BREVE LEZIONE SULLA LIBERTÀ (di Matteo Fais)
Siamo liberi? Bella domanda. Oggi più che mai attuale, ma da sempre estremamente insidiosa. La parola libertà è un significante che soddisfa un po’ tutti, perché ognuno gli attribuisce il significato che preferisce. Proprio per ciò è necessario fare un minimo di chiarezza sulla questione e sgomberare il campo da tante false posizioni che offuscano la visione umana in merito, più o meno dalla notte dei tempi – sempre, comunque, mantenendo fermo il punto che un simile problema richiederebbe un trattato, più che un articolo.
LA LIBERTÀ INDIVIDUALE – LA DIFFERENZA TRA ME E UNA COSA
Qual è la differenza tra me e il tavolo su cui scrivo? Esso è una cosa. È rettangolare, scuro, composto da un misto di legno e metallo. Anche io, certamente, ho un’esistenza materiale: possiedo un corpo. Quest’ultimo ha un’altezza di 1 e 75, un peso che sfiora gli 80 chili, una stazza massiccia e solida, ma poco slanciata.
Io ho anche delle caratteristiche cosiddette “spirituali”. Sono malmostoso e scorbutico, per niente chiacchierone ma amante della provocazione. A ogni buon conto, io non sono tutte queste caratteristiche nello stesso modo in cui il tavolo è rettangolare e via dicendo. Se in me c’è della tristezza, una spinta alla chiusura e alla riservatezza, è anche vero che io assumo su di me queste pulsioni e vi indulgo. Il tavolo non sceglie la sua forma, mentre io decido di dare corso a quella voglia di solitudine che mi porta a evitare gli altri. In due parole, io sono libero. Il ripiano non può essere se non ciò che è, io posso evitare di cedere alla tristezza, quantomeno di palesarla e di mostrarmi refrattario al confronto – addirittura, posso dissimularla. Per dirla con Sartre: “Si è ciò che si è nella modalità del non esserlo”.
“MA TU NON PUOI ESSERE CIÒ CHE VUOI, PER ESEMPIO, NON PUOI ESSERE BRAD PITT”
Voi direte che io, comunque, ho un corpo con le caratteristiche sopra elencate. Dunque, dove sta la libertà? Non posso scegliere di essere alto 1 e 90, biondo e con gli occhi verdi, come Brad Pitt. Sì, certo, non posso scegliere tante condizioni di partenza. Ma questo che voi vedete come un limite è, in vero, la condizione a partire dalle quale la mia libertà pone sé stessa. Tutti abbiamo condizioni diverse, assurde – nel senso che, a meno di non presupporre una volontà divina, cosa che io respingo categoricamente, considero date a ciascuno senza alcun senso. C’è chi nasce Brad Pitt e chi Alvaro Vitali, ma è pur vero che entrambi si sono scelti, ognuno partendo da ciò che si è trovato tra le mani alla nascita, in una determinata società e in un certo tempo. La libertà, insomma, è sempre “in situazione”. L’unica dimensione in cui l’uomo è libero di porre in essere qualsiasi desiderio è quella del sogno ma, nella realtà, egli si sceglie a partire da ciò di cui è in possesso e dell’ambiente circostante. In dittatura, in democrazia, nella coercizione o sotto il Grande Fratello, ecco che ognuno è condannato, partendo dalla contingenza, a esercitare la sua libertà. Soggiacendo, supportando o facendo opposizione, la libertà del soggetto morale non può fare a meno di esprimere sé stessa.
“NON SEI LIBERO, PERCHÉ TUTTI SIAMO CONDIZIONATI” – LA LIBERTÀ NON INCONTRA SE NON I LIMITI CHE SI PONE
Ma, direte voi, come può essere libero chi è nato in un paesino di 1000 anime, lontano da tutto e da tutti, lavorando semplicemente la terra, senza neppure immaginare che un altro mondo fosse possibile? O, meglio ancora, come posso essere libero se ho vissuto in un Paese dove l’informazione era a senso unico, senza neppure l’ombra di ciò che si chiama pluralismo?
A dirla tutta, è solo perché la condizione che X vive non lo soddisfa che lui vorrebbe evadere dal suo “natio borgo selvaggio”; o, è solo perché è interessato a una verità diversa, che intuisce pur senza averne notizia, che egli aspira al pluralismo e al libero dibattito democratico.
La libertà, appunto, non incontra se non i limiti che si pone. Se io desidero Cindy Crawford e la pongo come sola condizione per un’esistenza eroticamente soddisfacente, è ovvio che non poterla conquistare costituirà un problema. Dovermi accontentare di Genoveffa, la figlia del contadino vicino a casa, a quel punto, mi risulterà intollerabile. Infatti, Pino, quello che lavora il campo con me, è felice e sereno, dopo averla presa in moglie. Per lui, Cindy è come se non fosse mai esistita.
Ricapitolando: la libertà è sempre in situazione e, partendo da questa, non incontra se non i limiti che pone essa stessa.
“SÌ, MA, IN QUANTO POPOLO, NON SIAMO LIBERI”
A questo punto, replicherete mettendo da parte la questione della libertà individuale, per deviare verso quella del singolo in quanto facente parte di un certo popolo. In soldoni, mi potreste dire, per esempio, che la mia libertà, volente o nolente, finisce lì dove mi chiedono il green pass. Tale notazione è sacrosanta, ma sbagliata al fondamento, in quanto pone il green pass come una datità inaggirabile, una specie di imposizione di una entità superiore. Balle! Il green pass esiste perché noi lo permettiamo, perché ci sottomettiamo alla volontà governativa – esattamente come nel caso delle mascherine e del vaccino. Se noi avessimo mandato a fare in culo il Governo, con queste sue deliranti trovate – se l’avesse fatto il popolo tutto -, neppure l’Armata Rossa di Stalin avrebbe potuto farci qualcosa.
Per citare un noto principio, “ogni popolo ha la libertà che si merita”. Anche in questo caso, si parla di “autodeterminazione” – ovvero ciò che quei maiali sovietici hanno cercato di cancellare, a livello linguistico, culturale e di spazio vitale, in l’Ucraina, con la censura e la violenza.
E qui si chiude il sermone. La Messa è finita. Andate in pace.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi.
In pace un cazzo. Dobbiamo fare come il tenente Aldo Raines e sistemare quei maledetti nazisti.