TAYLOR SWIFT E LA CARICA DELLE GATTARE (di Matteo Fais)
Siamo circondati da queste childless cat lady, come si firma Taylor Swift, nel suo post, a sostegno della candidata americana Kamala Harris. Noi le chiamiamo, con un neologismo, gattare.
Si tratta di tutto il manipolo di sognanti rompicoglioni over 30 che, dopo una vita di ampia libertà e gran sollazzo, si sveglia di soprassalto, al ticchettare angosciante dell’orologio biologico, e ancora vorrebbe il meglio dall’altro sesso.
“Ci basterebbe un Brad Pitt trentenne”, sembrano dire, “muscoloso e danaroso, per deliziarci l’imminente vecchiaia, per accarezzarci dolcemente la cellulite sulle cosce, per baciarci il lasco Traforo del Brennero”.
Sorry, big sisters, il treno è passato. L’uomo che agognate, quando esiste, pensa giustamente alle ventenni, non alle cascanti. Spiace.
Naturalmente, se ne rendono conto anche loro. Così, senza vergogna, frignano che non ci sono più i maschi di una volta – che, tra parentesi, non erano né fessi né cucconi e, infatti, si prendevano una con due decenni in meno. Ridotte all’impotenza, si risolvono a riempire il proprio monolocale di chincaglieria e gatti, per far fronte alla solitudine.
Secondo la cantante, è a queste disadattate che il prossimo Presidente degli Stati Uniti d’America dovrebbe pensare. E già, perché loro vorrebbero giocarsi le ultime mestruazioni per fare un figlio con strane forme di inseminazione artificiale. La scienza dovrebbe piegarsi alle loro intemperanze uterine, così come la politica.
Purtroppo, decenni di esaltazione patologica del femminile – “è brava perché donna”, “puoi tutto perché vaginomunita” – ci hanno portati a questa delirante situazione di un genere sessuale che crede realmente di poter plasmare l’universo al proprio capriccio.
Una cosa è certa: finirà male, se non peggio. Un giorno, quasi come in La fabbrica delle mogli di Ira Levin, ci dovremo comprare un robot per compagna, perché ogni sottosviluppata mitomane si convincerà di essere troppo per noi comuni mortali. Oppure, ci sarà un’intelligenza artificiale con cui chiavare tramite tuta collegata al computer.
Frattanto, le preziosissime si compreranno il figlio dei loro sogni su Amazon, tra una consegna di JustEat e l’altra, mentre tengono per la zampetta Silvestro che siede con loro sul divano, a guardare una serie Netflix intitolata Tu vali più del più, storia di una sciampista che era troppo anche per restare nella propria pelle e, pertanto, ha costruito una chiesa in cui venera la propria stessa immagine.
Poco ma sicuro, dal fronte progressista occidentale, si leverà il grido “Gattare di tutto il mondo, unitevi!”.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Ma le donne fanno bene a voler vivere senza uomini.
Piuttosto siamo noi a dover capire, una buona volta, di non aver alcun bisogno di loro per sentirci felici e realizzati; la cosa è pure abbastanza ovvia, posto che, al contrario, il più delle volte le vaginomunite rappresentano la maggior fonte di inutili preoccupazioni e grattacapi nelle vite maschili.
Un uomo non ha alcun bisogno di una donna al proprio fianco. E viceversa.
Come dite? I figli?
Ah beh… presumo un giorno verranno prodotti attraverso uteri artificiali.
O forse, più banalmente, ci estingueremo.
E anche qui, in tutta franchezza, non vedo il problema.
Ciò che la gattara media non capisce è che Taylor Swift invecchierà piena di soldi servita e riverita da badanti, maggiordomi e toy boy.
Mentre la gattara media probabilmente morirà da sola senza figli dovendo lavorare ancora a 70 anni per mantenersi.
Il voler imitare i modelli e le mode dei ricchi quando si è poveri è estremamente pericoloso