VIVA L’UCRAINA CHE DIFENDE I PROPRI CONFINI (di Davide Cavaliere)
Nel 1983, lo scrittore ceco Milan Kundera, pubblicava sulla rivista “Le Débat” un articolo intitolato Un Occident kidnappé, ou la tragédie de l’Europe centrale. Kundera riferiva la tragedia delle «piccole nazioni» dell’Europa orientale, che possono anche essere territorialmente estese, ma rimangono piccole perché sanno di essere precarie, deperibili, conquistabili, cancellabili.
Eccone la sua definizione: «La piccola nazione è quella la cui esistenza può essere rimessa in questione in qualunque momento, che può scomparire, e chi lo verrebbe a sapere?». E ancora: «È alla frontiera orientale dell’Occidente che, meglio di altrove, si percepisce la Russia come un anti-Occidente; essa ci appare non solo come una potenza europea come altre, ma come una civiltà particolare, come un’altra civiltà».
Mentre gli inni nazionali della Russia, della Francia, della Germania parlano di grandezza ed eternità, l’inno ucraino comincia con il verso «Non è ancora morta la gloria dell’Ucraina, né la sua libertà». Oggi, è l’Ucraina è la «piccola nazione» che difende la sua identità storica e culturale che, come già chiarito su queste pagine digitali, è autonoma rispetto a quella russa.
È curioso che il popolo ucraino, attualmente e drammaticamente impegnato nella difesa dei propri confini, della propria sovranità, della propria identità nazionale dall’assalto di una forza imperialista, incassi il sostegno di tanti occidentali che negli ultimi anni hanno negato e ripudiato le nozioni di «nazionalità» e «identità».
La questione ucraina ci ricorda una verità che a molti non piace e che tanti benpensanti fingono di non vedere: le nazioni esistono, anche se sono difficili da definire, anche se non hanno contorni netti, anche se sono precarie. Le nazioni sono forgiate da secoli, o addirittura millenni, di convivenza e di condivisione di una lingua e di un costume all’interno di uno stesso territorio. Non soltanto esistono, ma nei momenti di crisi tendono a riemergere come blocchi coesi, con interessi primari comuni e con la volontà di proteggere i propri interessi.
Il millenarismo nazionalista di Putin, che non riconosce alcuna identità specifica all’Ucraina e agli ex colonizzati del Patto di Varsavia, non è dissimile dal chiliasmo progressista di chi vede ovunque solo «esseri umani». Nel campo ucraino non si oppongono solo democrazia e autoritarismo, ma anche «idea di nazione» e dominazione russa. L’idea di nazione ucraina è declinata in senso democratico e non esclusivista o reazionario. Dopotutto, come già affermava Ronald Reagan nel suo discorso in Normandia nel lontano 1984: «Vale la pena di morire per la propria nazione, per la democrazia vale la pena di morire, perché è la forma di governo più profondamente onorevole mai concepita dall’uomo».
Il conflitto in Ucraina ci ricorda che amor patrio e amore per la democrazia e i diritti dell’uomo non necessariamente si oppongono. Ai putiniani va ricordato che la democrazia liberale non rappresenta un tradimento della nazione, mentre agli umanitari nostrani che il patriottismo non è espressione di pulsioni antidemocratiche. Gli ucraini dimostrano, magnificamente, che la libertà non è soltanto un principio, ma un suolo da difendere armi in pugno.
Di fronte all’invasione, davanti al barbaro sfigurato dal botox, i diritti di cui gli ucraini godono e la nazione che abitano si confondono. Quelli che per gli irenici pacifisti italiani sono solo concetti – «democrazia», «libertà», «diritti» – per gli ucraini assumono i contorni di un luogo, di una terra, di una patria. Per dirla con Margaret Thatcher: «La preoccupazione per i diritti umani integra così il senso di nazionalità in modo da garantire uno stato nazionale che sia allo stesso tempo forte e democratico».
La battaglia di Kiev c’insegna che è possibile pensare insieme la nazione e la democrazia, la patria e l’Europa, i diritti umani e l’identità storica.
Davide Cavaliere
L’AUTORE
DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.
Primo l’Ucraina è dal 1700 che si trova sotto la Russia. Secondo nel referendum del 1991 hanno vinto coloro che volevano che l’Ucraina rimanesse sotto la Russia; fu Eltsin ha staccare la Russia dall’Ucraina!! Terzo janucovyc vinse le elezioni e solo un colpo di stato vergognoso dell’Occidente ha portato a questo punto. Infine ti faccio un appunto: Putin ha la vittoria in mano in quanto l’occidente deve alzare i tassi, ma non può in quanto crollerebbe tutto. Li deve alzare nella riunione di metà marzo altrimenti perde la faccia. Ora pensate che un uomo come Putin che sono Otto anni che prende schiaffi in faccia all’improvviso si sia impazzito oppure l’occidente ha giocato veramente sporco? Oggi Putin ha dato l’allerta nucleare…
…………….non menzionare Margaret Thatcher gli United Kingdom non mi sembrano un buon esempio di Democrazia…………….vedi la guerra delle Falkland!!!!!!!!!!!!!!!
A metà tra il ridicolo e il delirante.