BUON COMPLEANNO, DOLCE LUDOVICO VAN, VIRILE OPPOSITORE DI QUESTO NOSTRO MONDO DECADENTE (di Davide Cavaliere)
“Alex ama Beethoven e ha usato la Nona Sinfonia come stimolante nelle sue fantasticherie violente. È stata questa la sua scelta, ma non c’era niente a impedirgli di usare quella musica come semplice consolazione o come immagine dell’ordine divino. Se, nel momento in cui inizia il suo condizionamento, non ha ancora fatto la scelta migliore non vuol dire che non la farà mai. Invece, con una terapia repulsiva che associa Beethoven alla violenza, la possibilità di quella scelta gli verrà portata via per sempre. È una punizione inaspettata ed equivale a derubare un essere umano – in modo stupido e noncurante – del suo diritto di godersi la visione divina. Perché c’è un bene che trascende il semplice bene etico, che è sempre esistenziale: c’è un bene essenziale, il riflesso di Dio che possiamo prefigurare piú nel gusto di una mela o nel suono della musica che in un semplice gesto o perfino nella carità” (Anthony Burgess, «Listener», 17 febbraio 1972).
Il 17 dicembre 1770, a Bonn, nacque Ludwig van Beethoven, un uomo destinato a rivoluzionare la musica e ad affermarsi come uno dei più grandi compositori della storia. Beethoven non fu solo un grande musicista, ma anche una persona profondamente coinvolta nelle vicende politiche del proprio tempo, alle quali si dedicò con passione e convinzione.
Figlio dell’Europa dei Lumi, il compositore tedesco studiava all’Università della sua città natale quando scoppiò la Rivoluzione, dalla quale si fece infiammare come numerosi altri giovani della sua generazione. Beethoven, per tutta la vita, nonostante la delusione napoleonica, credette negli ideali di libertà e fratellanza espressi dalla Rivoluzione francese. Essi gli fornirono la coscienza morale necessaria a scrivere per tutti gli uomini. Per la prima volta, la musica sinfonica uscì dall’ambiente aristocratico per diventare bandiera di ideali di libertà.
L’amore di Beethoven per tale sentimento è evidente in numerosi suoi capolavori, a cominciare dall’Ouverture dell’Egmont, composta per l’omonima opera di Goethe. Questa narra la storia del conte di Egmont, che sacrificò la sua vita per difendere la libertà della Fiandre in occasione della repressione spagnola attuata dal duca d’Alba. L’inizio crea un clima di angosciante oppressione. Segue il sorgere di una speranza e lo scatenarsi di una battaglia terribile tra libertà e tirannia. Alla fine, l’eroe muore ma i suoi ideali trionfano.
In piena Restaurazione rimase fedele ai suoi ideali repubblicani, che maturò per mezzo dei contatti coi francesi. Beethoven attaccò senza remore l’aristocrazia improduttiva, le repressioni poliziesche, il sistema penale corrotto e lo stesso Metternich. Il suo intimo amico Schindler disse che «gratificava il governo austriaco di tutte le ingiurie possibili», mentre si dimostrava interessato e affascinato dal modello inglese, al punto da ardere «dal desiderio di recarsi a Londra per vedere la Camera dei Comuni».
Minato da diversi problemi di salute, deluso dall’amore e dalla politica, fu, secondo la descrizione del Premio Nobel Rolland, «un essere disgraziato, povero, infermo, solitario, il dolore fatto uomo, un escluso dalla gioia del mondo», capace però di creare «esso stesso la Gioia per donarla ai suoi simili. La foggiò con la propria miseria, come lui medesimo ha detto in queste fiere parole, riassunto nella sua vita e motto di ogni anima eroica: Durch Leiden Freude (La gioia attraverso la sofferenza).
La sua opera più celebre, la Nona sinfonia, può essere infatti descritta come un confronto con l’ottusa miseria di una solitudine dolorosa. Al primo movimento («Allegro ma non troppo, un poco maestoso»), segue una lotta con quel dolore (secondo movimento, «Molto vivace»), per giungere poi a una riconciliazione con esso (terzo movimento, «Adagio molto e cantabile») e, infine, il movimento conclusivo, con la sua apertura corale a una Gioia paradisiaca, conquistata a fatica, sottratta, giorno dopo giorno, al male.
Titano della grande cultura europea, Beethoven è stato pervertito due volte. Prima dal nazismo – se non fosse per la sua incontestabile grandezza, oggi sarebbe sospetto e quasi inascoltabile come Zemlinsky. Poi dall’Unione europea e da tutti coloro che ne hanno fatto il musico dell’utopia di un’umanità universale, ignorando tutto ciò che in lui c’è di eroico, di passionale, di rabbioso, insomma, di tedesco. Il compositore, infatti, aveva la Germania incollata alle sue sinfonie. Né il nazionalismo né l’ingenuo umanitarismo rendono giustizia al grande artista. Il Beethoven suonato davanti alla commissione europea è ben lontano dal fuoco interiore che anima i busti di Antoine Bourdelle e dall’umanesimo di Romain Rolland.
Tutti coloro che amano la civiltà europea dovrebbe ascoltarlo, invece di leggere l’ennesimo libro sulla «decadenza». In lui si trova tutta la forza necessaria per prendere in mano il proprio destino e opporsi virilmente al proprio tempo. «O uomo, aiutati da solo!» soleva dire agli amici in difficoltà. Facciamo nostra la sua parola.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.