LA GREEN REVOLUTION CONTRO LA FAST FASHION, OVVERO DEVI SENTIRTI IN COLPA, SE PUOI PERMETTERTI SOLO STRACCI (di Chiara Volpe)
Sembra proprio che quella dell’abbigliamento sia l’industria più inquinante al mondo, seconda soltanto a quella del petrolio. Pertanto, in una nuova ottica rivolta alla sostenibilità, il Green Deal, entro il 2030, l’Unione Europea imporrà di smettere gli sprechi del cosiddetto “fast fashion”, ossia la moda o abbigliamento a poco prezzo e di scarsa qualità.
La Commissione avanza precise strategie volte a rendere i tessili più durevoli e privi di sostanze tossiche e nocive alla salute come pesticidi, formaldeide e agenti cancerogeni. Inoltre, questi nuovi abiti di “alta qualità”, saranno riparabili e riutilizzabili nel senso del riciclo, “per utilizzatori di seconda, ma anche di terza mano”. Secondo le statistiche, ogni anno un europeo getta 11 kg di vestiti, a beneficio della formula “usa e getta”, accrescendo le quantità di invenduto e la produzione di rifiuti da incenerire.
Il termine “fast” legato a questo settore si spiega facendo riferimento alla velocità con la quale si fabbrica e si immette nel mercato un capo d’abbigliamento e, parimenti, all’immediatezza con la quale esso viene poi acquistato e scartato, per essere subito sostituito, dal consumatore.
Ma quali sono le ragioni che hanno condotto questo settore ad orientarsi verso una Moda Veloce, a così alto coefficiente di obsolescenza? Soprattutto, di chi è la responsabilità dell’incompatibilità tra ambiente e fast fashion? Ovviamente, come sempre secondo la strategia del senso di colpa diffuso dal Potere, lo stigma ricade su ognuno di noi. Ma le cose non stanno esattamente in questi termini.
Molti sono oggettivamente impossibilitati ad acquistare capi costosi. Siamo tartassati da pubblicità ossessive che ci impongono di pensare che ciò che possediamo non sia mai abbastanza. Un ruolo determinante è giocato dalla delocalizzazione della produzione, che abbatte i costi, per non parlare dell’avvento dell’online, che sbaraglia qualunque concorrenza, specie se costretti a casa come negli ultimi anni. Soprattutto, poi, bisogna tener conto dell’impatto dei produttori asiatici, per lo più cinesi, come principali esportatori globali di abbigliamento di pessima qualità, scopiazzato dall’alta moda e prodotto con sostanze terribilmente dannose alla salute. Le nostre città sono piene di negozi che distribuiscono robaccia da noi acquistata ed eliminata poi nei cassonetti di raccolta.
Ora, incaricarci di risolvere il problema dell’inquinamento ambientale e dell’assurda circolarità di tale filosofia verde, suona più come l’ennesima speculazione, un conto da pagare dopo che qualcun altro si è abbuffato. Questo, sì, è insostenibile.
Guardiamoci intorno: siamo immersi nel torpore più profondo in cui l’umanità abbia vissuto, ipnotizzati dalla globalizzazione, viviamo in case di cui non siamo padroni, dove è vietato scaldarsi o rinfrescarsi anche se a spese proprie, proviamo emozioni sintetiche da vitapiattisti e ci nutriamo di sostanze chimiche sotto forma di cibo, che alterano il nostro organismo. Bombardati da media e social network, differenziamo l’immondizia di cui siamo parte e vogliono convincerci che gli stessi stracci che ci hanno venduto e intossicato potranno di nuovo coprirci così da salvare la Natura, che ci rigetta come anomalie.
Stanno cercando di rifilarci l’ennesima illusione, la valorizzazione di un rifiuto, un concetto di “vita breve” a cui per primi ci sottomettiamo. Questa Green Revolution non è il futuro, ma nient’altro che cenere del più gelido dei tramonti.
Chiara Volpe
L’AUTRICE
Chiara Volpe nasce a Palermo nel 1981. Laureata in Storia dell’Arte, ha svolto diverse attività presso la Soprintendenza per i Beni Culturali di Caltanissetta, città in cui vive. Ha lavorato per una casa d’Aste di Palermo, ha insegnato Arte, non trascurando mai la sua più grande passione per la pittura su tela, portando anche in mostra le sue opere. Attualmente, collabora anche con il giornale online Zarabazà.
Analisi tanto spietata quanto lucida.
Complimenti
Complimenti come non poterti dare ragione
Può darsi che entro 12 mesi non ci sia più nessuna Europa Capitalista-Nazista-Sionista -Liberista-Filo-USA che detta legge ai cittadini poveri ed onesti e li accusa di tutti i mali !
Chi ha deciso alla fine degli anni 40 nei paesi Capitalisti Europei con regimi Dittatoriali Fantoccio Filo-USA Fascisti o Democratici che alcuni prodotti
industriali dovevano avere una data di scadenza oppure che non potevano più essere riparati ?
Solamente negli USA il sistema del” usa è getta via era già uno stile di vita industriale-commerciale-sociale in Italia e in generale in tutti i paesi al mondo il sistema del” usa è getta era inconcepibile .
Un pò alla volta a cominciare dal 1947 in poi in tutti i paesi Capitalisti della UE si è iniziato a produrre e a vendere a costi via via sempre più bassi prodotti di scarsa durata e di scarsa qualità .
La scusa più ovvia diffusa al”epoca era che non valeva più la pena di produrre ad alti costi prodotti industriali di buona qualità e di lunga durata poichè dopo soli 5 anni cambia la moda nel vestire (cosa te nè fai di un paio di calze da donna in Naylon indistruttibili prodotte nel 1947 ancora imballate se nel 2022 nessuna donna le acquisterebbe poichè NON sono più di moda ) ?
Cosa te nè fai di un prodotto elettronico ancora perfettamente Funzionante se nessuno te lo acquista Perchè NON LO SAPREBBE USARE oppure NON LO VUOLE perchè non c”è nessun collegamento via Radio o via filo nella rete internet .
Dal”inizio degli anni 70 quasi tutte le modifiche tecniche su radio-tv-registratori -giradischi -nastri video sono state fatte già in fabbrica con lo scopo di rendere VECCHI apparati elettronici nuovi di zecca .
Negli anni 50 per rendere compatibili apparati elettronici nuovi – vecchi o di importazione straniera tra di loro si sono stabiliti dei collegamenti compatibili e standardizzati perciò anche se acquistavi una Radio Sovietica la potevi collegare via cavo ad un giradischi Capitalista USA per usarla come amplificatore .
Al” inizio degli anni 70 tutti i prodotti elettronici scadenti e a basso prezzo giapponesi – Taiwanesi -Indonesiani e anche prodotti scadenti Italiani uscivano dalla fabbrica senza che ci fosserò più gli attacchi dei cavi standardizzati .
Tutti i prodotti elettronici dal 1980 NON sono più RIPARABILI !
Si rompe la TV la butti in fossò !
Si rompe la Radio la butti nelle scoasse !
Non funziona più il telefono elettronico di casa ?
Lo butti giù dalla finestra !
Le costose lampadine a LED che dovevano durare 50 anni si sono rotte dopo nemmeno 2 anni di uso molto limitato .
Le lanci fuori dalla finestra nel giardino condominiale .
Per la cronaca nel mio garage ho dei tubi al NEON che risalgono al 1975 e funzionano tutti sono della ditta Silvania (made in Treviso ) che presumo non esista più
L”unico NEON nuovo che ho in garage e quello della Osdram che ho sul banco di lavoro installato nel 2005 e che ho già cambiato 1 volta .
Due tubi al neon uguali per potenza e lunghezza un tubo funziona dal 1975 e un”altro tubo installato nel 2005 si è già bruciato .
Quando traffico in Garage accendo entrambi i neon perciò fanno le stesse ore di lavoro .
Perciò non è colpa dei cittadini italiani se i prodotti attuali NON durano nel tempo !
Nulla oggi è fatto per durare