COME LOTTARE PER LA PROPRIA LIBERTÀ SOCIAL (di Matteo Fais)
Più inutili dei nostri politici, ci sono solo tutti quei soggetti social – e sono tanti – che cercano in ogni modo di farvi credere che non esistano soluzioni di lotta realistiche contro le storture del Sistema intorno a noi.
Invero, grazie al cielo, vi è ancora un diritto che, almeno in parte, ci tutela, e ci garantisce alcune libertà. La gente convinta che queste siano poche, certo non fa niente perché aumentino. Invece di lottare, pignucola e si lamenta. Come se le conquiste di civiltà piovessero dal cielo e non fossero il risultato dell’impegno dei singoli.
Dei profeti di sventura non ce ne facciamo niente. Meglio avere uomini concreti che portano avanti lotte concrete. Per questo vorrei raccontarvi la storia di un avvocato che è anche, si dà il caso, il mio. Poche chiacchiere e molti scontri vinti. Grazie a lui, mi sono stati restituiti spazi social ingiustamente sottratti e ho messo a tacere qualche bulletto del web che pensava di sfottere, oltre ad aver fatto cagare sotto qualche stalker che credeva di potermi manovrare a suo piacimento.
Emanuele Fusi si è sempre dimostrato interessato alle battaglie per la libertà d’espressione e, negli ultimi anni di paranoia pandemica, ha difeso tante persone ingiustamente escluse dal lavoro per aver rifiutato il siero magico di Stato.
La sua ultima grande vittoria consiste nell’aver fatto ripristinare un account sospeso qualche anno addietro senza giusta causa. Come sta scritto nella sentenza: “Il ricorrente era utente dall’anno 2008 di Facebook, fino al mese 19 settembre 2019, ed è stato in contatto con circa altri quasi 800 c.d. amici, per mezzo del suo account personale. Il 09 settembre 2019 Facebook provvedeva a sospendere senza preavviso l’account dell’attore, il quale lo invita a segnalare una contestazione; lo stesso giorno Facebook invia una e-mail dove lo avvertiva che sarebbe stato ricontattato per aggiornarlo sulla situazione. Il giorno dopo, il 10.09.2019, Facebook invia al ricorrente una seconda e-mail dove lo avverte che “abbiamo stabilito che non puoi usare Facebook (…..) Purtroppo, per motivi di sicurezza, non possiamo fornirti altre informazioni sul motivo per cui il tuo account è stato disabilitato”. Aggiungendo, poi, che questa decisione sarebbe stata insindacabile.
Cosa fare di fronte a una situazione del genere? Semplice: quello che bisognerebbe fare in ogni eventualità in cui si verifichi un’ingiustizia, ovvero reagire, far valere i propri diritti. Perché, se nessuno si assume l’onere, questi continueranno a fare quel che preferiscono, in modo totalmente arbitrario e censorio.
E, infatti, anche questa volta, il tribunale ha dato ragione a Fusi, ritenendo che “Facebook non è riuscita a dimostrare il motivo legittimo per cui avrebbe eliminato il profilo dell’attore, e pertanto si è dimostrato che Facebook aveva agito illegittimamente violando le regole contrattuali, in quanto la eliminazione dell’account doveva essere motivata secondo gli articoli delle regole della Community. Cosi facendo, ha violato l’art.1218 c.c”.
Se tutti agissero in tal modo, se i tribunali fossero intasati dalle cause, forse i social non farebbero esattamente come cazzo gli pare. La libertà richiede il vostro impegno.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.
Bisognerebbe però anche ottenere la condanna del funzionario che ha gestito la pratica dentro la piattaforma altrimenti quelli continuano. Ma penso che se ne occuperanno i tribunali popolari tra non molto.