IL MASSACRO COMUNISTA: DA POL POT ALLE ONG (di Davide Cavaliere)
È morto Kaing Guek Eav, l’accademico cambogiano divenuto rivoluzionario omicida. Sulle spalle del “compagno Duch” gravano sedicimila cadaveri, una frazione dei quasi due milioni di individui macellati dal regime comunista di Pol Pot.
La Cambogia bolscevica era un inferno in terra: svuotamento forzato dei centri urbani, confinamento della popolazione in enormi fattorie collettive, lavoro forzato, indottrinamento marxista, abolizione del denaro e della proprietà privata. Il tutto era supervisionato dall’Angkar Padevat, l’Organizzazione Rivoluzionaria Suprema, che tutto spiava con occhi di bambino, poiché i fanciulli venivano educati dal regime e usati come controllori della fedeltà rivoluzionaria dei genitori. Proprio come nell’incubo totalitario di George Orwell.
I khmer rossi misero in atto un genocidio di classe: tutti coloro che venivano considerati “nemici del popolo” finivano in una fossa comune. Gli occhiali da vista erano una manifestazione di “intellettualismo borghese”, bastava indossarli per ricevere una pallottola nella nuca. Il regime istituì i “Killing fields”, ovvero dei campi di sterminio per prigionieri politici, che inghiottirono centinaia di migliaia di uomini, donne e bambini. Nei campi esisteva “L’albero di Chankiri”, usato per sfracellare neonati e figli piccoli dei prigionieri, affinché “non crescessero e si vendicassero della morte dei loro genitori”.
La Kampuchea Democratica, ciò la Cambogia comunista, ha messo in scena il carnevale degli orrori caratteristico di tutti i totalitarismi rossi, dall’Unione Sovietica alla Cina maoista, passando per Cuba e la Corea del Nord. Pol Pot e Kaing Guek Eav erano la versione asiatica di Lenin e Trotsky, Stalin e Berija, Castro e Guevara, Togliatti e Toffanin e di tutti i rivoluzionari, marxisti e non, seduti su cataste di morti.
La convinzione di operare in nome del Progresso, della futura società perfetta, della liberazione definitiva dell’umanità produce mostri. Le peggiori atrocità trovano legittimazione e nobilitazione nel loro essere orientate al Bene e all’Avvenire. I rivoluzionari, i redentori sociali, gli affrancatori dell’uomo uccidono e dormono sonni tranquilli, perché sanno di essere dalla parte giusta della Storia e le grida delle madri di oggi saranno i loro sorrisi di domani. La violenza è catartica, marxianamente “levatrice della storia”. Il sangue è il combustibile che fa correre il treno del Progresso.
In Occidente sono pressoché scomparsi i comunisti e il loro terrore, ma lo spirito rivoluzionario aleggia sul nostro mondo. Da Black Lives Matter fino alle navi delle ONG nel Mediterraneo, la mentalità è la stessa. Gli iconoclasti e i pescatori di africani sono animati dalla convinzione di incarnare il mondo che verrà, di essere agenti di un futuro inevitabile e paradisiaco. Non più la società senza classi, ma quella dell’umanità: senza nazioni, confini, famiglie, mercato e memoria del passato colonialista. In America, i marxisti neri hanno già ucciso direttamente dei bianchi in nome della loro utopia e della loro giustizia. Al contrario, in Europa, i progressisti uccidono indirettamente, facendo entrare nel continente delinquenti, terroristi, lenoni, stupratori, trafficanti di droga, spacciandoli per “rifugiati”. Le vittime dell’immigrazione sono trattati come effetti collaterali, la società destinata a venire sarà colorata e perfetta. Il nuovo comunismo antirazzista e umanitario marcia spedito, il futuro sarà terribile.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais, del giornale online “Il Detonatore”.