CON ISRAELE, SENZA SE E SENZA MA (di Alex Vön Punk)
Nuovo attacco da parte di Hamas nei confronti di Israele, si contano 250 morti e 1.450 feriti. Un’operazione militare che ferisce al cuore l’unico alfiere della democrazia mediorientale. E non si sono limitati a mettere in atto questa infame aggressione, spingendosi fino a sequestrare civili che sono stati trascinati con la forza a Gaza.
La storia di questa guerra affonda le sue radici nella creazione stessa della Nazione Sionista. Essa, infatti, vive nel conflitto fin dalla sua fondazione nel 1948.
Bisogna chiarire subito una cosa, scomoda probabilmente, ma che deve essere sottolineata, ovvero che mentre abbiamo più di 3000 anni di storia documentata su cosa accadde nella zona di Israele e Nazioni confinanti, non esiste alcuna traccia reale dell’esistenza di un popolo palestinese fino al 1967. Esso è una creazione politica, non è mai esistito. Difendere la sua causa sarebbe come appoggiare quella del Regno di Hogwarts – pura fantasia partorita dagli abili propagandisti arabi.
La Palestina non ha mai rappresentato uno Stato indipendente, e non è mai esistito un popolo inteso come gruppo nazionale distinto. Non ne fanno menzione Greci, Romani, Persiani, Arabi e meno che mai la Lega delle Nazioni (la progenitrice dell’Onu).
Chiarito questo punto, possiamo tornare ai giorni nostri. Se, nella tanto odiata Israele, gli arabi sono perfettamente integrati, essendo rappresentati nella Knesset, e avendo il diritto di manifestare il loro dissenso – tra i tanti viene in mente Ayman Odeh, leader del Partito Comunista d’Israele -, non si può dire lo stesso per la terra palestinese dove, fin dalla più tenera età, viene insegnato ai bambini il culto dell’odio, e dove Hamas si comporta come una qualsiasi organizzazione mafiosa.
Per fare un esempio, se Israele non impone alcun imposta sulle materie che entrano a Gaza, Hamas al contrario pretende una quota su tutto quello che passa il confine, che siano aiuti umanitari, prodotti per l’edilizia o altro poco importa. Qualsiasi cosa in transito viene tassata da Hamas. Insomma, una specie di pizzo che varia tra il 25% e il 40%, a seconda della merce o soccorso.
Hamas è un orgazzazione islamica, un gruppo paramilitare nato nel 1987 e affonda le radici negli anni Settanta e nei Fratelli Musulmani. Nel corso degli anni, ha rivendicato numerosi attacchi contro Israele ed è stata designata come organizzazione terroristica dagli Stati Uniti, dall’Unione Europea e da Israele.
La chiave di volta, nel ragionamento sullo Stato ebraico, è mettere a confronto quello che rappresenta Israele come moderna Stato basato su principi democratici e le varie Nazioni islamiche sparse per il Globo.
Quello che chiedono i fantomatici palestinesi non è tanto il diritto ad esistere (nessuno mette in dubbio gli arabi sotto questo aspetto), ma a organizzare la società secondo una teocrazia islamica, con tutto ciò che ne consegue, diritti delle minoranze negate, ateismo messo al bando, donne brutalizzate.
Non si può escludere questa eventualità dal ragionamento, la creazione di un nuovo Stato islamico è una minaccia per il mondo libero. Ogni nuova dittatura che sorge indebolisce l’Occidente e non può essere tollerata, non si può concepire che il proprio vicino di casa sia armato e pronto a distruggerci, e non ci si può appellare al castrante porgere l’altra guancia. Occorre intervenire, talvolta anche preventivamente. Israele su questo è molto cauta, anche se c’è da sperare in una sua risposta con il pugno di ferro.
Un altro aspetto da considerare è il supporto che Hamas ha ricevuto da Hezbollah, il “partito di Dio” vicino all’Iran e nato sulla spinta della rivoluzione iraniana. Questo chiude un cerchio con la dittatura iraniana, nemico numero uno di Israele – Teheran infatti finanzia anche il Movimento per la Jihad in Palestina, responsabile di molti attacchi suicidi. Dall’Iran, sono arrivate a Gaza forniture d’armi sempre più sofisticate. E il timore è per i missili a lungo raggio di cui dispongono gli Hezbollah in Libano: armi ancora più temibili dei razzi di Gaza.
Israele quindi è assediata su più fronti, lo è da sempre, ma negli ultimi anni il fuoco incrociato si è intensificato. Da che parte stare?
Nel Bel Paese abbiamo il coro starnazzante delle cosiddette forze antisistema pronte ad entrare nella trincea dell’islamismo, da Destra a Sinistra senza distinzione. Il loro delirio anti-democratico li porta come sempre a solidarizzare, senza alcuno spirito critico, con ogni forza che si opponga a quello che l’Ayatollah Khamenei ha definito “il grande Satana”, l’Occidente – noi, tutti noi, anche chi gode delle nostre libertà ma lavora dall’interno per distruggerle.
Per un autentico liberale e libertario non dovrebbero esserci dubbi. Tel Aviv rappresenta un faro contro l’oscurità di religioni infami che non sono mai riuscite a fare i conti con il progresso, con la democrazia e con i nostri valori. Perché sì, i valori dello Stato Ebraico sono i nostri, combattono per quello che anche noi siamo, si battono come leoni contro iene per difendere la civiltà.
Alex Vön Punk
Email: vonpunk@tutanota.com
Telegram: @VonPunk
L’AUTORE
Alex Vön Punk viene costruito a Pisa negli anni ‘80. Bandito, cantante e scrittore di canzoni punk nella band pisana Enkymosis fino al 2009. Autodidatta d’assalto tra un lavoro precario e l’altro, grafico freelance, agitatore politico e provocatore di tendenze anarchiche, anti-autoritarie e federaliste, membro del Centro Studi Libertario “Società Aperta” che si occupa di libertarismo, diritti civili e della promozione del Reddito di Base Universale.
Difficilissimo sintetizzare la questione in un articolo. Però interessante analisi! Molti palestinesi (o qualunque popolo sia, stanziato in quelle zone) sognano di vivere in pace.
A parte la serie di falsità (storicamente ormai note come tali) elencate nello scritto soprastante, poiché Gaza è territorio palestinese, vige l’equazione, data dal diritto internazionale, Ucraina:Russia=Palestina:Israele.
Dopodiché confondere Israele con l’ebraismo è da fuori di testa. I rabbini, tanto per dire, pensano che Netanyahu sia un pessimo primo ministro.