L’ULTIMO LIBRO DI CAROFIGLIO E (CARA)FIGLIA È DA NOBEL… PER LA BANALITÀ (di Matteo Fais)
Ci vorrebbe un Nobel, ma non per la Letteratura, altrimenti Philip Roth ritornerebbe dal regno dei morti per prendere a calci in culo l’Accademia di Svezia. Qui, il premio è da tributarsi alla capacità di assommare banalità su banalità, senza alcun senso critico e remora morale.
Se la buona educazione insegna a lavare in panni sporchi in famiglia, in casa Carofiglio, invece, il cattivo gusto induce a portarli alla lavanderia Einaudi ed esporli in bella vista per tutti. È così che i lettori si ritrovano tra le mani L’ora del caffe, scritto a quattro mani e in totale assenza di materia grigia con la figlia Giorgia.
Il testo è una sintesi di conversazioni sui più disparati argomenti di interesse comune (progressista) e porta come sottotitolo Manuale di conversazione per generazioni incompatibili, per quanto più che altro si risolva in un breviario dell’ovvietà e un bignamino del pensiero unico piddino, che sintetizza il quotidiano contenuto di giornali quali “La Stampa” e “La Repubblica”.
Naturalmente la trovata è quella di contemplare nel novero degli autori, senza che mai si capisca chi ha pensato cosa e chi cos’altro, anche la figlia – come se non ne avessimo già abbastanza del padre. La ragazza, bisogna riconoscerlo, mette da subito le mani avanti: “Diranno che è un ingiusto privilegio” – ma dai! E ha pure il coraggio di chiedergli “Perché vogliono me? […] “Perché vogliono me e non un’altra ragazza? Che ne so, una giornalista?”. Ma il top è la risposta del genitore 1: “Ma che dici? Sarebbero conversazioni figlia-padre. Ti consta che abbia altre figlie, magari che fanno le giornaliste?”. Consta? Ma come cazzo parla questo! C’è di buono che la giovane lo percula come se non ci fosse un domani. Entrambi convengono che la sua sia una “saggezza da Settimana Enigmistica”. Lei, poi, lo accusa di parlare come “in certi dibattiti televisivi”, insomma di essere irritante e di credersi ‘sto cazzo. Non c’è che dire, è degna figlia di cotanto padre, cioè una rompicoglioni.
I temi sul piatto, a ogni modo, sono tanti, troppi per poterli ripercorrere in ordine analitico senza che la palpebra si abbassi inesorabilmente – probabilmente per l’eternità. Manco a dirlo, si tratta di questioni trite e ritrite, a cui Carofiglio conferisce un patina intellettualistica spargendo sapientemente qua e là una qualche citazione filosofica da manuale. Il tono rasenta il melenso, stile maestro di vita alla Eugenio Scalfari.
Naturalmente, non poteva mancare qualche pagina di ecologismo declinato in salsa gretina, per inquinare il testo con le consuete banalità di repertorio. Ecco, dunque l’elogio degli studenti attivisti dei Fridays for Future (“I giovani che protestano perché si agisca in fretta contro il cambiamento climatico non sono idealisti: sono profondamente realisti. Lottano per un futuro abitabile”). Questi, tra l’altro, come tutti i rivoltosi climatizzati, ci rende noto l’autore, soffrono di un disturbo noto come eco-ansia (“Lo dimostra in special modo l’eco-ansia sempre più diffusa, l’apprensione paralizzante per l’emergenza climatica di cui molte persone – giovani, ma non solo – ormai soffrono”). In effetti, come dimenticare l’eco-ansia di quel ragazzino – giovane, ma già gran figlio della mignotta – che andava in giro, durante una manifestazione, con un cartello su cui stava scritto a caratteri cubitali “IL PRESERVATIVO INQUINA, FAI L’INGOIO” – e, diciamocelo, come non condividere la sua ansia oralmente sostenibile.
Sì, non si può certo dire che Carofiglio e (Cara)figlia non abbiano a cuore la questione ambientale. Perciò ci ricordano del “l’Overshoot day […] il giorno dell’anno in cui, se tutti vivessero consumando quanto noi occidentali, le risorse della terra, per l’anno in corso, si esaurirebbero”. Peccato che loro non diano il buon esempio e vogliano comunque vedere stampate le proprie trascurabili elucubrazioni, trasformando tanti alberi in carta straccia.
Dulcis in fundo, non poteva mancare una cospicua parte dedicata alla difesa delle donne che, non si capisce perché ma lui lo asserisce con apodittica perentorietà, sono “le più colpite dalla crisi climatica”. Sarà che ogni volta che una femmina parla, per via del famoso effetto farfalla, immediatamente, sopra di lei si sviluppa un temporale.
Per il resto, lo scrittore-magistrato auspica un mondo in cui “ci saranno donne ovunque, e dunque anche donne mediocri”, come vi sono tanti uomini altrettanto inutili in giro. Mica per niente lui ha coinvolto anche la figlia nella scrittura del testo, così da garantire una più equa e paritaria mediocrità.
Ma la cuspide di questo capolavoro è quando scrive che “alla velocità attuale, senza interventi diretti, la parità di genere sarà raggiunta tra più di un secolo”. Per fortuna e a Dio piacendo, tra più di un secolo, l’universo si sarà ampiamente dimenticato di tutte le stronzate scritte da lui e dalle varie generazioni che di cognome fanno Carofiglio.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
Se l’elite intellettualistica è questa sono quasi contento di stare in un fottuto magazzino a fare la media di ventimila passi al giorno.