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PERCHÉ NON SI PUÒ QUASI MAI AVERE UN DIBATTITO POLITICO SERIO (di Matteo Fais)

Una delle critiche che ci viene mossa con maggiore frequenza è di liquidare gli avversari politici accusandoli di essere mentalmente instabili. Al netto dell’iperbole, la considerazione alla base è più semplice ed evidente di quanto si possa pensare: il motivo delle posizioni ideologiche portate avanti dalla pubblica opinione, nei suoi diversi orientamenti, non è dettata da considerazioni di carattere meramente razionale, ma sovente idiosincratico.

In un romanzo minore della sua produzione, Alberto Moravia fa interrogare il protagonista sul perché sia comunista e lui stesso non riesce comprendere se il proprio desiderio di palingenesi dell’umanità sia dettato da una sincera volontà di combattere le ingiustizie sociali o dal fatto che lui non sia riuscito a guadagnare una posizione dominante all’interno del sistema.

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Ecco, fondamentalmente, ogni discorso politico da talk show, e in special modo da social, risulta inutile per tal motivo: la gente non usa la ragione per proporre la migliore soluzione possibile bensì, nella più rosea delle ipotesi, piega la razionalità alla ricerca di tutte le soluzioni più convincenti per giustificare la propria posizione.

Se si ascolta un uomo di estrema Destra, si vedrà che questo sovente mette sul tavolo argomentazioni non del tutto cretine contro l’immigrazione. Ma perché per lui i flussi migratori, regolari o meno poco importa, sono un problema, anzi il più grande? Anche quando lo nasconde con la migliore recitazione, è perché odia gli stranieri – in special modo i neri. Similmente, l’uomo medio di Sinistra, umanitario quanto basta per sentirsi superiore agli altri, arriverebbe addirittura a inventarsi che, gente senza né arte né parte, possa davvero venire qui a pagarci le pensioni – ovviamente, che poi si possa anche accettare l’idea di accogliere chi fugge da una guerra, spendendo l’impossibile, quando questa sia realmente in corso, è un altro paio di maniche che, adesso, non avrebbe senso discutere.

I due opposti estremismi appena descritti, per quanto impossibili da non considerare, sono, a livello di pensiero, ben poco rilevanti, poiché risultano, sul piano genealogico, fondati intorno a questioni sentimentali che ne inficiano il valore e il peso.

È uscita la seconda raccolta poetica di Matteo Fais, Preghiere per cellule impazzite (Connessioni Editore, collana “Scavi Urbani), ed è disponibile in formato cartaceo e ebook:
(cartaceo 12 euro)
(ebook 5 euro – gratuito per gli abbonati a Kindle Unlimited)

Se volete, è un po’ come dire che chi nasce ereditando un vastissimo patrimonio sarà presumibilmente a favore di una tassazione bassa dei beni vari, mentre chi è cresciuto in una famiglia senza il becco di un quattrino griderà in piazza per avere la redistribuzione. Naturalmente, nessuno di loro può essere preso sul serio perché, a livello ideologico, non difende un’idea, ma un interesse. Entrambi non ricercano la giustizia, ma il beneficio personale. Non sono neppure utilitaristi – cioè il massimo del benessere per il maggior numero di persone – ma proprio, come si diceva sopra, idiosincratici.

Ciò non stupisca: tutti i movimenti, o sottoculture, che oggi trionfano sul web, come quelli maschili, o quelli femminili – o meglio femministi – sono portati avanti da soggetti che hanno problemi con il sesso opposto. La donna, che ha un trauma irrisolto nei confronti della figura paterna, odia gli uomini e supporta un’impostazione della società penalizzante per questi ultimi; proprio come l’incel, eternamente respinto dalle donne, ne vuole limitare la libertà e accampa fantomatici diritti naturali al sesso.

In ultimo, e in estrema sintesi, è per questo che la maggior parte dei discorsi politici può essere detta tale solo se superficialmente considerata, perché si riduce a razionalizzazione delle proprie paturnie o interessi che dir si voglia. Ed è per tal motivo che molti soggetti possono facilmente mascherare i propri problemi dietro una costruzione di rispettabilità ideologica. Possono, per esempio, far finta di avere a cuore le sorti di un popolo, secondo loro massacrato ingiustamente, semplicemente perché questo li solleva dal dichiararsi dei miserabili consumisti che vivono beatamente la propria superficialità. Gli esempi, ovviamente, potrebbero moltiplicarsi all’infinito.

Naturalmente, nella vita reale, è praticamente impossibile trovare persone le cui posizioni siano indipendenti dal proprio vissuto o condizione esistenziale contingente. Cionondimeno, proprio per non essere qualunquisti, bisogna sottolineare che, se la maggior parte è così, sono esistiti tanti uomini – menti eccelse – che hanno cercato di pensare al mondo astraendo da sé stessi, dalla propria particolare fortuna o sfortuna. Basti pensare a John Rawls, il quale, nel delineare un percorso di costruzione della società giusta, avanza l’idea del “velo di ignoranza”, ovvero la teoria ideale, secondo cui, il legislatore dovrebbe porsi in una condizione tale da non sapere niente della sua posizione di partenza.

È uscito l’undicesimo numero di “Il Detonatore Magazine”: https://www.calameo.com/read/00774819711c36dcf8adc

Il discrimine tra una teoria sana e una irrimediabilmente compromessa sta nel pensare non in ragione del proprio personale tornaconto, economico e umano, ma nel (cercare di) farlo con l’intento di perseguire una ragione che ci trascenda. Se non so quale fetta della torta mi toccherà, cercherò di tagliarle tutte, per quanto possibile, della stessa grandezza, in modo da non creare squilibri. Così facendo, il soggetto persegue una idea di giustizia che, se è pur vero che lo contempla, al contempo lo trascende e volge potenzialmente tanto a suo favore quanto verso quello altrui.

Non è questa la sede per approfondire il filosofo americano, il cui esempio è servito unicamente per spiegare come mai la maggior parte dei discorsi politici che vengono fatti siano poco più di una perdita di tempo. Semplicemente, a livello di generalogia della politica, questi sono maschere che nascondono un soggetto che cerca di giustificare sé stesso. Il padrone degli schiavi motiva la sua pratica con la falsa idea dell’inferiorità dei neri. Il nero, prostrato dalla fatica, dice di sognare una società di pari, ma se potesse farebbe piegare sotto il giogo i suo fratelli bianchi – e, nella storia, in effetti, esistono dei neri che hanno schiavizzato i propri simili. Quasi nessuno dice che la schiavitù è sbagliata perché non vi è uomo che meriterebbe le catene e la schiena devastata dalla frusta, così che qualcun altro possa essere sollevato da ogni fatica e che, invece, questa dovrebbe essere condivisa e ripartita, in una società giusta.

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Se intervistate un convinto animalista, costui vi direbbe che gli allevamenti intensivi e la caccia sono il flagello principale, nella storia dell’umanità, cosa che nessuna persona che usi il cervello, in luogo dello stomaco, con le sue simpatie personali, potrebbe ragionevolmente additare.

Dunque, sì, parlare di politica, con il 90% degli italiani vuol dire sprecare tempo. Può servire solo per conoscere il loro livello di distorsione psichiatrica. Perciò abbiamo detto tante volte che, con certi, la faccenda non è mai ideologica, bensì psichiatrica. Un occidentale – pur con tutti i limiti della sua parte di mondo –, che idolatra Putin e la Corea del Nord, non ragiona su base razionale. Più probabilmente, ha problemi con la figura paterna e proietta in uno Stato Etico la soddisfazione di certe necessità perverse – come farsi dominare. O, a volte, soddisfa in forma sublimata, e ovviamente malata, il proprio desiderio di ordine e semplicità che gli serve per contenere l’ansia sociale data da un sistema complesso, sognando che in questi universi esotici esista finalmente lo spazio in cui lui sarà parte rilevante senza attriti e sofferenze.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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