KACZYNSKI “ESPLODE” IN TUTTE LE LIBRERIE ITALIANE (di Matteo Fais)
Sembra incredibile, eppure sta succedendo. L’uomo che, per vedere pubblicato il suo Manifesto sui principali giornali americani, fu costretto a minacciare l’FBI di ulteriori e ancora più spaventosi attentati, è oramai diventato un bestseller. In Italia, tra il 2021 e il 2022, sono almeno sette le pubblicazioni a suo nome, per la maggior parte nuove traduzioni di La società industriale e il suo futuro, che vanno ad aggiungersi a quella storica licenziata da Stampa Alternativa nel 1997, un anno dopo la sua prima apparizione in lingua originale.
Parallelamente, nella società del controllo che Theodore John Kaczynski tanto odiava, sono diverse le iniziative che lo riguardano. Ci sono youtuber che si spendono in complesse analisi della sua opera (da noi, si segnala su tutte la monumentale esegesi di Progetto Razzia: https://www.youtube.com/watch?v=wxdXNgJjLZI), serie televisive Netflix (si veda Manhunt: Unabomber e Unabomber: In His Own Words), film (Ted K. del 2021). Per non parlare del fatto che il terrorista in questione fa capolino tra le righe dell’ultimo romanzo di Michel Houellebecq, Annientare (La Nave di Teseo) e – perdonate l’autoreferenzialità – anche il sottoscritto ha dedicato – attenzione, non parla di lui, si tratta semplicemente di una dedica – il suo ultimo romanzo, Le regole dell’estinzione (Castelvecchi) a Kaczynski, oltre a riportare come esergo una citazione dal suo testo capitale.
A quasi trent’anni di distanza, il filosofo-terrorista che mise in ginocchio gli USA è oramai un’icona e, adesso che, come trapelato, un cancro pare stia per liberarlo finalmente dalle prigioni a stelle e a strisce, Kaczynski conosce una nuova nascita.
PERCHÉ SIAMO TUTTI AFFASCINATI DAL BOMBAROLO?
Se a Sinistra regna la mitologia del partigiano e del brigatista, due figure che ben restituiscono il senso del collettivismo di quella parte politica – il sacrificio di ognuno per la causa comune –, il venir meno dell’individuo nella sua appartenenza di classe, a Destra, come tra certe frange anarchiche e presso gli ecologisti non gretini, Unabomber è fuor di dubbio il mito assoluto. Come sottolinea il Professor Adriano Segatori, nell’edizione di La società industriale stampata dall’Associazione culturale Heimat, e Attilio Sodi Russotto, in quella di Passaggio al Bosco, in Kaczynski c’è molto del ribelle jungeriano.
Indubbiamente, l’eremita dei boschi del Montana è uno Zarathustra dell’antimodernità, l’eroe solitario contro l’America, l’antitesi perfetta, insomma, dell’uomo di Sinistra che “si sente forte solo in quanto membro di una grande organizzazione o di un movimento di massa in cui si identifica (19)”.
COSA RESTA DI LA SOCIETÀ INDUSTRIALE E IL SUO FUTURO, DOPO TRE DECENNI?
Il vero motivo, a ogni modo, per cui Kaczynski ha ottenuto e ottiene un così vasto seguito presso tutti coloro che avversano a livello esistenziale il mondo moderno, non risiede tanto nella sua francamente utopistica idea di abbandono totale dell’universo tecnologico. Con un po’ di sano buonsenso, risulta difficile abbracciare la tesi di un ritorno totale alla Natura che escluda radicalmente la tecnica nella sua declinazione industriale – del resto, persino il fucile con cui lui uccideva gli animali per sostentarsi, o la macchina da scrivere con cui vergò le famose copie del suo Manifesto, sono prodotti di una società industriale avanzata.
La vera forza del pensiero di Unabomber, oltre che nel fornire un ideale verso cui sarebbe bene tendere pur sapendolo irraggiungibile, sta nella feroce disamina da lui proposta della Sinistra Progressista – giustamente Russotto mantiene la formula originale dell’autore, “leftism”, il “sinistrismo” letteralmente.
I “complessi di inferiorità” e la “sovra socializzazione” del tipo umano in questione sono elementi palesi in chiunque abbia presente tutto quell’universo che va da “socialisti, collettivisti, alfieri del ‘politicamente corretto’, femministe, attivisti per i diritti dei gay e dei disabili, animalisti (7)”. La cancrena progressista è ciò in cui saggiamente Kaczynski rintraccia la “follia che caratterizza la nostra società”. Essi – ecco la grande intuizione – non vanno analizzati sul piano politico, ma psicologico, “come valida introduzione al dibattito più generale sulle problematiche del mondo moderno”. Insomma, i sinistri sono casi umani, come si dice oggi, e come tali vanno trattati. Non hanno idee e se le hanno sono del tutto secondarie, perché la loro dimensione ideologica manifesta cela in verità latenti problematiche psichiatriche che portano i “figli di famiglie di classe media e medio-alta” a identificarsi con presunti gruppi di “oppressi”.
Altro punto non trascurabile nello spiegare l’attualità di Kaczynski, con la sua critica alla tecnocrazia, è stato fornito dalla delirante gestione del contesto pandemico (in tal senso, l’analisi del Professor Adriano Segatori è assolutamente mirabile). Neanche serve esprimersi in merito: qualsiasi persona sana di mente sa che vaccino, igienizzante, e mascherine sono puro e semplice controllo perpetrato da una “società profondamente turbata”.
UNA VERA E PROPRIA ESPLOSIONE DI PUBBLICAZIONI
Incredibile a dirsi ma, grazie al cielo, l’essere assurto al rango di icona pop, ha anche contribuito alla diffusione sempre più capillare del pensiero di Unabomber. Se le serie televisive, i documentari e i film hanno fatto di tutto per dipingerci una specie di genio invasato ed eremita in fissa con la natura selvaggia, incapace di avere a che fare con le donne – insomma, una specie di incel ante litteram, per usare un termine attualmente sulla bocca di tutti –, Kaczynski è molto altro dalla sua biografia.
Per questo, nella sola lingua italiana, in pochissimi hanno avuto il privilegio quest’anno di vedere tante e diverse traduzioni della propria opera. Considerata la semplicità e il rigore matematico della sua prosa, un tale profusione di versioni è certo curiosa, ma fa riflettere su quanto il suo pensiero vada affermandosi e sulla necessità di approfondirlo oltre la curiosità più morbosa che spesso ruota intorno ai serial killer, come nel caso di Richard Ramirez, il famoso Night Stalker.
Kaczynski non è mai stato un semplice assassino, un maniaco o un torturatore. Il suo fine è la rivoluzione, la scrittura la sua arma più efficace. Se ha ucciso, e sempre scegliendo i bersagli più sbagliati, è solo perché aveva capito che “se non avessimo mai agito in modo violento, e se ci fossimo limitati a consegnare queste pagine ad un editore affinché le pubblicasse, con tutta probabilità sarebbero state scartate. Se il nostro scritto fosse stato invece accettato e pubblicato, avrebbe comunque attratto ben pochi lettori, perché è più divertente guardare programmi di intrattenimento che dedicarsi alla lettura di un saggio serio. Se pure quanto abbiamo scritto fosse stato letto da molti, i più avrebbero presto dimenticato quanto appena letto, la mente alluvionata dalla quantità di materiale sbattuto loro innanzi dai media. Affinché il nostro messaggio arrivasse al pubblico con qualche speranza di avere su di esso un effetto duraturo, abbiamo dovuto ricorrere all’omicidio”. Come dargli torto!
Leggerlo è oramai un’urgenza. Fatelo, anche per dare un senso al suo incredibile sacrificio.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.