Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

L’UOMO CHE HA UCCISO I MASS MEDIA (di Matteo Fais)

La cosa è abbastanza chiara: Trump ha vinto, i media mainstream hanno miseramente perso. Questi ultimi pensavano ingenuamente di avere in mano un potere assoluto, neanche fossimo ancora negli anni ’80 o ’90, e si sono così ritrovati al capolinea.

Sono passati i tempi in cui Berlusconi, ben prima di scendere in politica, si era premurato di acquistare e far crescere, andando incontro ai gusti del pubblico, tutta una serie di televisioni e giornali. Oggi, non è più necessario svolgere certe compere e mantenere tutta una corte di nani e ballerine sotto la propria protezione.

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Elon Musk, non troppi anni addietro, fa suo Twitter, lo chiama X, e non ha neppure bisogno di finanziare una serie di giornalisti disposti a passare anche sopra il cadavere della propria madre in cambio della pagnotta. Gli basta lasciare campo libero a complottisti e disagiati vari che non aspettavano altro per poter dare sfogo alla propria, direbbero loro, “sete di libertà”.

Inutile anche precisare che tale concezione è al di là di ogni logica e razionalità. Non esiste libertà senza responsabilità. Poter dire qualsiasi cosa che passa per la testa, senza fornire prove, su uno spazio in cui potenzialmente si potrebbe essere letti in ogni parte del mondo, non è libertà d’espressione ma inquinamento dei pozzi. Diverso è poter avanzare un proprio sospetto, paura o fantasia con un amico al bar, senza timore di essere ascoltati dalla Gestapo o dalla polizia politica staliniana. In quel caso si tratterebbe di una sana forma di libertà d’opinione, fondamentale in una democrazia liberale.

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Quelle due simpatiche canaglie di Musk e Trump hanno sdoganato l’aberrazione di un free speech senza limiti. Naturalmente, non c’è da fidarsi. Come per la Sinistra, si sa che questa, a partire dai bolscevichi, ha difeso la libertà finché le ha fatto comodo per diffondere la propria ideologia, per poi sottrarla meglio agli oppositori.

Cionondimeno, è un dato: il nuovo Presidente degli Stati Uniti d’America ha fatto un culo tanto al sistema dell’informazione classico, a tutti i giornali destinati alla gente per bene e rispettabile, quella che ha frequentato la scuola superiore, il college e che, di conseguenza, sa leggere – quindi non quelli di Destra, punto su cui la Sinistra non ha tutti i torti –, distinguere un’argomentazione moderata da una esaltazione sperticata e senza ragione, che è animata dai sentimenti tipici che segnano un’umanità cresciuta alla scrivania, senza sporcarsi troppo le mani.

Qualcuno gioirà di tutto ciò, specie le classi subalterne che hanno sempre considerato il lavoro intellettuale come un’attività da parassita sociale – anche in questo, è lapalissiano che, oggi come oggi, si tratta di quella white trash che vota a Destra, molto diversa dalle masse operaie che, in Europa, sostenevano la Sinistra e avevano il culto dell’intellettuale.

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L’unica riflessione da fare, a questo punto, ovvero alla fine della carta stampata e dell’informazione ufficiale, è se poi una simile situazione possa essere considerata davvero un fatto positivo, una liberazione, un reale rovesciamento del discorso del potere. Con buona pace dei subalterni e delle loro gioie da miserabili, no. La morte della stampa non ha niente di positivo. Non si può cancellare senza danni incalcolabili la vecchia e cara riflessione giornalistica, quella fatta come si conviene, da gente che sa davvero scrivere, pur essendo di parte, come tutti noi del resto. Un post su Facebook, un tweet di 160 parole, come pure l’articolo di un blogger da strapazzo, non sono la soluzione.

Per carità, è bellissima e assolutamente da difendere la postmoderna condizione che fa leggermente retrocedere le grandi narrazioni e permette il proliferare di tante voci. Eppure, è ben difficile trovare tutte queste Oriana Fallaci, Indro Montanelli, Giorgio Bocca, Umberto Eco e via dicendo tra i propri contatti social. Un giornalista ha l’obbligo di verificare le notizie che passa – attenzione, non voglio dire che non si siano mai vendute falsità –; deve indagare e riflettere prima di mettere per iscritto, non solo buttare giù alcune opinioni estemporanee. Prendete un qualsiasi articolo di una rivista seria, si tratti del “Newsweek”, del “New York Times”, come pure del ben più modesto e nostrano “Internazionale”, e poi provate a vedere quanti post allo stesso livello trovate, in un’intera giornata, sulla vostra timeline di Facebook.

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L’imbarbarimento sociale passa anche da qui, dal rifiuto delle masse di confrontarsi con un discorso non orizzontale, ma verticale, proveniente dall’alto che, per quanto drogato da interessi e compromissioni discutibili, ha una dignità e una costruzione a cui non arriverà mai il signor Mario Rossi, convinto alfiere del suo rutto libero scambiato per voce senza vincoli.

Musk sa benissimo tutto ciò, ma vuole far sentire anche l’uomo della strada protagonista, sfruttarlo per il proprio potere, consapevole del fatto che non dovrà neppure retribuirlo e dargli protezione, per scrivere certe porcherie. Lo farà lui stesso, autonomamente. Il tragico è che penserà di agire contro il sistema, senza capire neppure di essere stato, anche questa volta, assimilato.

Matteo Fais

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Telefono e WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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