Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

I NICE GUYS E “IL CORAGGIO DELLE PROPRIE EMOZIONI” (di Matteo Fais)

Nell’ambito della Manosphere, ovvero quella sottocultura che si muove prevalentemente su internet, occupandosi di problematiche dell’universo maschile, in una sorta di grottesco rovesciamento dei gruppi di autoconsapevolezza femministi, circola da sempre un meme relativo alla questione del famoso “coraggio delle proprie emozioni”, sul quale tutti si fanno di solito grasse risate.

A quanto pare le donne, interrogate in merito a che cosa smuova la loro attenzione in un uomo, ripetono sempre una formula che solo apparentemente fa sorridere, ovvero appunto “il coraggio delle sue emozioni”.

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Al netto del fatto che, ovviamente, le modelle che vanno con Leonardo di Caprio sono interessate prevalentemente al suo status, cioè l’essere un noto e ricco attore, nel mondo delle persone comuni, le dinamiche che vigono sono leggermente diverse, esiste cioè un margine di manovra per conquistare una donna che non sia immediatamente convinta dalle attenzioni di un potenziale partner – si tenga sempre a mente che, comunque, è praticamente impossibile convincere una persona totalmente disinteressata, esattamente come è impossibile vendere libri di poesia a un analfabeta.

Detto ciò, il coraggio delle proprie emozioni esiste ed è profondamente impattante nei legami sociali che tentiamo di stabilire. Per esempio, vi siete mai chiesti che cosa indisponga tanto di una persona politicamente corretta? È molto semplice: il suo essere palesemente menzognera. Il tipico individuo woke, infatti, non è uno civile, educato, che evita il turpiloquio gratuito, la volgarità fine a sé stessa e l’attacco personale prossimo al bullismo. Lui si controlla, palesemente forza sé stesso a essere in un certo modo, a non pronunciare determinate parole arbitrariamente considerate offensive a prescindere dal contesto in cui sono inserite. È questo a far girare le palle del soggetto in questione, il suo non avere il coraggio di dire quello che pensa e la volontà di autocensurarsi. Non vi è onestà da parte sua, trasparenza, e ciò che porta in scena è uno spettacolo di pietosa contrizione.

Il Nice Guy, o bravo ragazzo che dir si voglia, quello che con le donne è un profluvio di complimenti e carinerie, di attenzioni non richieste verso qualsiasi femmina, è in tutto e per tutto affine al soggetto politicamente corretto. È smaccatamente falso e molto meno nice di quanto sembri, tanto da prendere alle ovaie a colei che è oggetto delle sue avances. D’accordo che andare da una e dirle, così a bruciapelo, “vorrei sbatterti la minchia in faccia” non è esattamente il massimo della forma lirica, ma pure buttarla sull’etereità e la contemplazione del volto virginale di Madonna Laura fa venire il latte alle ginocchia, tanto più che nessuna crederà mai – giustamente – che non ci sia anche una sana volontà di scoparla, dietro tutto quel ricamare romanticheggiante.

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Si aggiunga a ciò, tra parentesi, il fatto che anche la più scema, quando si sente dire da 50 ragazzi “Sei la più bella”, ben sapendo di non esserlo, si rende conto di essere vittima di una colossale presa per il culo e reagisce male. Esaltare una tizia, a prescindere, è poco probabile che dia risultati, specie quando si è in tanti a farlo. Sarebbe come sentirsi lodare da 500 datori di lavoro e, poi, non avere un’assunzione a tempo indeterminato che una. Alla fine, ci arriva anche lei a intendere che le state vendendo fuffa.

Sempre il Nice Guy, tra le altre cose, diversamente dal Bad Boy, è il tipico personaggio che, nove volte su dieci, è tale solo perché non può fare il villain, il furfante, il filibustiere come si diceva una volta. Ma quando uno vorrebbe essere quello sicuro di sé e, non trovando il coraggio per mettere in atto certi atteggiamenti, ripiega su un approccio blando e in tono minore, ciò si nota e dà decisamente fastidio.

Tendenzialmente, quando la parte più oscura del proprio sé è fortemente repressa e tenuta nascosta sotto il tappeto di un’apparenza bonaria e conciliante, ciò si avverte, come uno stridere seccante nell’orecchio.

E, in effetti, il Nice Guy è, a osservarlo attentamente, un essere con un profondo disagio che si manifesta in mille declinazioni. Il suo modo di stare al mondo, di alzarsi, sedersi, prendere il bicchiere, o mangiare fa trasparire un senso di inadeguatezza rispetto a sé stesso e al proprio corpo. La sua umiltà, il suo muoversi ai margini della scena, sono una colossale farsa. È solo un debole, uno che, per non essere sconfitto, sceglie di non partecipare neppure al gioco.

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Quest’essere un po’ patetico e meschino, che vorrebbe ricevere amore in cambio di una recitina dei buoni sentimenti, chiede di essere schiacciato, di venir trattato da zerbino e friendzonato. Come in una rissa da strada, il suo frignare per essere risparmiato è proprio quello che fa partire il ceffone, lì dove un energico “Che cazzo vuoi, levati” gli darebbe un minimo di dignità di fronte all’avversario.

Chi vuole vivere nascosto, schermandosi, senza mai correre il rischio di sbucciarsi le ginocchia è abbastanza ovvio che con le donne non vada da nessuna parte. Non ispira sicurezza. Non si può fare il predatore, se non si vogliono tirare fuori i canini e le unghie.

Con ciò non si sta certo invitando a divenire molesti, petulanti, e meno che mai brutali. Anzi, al contrario, il tipico ragazzo insicuro è proprio quello che reagisce insultando, dando di matto, adottando la via della presa per il culo in branco in luogo della risposta seria, quando gli si fa notare i suoi limiti. La sua rabbia è una manifestazione di debolezza, non di potenza. Un uomo sicuro replica punto su punto, non si fa forte del suo seguito, non perde il controllo.

La verità sulla maggior parte di questi uomini che si riuniscono in gruppi di autoaiuto – che, in realtà, sono solo eco chamber in cui trovare giustificazione del proprio malessere – è che non sono vittime della selettività femminile più di quanto non lo siano di sé stessi e di timori mai superati. Certo, poi, se uno spera di competere con un giocatore di Serie A, si tratta di una battaglia persa in partenza. Loro non hanno bisogno del coraggio delle proprie emozioni perché l’hanno già ampiamente dimostrato, arrivando dove sono arrivati – perché, indiscutibilmente, per emergere in uno sport, oltre alla dote naturale, ci vuole una notevole disciplina.

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Prevedendo le obiezioni, meglio precisare che non si vuole certo asserire che, per conquistare una donna, basti adottare la tattica della totale trasparenza, dello spiattellare il proprio sentire senza filtri – qualsiasi dialogo con l’altro è una negoziazione. Si può sempre, peraltro, essere respinti. Semplicemente, ciò che si sta sostenendo è che recitare una parte, e farlo male, crea solo imbarazzo e mette in cattiva luce. La strategia dell’umiltà ad ogni costo è palesemente una distorsione educativa della buona società e, sovente, sfocia nell’autosabottaggio. Nessuno crederà mai a una persona che, per prima, non crede in ciò che ha da offrire. Chi si loda si imbroda, ma non è che chi si cosparge il capo di cenere per ogni cosa che dice o fa risulti maggiormente apprezzabile e, meno che mai, attraente.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)

2 commenti su “I NICE GUYS E “IL CORAGGIO DELLE PROPRIE EMOZIONI” (di Matteo Fais)

  1. Aggiungiamo anche cosa significa essere uomo. La donna è attratta dall’uomo forte e dominante, chiediamoci perché leggono 50 sfumature di grigio. Non significa che bisogni calpestare una donna ma significa che un uomo forte e sicuro di sé avrà più chance di un ragazzino piagnone a parità di status sociale e bellezza. Il maschio alfa si riproduce e i beta si estinguono, questo accade in tutte le specie.

    I simp del cazzo che sbavano dietro a ogni foto postata sui social hanno meno probabilità di chiunque di essere presi sul serio se non da una donna che sia realmente disperata, basterà il primo uomo risolto di turno a soffiargliela via.

    Si passa dal finto coach che vuole convincerti che puoi rimorchiare Monica Bellucci come se fosse la commessa del bar sotto casa al forum di sfigati che si piangono addosso perché nessuna glie la da pur essendo “bravi ragazzi”. In nessuno di questi eccessi c è la verità.

  2. Figlioli, una è la cosa, e non serve la “redpill” per rendersene conto:
    se uno è Brad Pitt, scopa.
    Se è Jimmy il fenomeno, invece, no.

    Se si colloca nel mezzo, scoperà solo allorquando le femmine, essendosi accorte, da un lato, che tutti i Brad Pitt della situazione sono già occupati e, dall’altro, che le lancette dell’orologio biologico girano vorticosamente, si risolveranno a ripiegare su di lui.

    Lo spazio di manovra dato dal “saperci fare”, se esiste, è molto, molto limitato.
    Chi riesce a scopare ama autoconvincersi di possedere tale mitologica virtù in quanto realizzare che:
    a) il proprio successo è dovuto al mero culo di essere nato con le caratteristiche giuste;
    oppure, peggio,
    b) in realtà è solo il ripiego di una che tromba con lui perché nessun altro ne voleva sapere di accollarsela
    non ha effetti altrettanto benefici sull’autostima. Meglio allora raccontarsi che “ci sai fare”. Almeno sino a quando resterà con te.

    Ergo, figliuoli miei carissimi, date retta appapà: se non siete Brad Pitt, andate a troie, che fate prima.

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