vorrebbero. Basta palestra, corsa e minchia dura per due ore. Vai di maglietta della salute, frittatona con cipolla e rutto libero.
Purtroppo, con questa scusa di ridefinire la nozione di sexy – perché, è mai stata definita? Non sarà che ti tira semplicemente quel che ti tira? –, qui stiamo spingendo le donne a un livello di delirio narcisistico senza precedenti. In società, esistono i giudizi, anche se tutti vorremmo esserne esentati. Quando una mi vede mi giudica bello o brutto, basso o alto, grasso o magro. E, se le parlo, può anche arrivare a ritenermi una testa di cazzo. Più filosoficamente, Sartre avrebbe detto che “l’altro mi possiede nella mia oggettività”. Spiace, ma le cose stanno in questi termini.
Tutta la violenza psicologica che stanno mettendo in atto, per convincerci che ci devono piacere anche i cessi, secondo me, porterà a un inasprimento della rabbia e del rancore verso le donne. È chiaro che la gente, quando vede tipo quella modella provocatoriamente proposta da Gucci perché racchia, risponde con gli insulti. Non è tanto che ce l’abbia con la povera ragazza, che non ha alcuna colpa se risulta inchiavabile, ma giustamente non sopporta di vedersi imporre manu militari una certa idea, meno che mai quella secondo cui ciò che è brutto deve per magia divenire bello. Ed è preoccupante che un simile sovvertimento del buonsenso venga strategicamente ripetuto ogni giorno per abituarci. Di mio, posso garantire che, se questi volessero creare mutande femminili con lo spazio per l’uccello, io sarei pronto a dare battaglia.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Quando le vendite gli andranno a picco torneranno alle figone. Al cuor non si comanda ma l’uccello è ancora più testardo.