Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LO SCRITTORE CHE ESALTA IL GREEN PASS, OVVIAMENTE SU “REPUBBLICA” (di Matteo Fais)

Tanto per cominciare, scrivono male. Sono sgraziati come l’ubriaco che non sta in piedi e si pone quale obiettivo di centrare l’albero nell’aiuola, con il getto di piscio. “Il Green Pass ha creato anche molte tensioni, ma nella sostanza ha cambiato la storia della pandemia. O meglio, sono i vaccini che l’hanno cambiata, è chiaro; ma il Green Pass, essendo la prova della vaccinazione, ha interpretato il ruolo del protagonista”. Sembra un romanzo storico di quarta categoria, o un libretto delle istruzioni scritto da un cinese scemo. Giulia De Lellis è più frizzante. È questo è stato candidato allo Strega. Il suo nome è tutto un programma: Francesco Piccolo – (c)nomen omen.

Ma al diavolo lo stile, perché i contenuti, se possibile, sono anche peggio, rasentano l’aberrante. Un supercazzola pro Green Pass tipica di chi non ha paura di mettersi in ridicolo – o di scrivere su “La Repubblica”, che poi è la stessa cosa.

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Piccol(issim)o si sente un responsabile, ciò è palpabile. Insomma, lui la mascherina non se la toglie, anche se è caduto l’obbligo. “Da un giorno all’altro, in un luogo chiuso e affollato, l’istinto è quello di tenerlo”: e noi pazzoidi che, invece, abbiamo sempre avuto la tendenza da nudisti di toglierci la mutandina facciale, di addurre scuse impossibili per non indossarla e, se ci siamo visti costretti, sotto minaccia, ci siamo anche mossi il più in fretta possibile per liberarcene subito. Ma vallo a spiegare a uno psicotico.

La sua vera fede e passione è comunque per il Green Pass. Addirittura, questo gli ha regalato “momenti di brividi felici”, roba che “non ce li dimenticheremo mai”. Avrà rimorchiato qualche figa, discutendo di vaccini e pass? Macché, lui era felice nel ricevere “il messaggio del Ministero della Salute o della Regione qualcosa che ti dava una password e tu con questa saresti entrato in possesso del Green Pass per mesi”. Pensate che disagio. Capirei essere un feticista e ricevere da una la foto dei piedi, ma gioire per il messaggio di un Ministero è una perversione davvero grave.

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Poi, insomma, Piccolo è un signore ligio. Pensate che se la prende contro “questo gioco molto italiano tra chi doveva chiedere il Green Pass e chi doveva mostrarlo. Non si sa perché, ma alcune regole in Italia fanno vergognare” per cui “chi ti chiedeva il GP si scusava, come se ti stesse chiedendo un favore che non volevi fargli, come se ti stesse offendendo”. O, magari, direi più modestamente io, perché non sono tenuto a fornire generalità, identità digitali e via dicendo a ogni cameriere che mi porta la bistecca. Sì, insomma, magari, sono cazzi miei chi sono e chi non sono. Perché, forse, non mi va, per un mio personalissimo senso della privacy, che resti traccia di dove sono andato a mangiare. Ancora un’altra volta, la mia vita sono cazzi mie e mi piace stare tra sconosciuti, senza che nessuno sappia di me e io degli altri. Non voglio che nessuno mi garantisca niente rispetto alla sua salute – in questo caso, sono cazzi suoi! A Piccolo bisogna proprio spiegargli tutto.

Eh, ma lui è un nostalgico, vive già nel ricordo. Il GP “sarà un elemento vintage nel futuro, come i gettoni telefonici […] Si dirà: ti ricordi di quando c’era il GP?”. Conservatelo pure, Francesco. Se ti rechi dallo psichiatra, in lacrime, tiralo fuori e lui capirà subito che con te non c’è speranza.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.

2 commenti su “LO SCRITTORE CHE ESALTA IL GREEN PASS, OVVIAMENTE SU “REPUBBLICA” (di Matteo Fais)

  1. “Non si sa perché, ma alcune regole in Italia fanno vergognare”. Qui involontariamente ci ha preso, alcune regole fanno proprio vergognare in Italia. Solo che si sa il perché, è chiaro, almeno a chi non è un ipocondriaco paranoico

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