NUOVE USCITE LETTERARIE – FABIO ORRICO, “PSICOSI DEI GIORNI PARI E DISPARI” (di Isabella Paola Stoja)
Con Psicosi dei giorni pari e dispari, Fabio Orrico approda a una piena maturità espressiva, confermando la sua vocazione a una poesia ibrida, capace di muoversi tra lirismo e prosa, introspezione e realismo urbano. Pubblicata nella collana Scavi Urbani diretta da Matteo Fais, la raccolta si inserisce in un orizzonte postmoderno, dove la parola poetica tenta di registrare il disordine del presente senza filtri né mediazioni.

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L’autore scrive in stato di necessità, come se ogni verso nascesse da una pressione interna, da una voce che non può tacere. Un viaggio nella psicosi quotidiana del vivere contemporaneo, dove la città e la mente si confondono, generando un paesaggio lirico dominato da alienazione, desiderio e colpa. Non c’è compiacimento, ma un’urgenza di verità che si traduce in immagini crude, spesso disturbanti, sempre necessarie. “Il cane che annusa la donna bionda / in mezzo alle gambe e lei confessa / di avere le mestruazioni…”: l’osceno non è gratuito, ma specchio di una realtà spogliata d’ipocrisia. Il corpo, in Orrico, è un campo di battaglia dove il desiderio convive con la colpa, la bellezza con la decomposizione.

Come già si diceva, la scrittura dell’autore nasce da una necessità testimoniale: il poeta non costruisce scenari, li registra. Le sue immagini hanno la crudezza di una cronaca e la densità simbolica di un incubo urbano. Cani, prostitute, bariste, uomini soli, frammenti di sesso e di fallimento formano un mosaico che racconta il disagio esistenziale dell’uomo postmoderno.
Ogni testo è costruito con minuzia quasi cinematografica: la scrittura procede per tagli, ellissi, dettagli minimi che aprono squarci vertiginosi. In Repubblica leggiamo: “L’Italia non è una repubblica / fondata sul lavoro, è più / un balletto di primati kubrickiani / e il monolite è un grosso cazzo / sfinito…”. Il sarcasmo diventa linguaggio politico, la volgarità si trasforma in gesto etico: dire la verità senza ornamento è già una forma di resistenza.

Orrico osserva la società con sguardo spietato ma partecipe. In Il gioco del nascondino come allegoria della condizione umana i “bambini ricchi nel giardino della / villa padronale” diventano simbolo di un’ingiustizia sistemica, di una diseguaglianza che non trova più parole per essere detta. Il poeta, testimone e vittima insieme, “resta con le mani strette / alle inferriate del cancello, serrate / dalla frustrazione”.

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Ma nella seconda parte, con il poemetto Invocazione alla musa, la voce si fa più intima, quasi implorante. L’io lirico cerca un canto che possa restituire senso al caos, alla “psicosi” che attraversa i giorni: “Dicevo: ascoltami, meglio avrei detto: cantami”. È un momento di tregua e consapevolezza, in cui la poesia si riconosce come unica forma di sopravvivenza possibile.

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Lo stile oscilla fra prosa poetica e poemetto visionario: un linguaggio ibrido, contaminato, che alterna sintassi discorsiva e scarti lirici. La parola è diretta, spesso brutale, e si fa corpo: il poeta scrive con carne e fluidi, ma anche con un’ironia amara che salva dalla retorica.
L’erotismo – a tratti ossessivo, a tratti sacrale – si intreccia con la solitudine e la colpa; la sensualità è un atto di conoscenza, ma anche di autodistruzione.

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La solitudine e la memoria, il corpo come teatro della verità, il disincanto civile… La psicosi di Orrico non è malattia, ma condizione umana, è l’impossibilità di aderire a un mondo disgregato, di riconoscersi in una lingua che non consola ma resiste.
Tra desiderio e disillusione, eros e pietà, Psicosi dei giorni pari e dispari è un libro scomodo e necessario, che costringe il lettore a guardare laddove solitamente si distoglie lo sguardo. Una poesia “senza censure né reticenze”, per dirla con le parole della prefatrice Viviana Viviani, che illumina il nostro tempo proprio attraverso le sue ombre più dense.
Isabella Paola Stoja
Isabella Paola Stoja, classe 1990, nasce a Bologna. Cresce in Basilicata a Policoro e nel 2009 si trasferisce a Milano per frequentare la facoltà di Lettere e Filosofia dell’Università Cattolica del Sacro Cuore. Oggi è docente di Lettere presso il liceo scientifico “E. Fermi” di Milano. Vive in provincia di Varese con suo marito, sua figlia e i suoi due gatti. Le sue raccolte poetiche sono: La neve dei pioppi (Monetti editore, 2021), Cronache dalla controra (Chipiuneart edizioni, 2022), Lettere a Endimione (Chipiuneart edizioni, 2023). Con La neve dei pioppi e Cronache dalla controra ha vinto il Premio internazionale “Le Pieridi”, con Lettere a Endimione il Premio letterario “Alessandro Manzoni” della città di Arcore.