DUE GIOVANI TESTIMONI DELLA GUERRA IN UCRAINA (a cura di Davide Cavaliere)
Il silenzio che uccide: la guerra in Ucraina attraverso gli occhi di un’adolescente e di una testimone dall’estero. Due voci, una da Kyiv e una di una rifugiata in Francia; parlano della paura, del tradimento e del costo devastante dell’indifferenza.

UNA NOTTE CHE HA CAMBIATO TUTTO
Di Melania, Kyiv
La guerra è davvero terrificante.
È terrificante non sapere se ti sveglierai domani, mentre ti addormenti al suono dei razzi e delle esplosioni. Terrificante pensare ai bambini e ai loro genitori. Terrificante per i giovani ragazzi che partono per il fronte. Chi avrebbe mai pensato che una sola notte, alle 4 del mattino, avrebbe cambiato il destino di così tante persone? Le sirene assordanti, i boati lontani delle esplosioni, le urla fuori: ti rannicchi nel letto, ti copri la testa e sussurri: “Andrà tutto bene… almeno lo spero”. Col tempo, la cosa più spaventosa diventa quanto ci si abitua. Smetti di reagire agli allarmi antiaerei. Senti un’esplosione silenziosa e ti dici: “Ok, non è troppo vicina, non è così grave”. Anche quando i boati sono vicini, non rinunci al sonno, perché domani hai scuola. Ma quell’intorpidimento svanisce la mattina dopo, quando vedi il numero dei morti e dei feriti. E il tuo cuore è sommerso dal dolore.
Il tradimento dall’interno. C’è un altro tipo di orrore: il tradimento da parte della propria gente. Alcuni ucraini condividono informazioni con il nemico, indicano obiettivi chiave, addirittura appiccano il fuoco ai veicoli militari. È straziante: i tuoi stessi connazionali che ti voltano le spalle, in un momento in cui l’unità potrebbe significare la sopravvivenza. I crimini di guerra di cui nessuno vuole sentire parlare. C’è qualcosa che non si può ignorare quando si parla della guerra della Russia in Ucraina: i crimini di guerra commessi dai soldati russi. Stupri brutali di donne, bambini e uomini. Torture. Esecuzioni. Questi crimini rimangono impuniti, commessi da uomini armati di fucili, inviati con il falso pretesto della “liberazione”. Ma che tipo di “liberazione” significa morte, terrore e distruzione? Ci sono molte domande. E dolorosamente poche risposte, una volta eliminata la propaganda. La verità è sempre vicina. Basta solo cercarla. Gloria all’Ucraina.

QUANDO SMETTI DI PARLARE DELLA GUERRA, DIVENTA NORMALE
Di Yuliia, nata a Kirovsk (regione di Luhansk), ora residente in Francia
La guerra in Ucraina non è iniziata nel 2022. È iniziata nel 2014, in modo silenzioso, graduale e quasi invisibile al resto del mondo. Allora, molte persone hanno scelto di distogliere lo sguardo. Sembrava un “conflitto locale”, “disaccordi interni”, “qualcosa di complicato”.
Ma migliaia di persone stavano già perdendo le loro case, le loro famiglie, le loro vite. E il mondo è rimasto in silenzio. Ora, quando i razzi cadono sulle città, quando le scuole e gli ospedali diventano bersagli, quando milioni di ucraini fuggono dalle loro case, l’orrore è impossibile da ignorare. Eppure, ancora troppe persone distolgono lo sguardo. Quelli che sono stanchi delle notizie. Quelli che dicono: “La politica non fa per me”. Quelli che cercano responsabili da “entrambe le parti”, in una guerra in cui c’è un chiaro aggressore e una chiara vittima. Ma anche il silenzio è una scelta. E spesso è una scelta a favore del male. La guerra è anche silenzio. Non si può rimanere muti quando delle persone vengono uccise. Non si può rimanere in silenzio quando soldati stranieri conquistano città e lo chiamano “liberazione”. Non si può rimanere in silenzio quando milioni di persone vivono nella paura e perdono tutto. La guerra non è solo carri armati e proiettili. È anche il silenzio in cui la verità svanisce. E mentre alcuni rimangono con la bocca chiusa, altri perdono le loro case, i loro figli, sé stessi. Il costo del silenzio. Gli ucraini non stanno solo combattendo per la terra. Stanno combattendo per il diritto di vivere. Per il diritto di parlare la loro lingua. Per il diritto di essere liberi. Stanno combattendo affinché i loro figli possano svegliarsi al suono della sveglia, non delle sirene antiaeree. Al profumo del pane fresco, non al fumo e al sangue.
Se oggi rimani in silenzio, pensando che questa guerra non ti riguarda, domani potrebbe bussare alla tua porta. Il male non conosce confini. Se non lo fermi, si diffonde.
Dite qualcosa. Qualsiasi cosa. Ma non rimanete in silenzio. Anche quando è difficile. Anche quando sembra che le vostre parole non cambieranno nulla. Perché prima vengono le parole, poi le azioni. E il silenzio, purtroppo, è anch’esso un’azione. La scelta è vostra. La verità e l’onore sono sempre dalla parte dell’Ucraina.

(cartaceo 12 euro)
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English Version
The Silence That Kills: War in Ukraine Through the Eyes of a Teenager and a Witness Abroad. Two voices — one from Kyiv, one from France — speak about fear, betrayal, and the devastating cost of indifference.
One Night That Changed Everything
By Melania, Kyiv
War is truly terrifying.
It’s terrifying not knowing if you’ll wake up tomorrow, as you fall asleep to the sounds of rockets and explosions. Terrifying to think about the children — and their parents. Terrifying for the young boys leaving for the front. Who could have thought that a single night at 4 a.m. would change the fate of so many? The deafening sirens, the distant booms of explosions, the screams outside — you press yourself deeper into bed, covering your head, whispering: “Everything will be okay… at least I hope so”. Over time, the scariest thing becomes how used to it you get. You stop reacting to air raid alerts. You hear a quiet explosion and tell yourself: “Okay, not too close — not that bad”. Even when the blasts are near, you don’t sacrifice sleep — because tomorrow you have school. But that numbness shatters the next morning, when you see the number of those killed and wounded. And your heart is drowned in pain. Betrayal from Within. There’s another kind of horror: betrayal by your own people. Some Ukrainians share information with the enemy, point out key targets, even set fire to military vehicles. It’s heartbreaking — your own turning on you — at a time when unity could mean survival. The War Crimes No One Wants to Hear About. There’s something you cannot ignore when talking about Russia’s war in Ukraine — the war crimes committed by Russian soldiers. Brutal rapes of women, children, and men. Torture. Executions. These crimes go unpunished — carried out by men with rifles, sent under the false pretense of “liberation.”
But what kind of “liberation” means death, terror, and destruction? There are many questions. And painfully few answers — once you strip away the propaganda. The truth is always nearby. You just have to look for it. Glory to Ukraine.
When You Stop Talking About War, It Becomes Normal
By Yuliia, born in Kirovsk (Luhansk region), now living in France
The war in Ukraine didn’t start in 2022. It began in 2014 — quietly, gradually, and almost invisibly to the rest of the world. Back then, many people chose to look away. It seemed like a “local conflict”, “internal disagreements”, “something complicated”. But thousands were already losing their homes, their families, their lives. And the world stayed silent. Now, when rockets fall on cities, when schools and hospitals become targets, when millions of Ukrainians flee their homes — the horror is impossible to ignore.

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Yet still, too many people turn away. Those who are tired of the news. Those who say, “Politics isn’t my thing”. Those who search for “both sides” in a war where there is a clear aggressor and a clear victim. But silence is also a choice. And often — a choice in favor of evil. War Is Also Silence. You cannot stay silent when people are being murdered. You cannot stay silent when foreign soldiers seize cities and call it “liberation.”
You cannot stay silent when millions live in fear and lose everything. War isn’t just tanks and bullets. It’s also the silence in which truth vanishes. And while some remain silent, others lose their homes, their children — themselves. The Cost of Silence. Ukrainians aren’t just fighting for land. They are fighting for the right to live. For the right to speak their language. For the right to be free. They are fighting so their children can wake up to the sound of an alarm clock — not an air raid siren. To the smell of fresh bread — not smoke and blood.
If you stay silent today, thinking this war isn’t yours — tomorrow, it may come knocking on your door. Evil knows no borders. If you don’t stop it, it spreads.
Say Something. Anything. Just Don’t Stay Silent. Even when it’s hard. Even when it feels like your words won’t change anything. Because words come first — and then action. And silence, sadly, is also action. The choice is yours. Truth and honor are always on the side of Ukraine.
IL CURATORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
“Il male non conosce confini. Se non lo fermi, si diffonde.”
Non ci scordiamo che questi signori occupavano mezza Europa fino a 40 anni fa, e non mi risulta che abbiano portato felicità e innovazione, ma solo oppressione. Una nazione come la Russia, dove le persone hanno redditi ridicoli e tutto finisce in mano a pochi oligarchi, però trova sempre la scusa per espandersi.
Almeno avesse garantito il benessere ai suoi, altri stati farebbero la fila, farebbero loro stessi domanda di adesione alla federazione, pensiamo agli Stati Uniti, ai quali molti stati hanno fatto domanda di adesione, come il Texas che faceva parte del Messico.
Invece chiediamoci come mai con la Russia non ci voglia stare nessuno, tutti vogliano uscire, tutti vogliono scappare, nessuno vuole imparare la loro lingua spontaneamente, devono obbligarti coi carri armati, devono costruire muri per tenere le persone incastrate.
Imparassero a governare in modo decente la loro nazione, e poi non avranno bisogno di fare guerre per espandersi, saranno i popoli adiacenti a voler entrare nella Russia, allo stesso modo in cui molti fanno domanda di adesione all’UE.