NON SOPPORTO PIÙ SUSANNA TAMARO E TUTTI QUESTI VECCHI TROMBONI (di Matteo Fais)
Una delle cose più insopportabili di questa società oppressa dal benessere è la presenza di tutti questi tromboni – più o meno vecchi e giovani -, tipo Susanna Tamaro.
Anche ieri, l’ultima intellettuale conservatrice – light – si è esibita sul “Corriere” nel suo consueto minestrone di idee, in cui ha preso di mira tutto – e con questo termine si intende dire proprio qualsiasi aspetto del nostro tempo -, con quel tipico tono qualunquista e querulo (https://www.corriere.it/cronache/24_settembre_04/bimbo-perfetto-tamaro-5d0e8bf2-00e4-456e-9c42-6586697cfxlk.shtml).
Niente va bene, secondo lei: i giovani sono viziati, senza morale, hanno il telefonino, sono iperconnessi, si fanno le canne e, poi, compiono stragi, come quella dell’altro giorno a Paderno Dugnano. È passata dall’una all’altra questione con l’agilità di un funambolo del Circo Togni.
Come ogni volta, però, il suo discorso si riduceva alla lagna della vecchietta al mercato che, tra una busta di ravanelli e l’altra di lattuga, tuona alla sua conoscente che “Non c’è più religione, signora mia”. Che angoscia, è sempre il solito ritornello, una tarantella che, a ballarla, fa spezzare le gambe!
Sono almeno trent’anni che ci rompono i coglioni con questa demonizzazione del telefonino che, in realtà, ci avrebbe resi sempre più soli, invece di avvicinarci e balle varie. Tutti questi uccelli del malaugurio che rimpiangono i gettoni e la cabina telefonica, con la gratuità delle loro sparate, hanno fracassato i santissimi. Senza internet e lo smartphone vivremmo in un 1984 ancora peggiore di quello in cui siamo immersi. Durante la pandemia, senza i vari social, non ci saremmo mai potuti incontrare in piazza per opporre il nostro sacrosanto dissenso alla violenza di Stato.
I matusa non hanno la benché minima idea, chiusi come sono nel loro nostalgismo da nonnini rincoglioniti, di cosa sarebbe il mondo senza questo fantastico moltiplicarsi e sovrapporsi di voci grazie a cui, oggi come oggi, si posso avere notizie di tutti i tipi, dall’ultima uscita letteraria di un autore che si è autopubblicato il libro in Australia, fino al fatto di cronaca della mia città. Oggi, posso leggere “The American Poetry Review”, della cui esistenza neppure ero a conoscenza negli anni ‘90. Adesso, è Facebook, tramite i miei contatti, a segnalarmi persino l’ultimo numero di “Poesia” di Crocetti.
Grazie ai social ho conosciuto autori geniali e persone uniche, gente che vive dall’altra parte dello Stivale – quando non dell’oceano -, con cui mi confronto da anni, quasi quotidianamente, a mezzo di quel comodissimo strumento che tutti quanti ci portiamo sempre in tasca. Solo 3 decenni fa, non avrei mai appreso della loro esistenza e questi della mia.
Se hai qualcosa da dire e da realizzare, questo tempo è stupendo: puoi registrare un album, che un tempo sarebbe costato milioni, in casa, con pochi mila euro; fare un magazine come il nostro, con un programma che costa 34 euro – licenza a vita -; ascoltare tutta la musica che preferisci; comprare un libro in India, o averlo con un click in ebook.
La cosa più comica in tutto ciò è che a ogni passaggio temporale c’è stato qualcuno che si lamentava a tutto spiano di quanto la tecnologia ci abbia mutati, rovinando la società, pur avendo portato tanti progressi scientifici, come riconosce di passaggio anche la Tamaro. La cosiddetta critica al mondo moderno non è mai finita, ed è giunta fino al punto ridicolo in cui, quello che un tempo veniva considerato eccessivamente avanti, attualmente viene spacciato per tradizione da rimpiangere.
L’unica cosa su cui la Susanna nazionale ha vagamente ragione è che a tanti sviluppi non corrisponde un parallelo avanzamento morale dell’umanità. Bella scoperta dell’acqua calda! L’umanità non muta, se non una minima parte, quella meno considerata dagli altri esseri umani. Solitamente si tratta della porzione che più trae beneficio dagli avanzamenti tecnologici, perché sa sfruttarli per diffondere concetti a cui nessuno vuole prestare ascolto.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).