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AMERICAN EUGENICS – SÌ, LO SPOT CON SYDNEY SWEENEY HA QUALCOSA DI PROFONDAMENTE DISTURBANTE (di Matteo Fais)

Tutti quanti concorderemo sul fatto che il woke abbia avuto molte discutibili manifestazioni negli anni precedenti. Diciamo pure che ha dato fondo all’idiozia tra lattine di birra Budweiser sponsorizzate usando una trans, attrici di colore in ruoli in cui palesemente risultavano fuori luogo – tipo quelli in cui interpretavano personaggi storici bianchi. Sì, decisamente la situazione, con la scusa di avere a cuore la realtà delle minoranze, stava sfuggendo di mano, anche grazie a una cancel culture imperante.

Cionondimeno, come avrete tutti notato, le cose, con Trump, non hanno preso una piega migliore. Più precisamente, la folle foga censoria è stata rovesciata e Mr. Ciuffo Arancione ha semplicemente mutato tutto smaccatamente in favore della propria parte politica. Si è così passati dal regno incontrastato del woke a quello del Maga, cioè, come di consueto, da un estremismo senza misura all’altro. A quanto pare, il sacro principio secondo cui In medio stat virtus non è di questo mondo ed esiste unicamente sui libri.

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A dimostrazione di tutto ciò, si veda il controverso dibattito in corso oltreoceano per una serie di spot pubblicitari della American Eagle che vedono come protagonista Sydney Sweeney, attrice nota per la serie Euphoria. Ora, come sempre accade, la polarizzazione è forte e l’uno risulta sordo alle ragioni dell’altro – bisogna ammettere che, sempre per tornare a bomba, quanto sta accadendo è molto simile a uno scontro tra scemi, in cui non si capisce chi sia più cretino tra i contendenti.

Anyway, come direbbero gli americani, senza voler tirare la volata ai woke, un paio di spot legati alla stessa pubblicità hanno chiaramente qualcosa di strano, ambiguo e a tratti spiazzante – specie se visto dalla prospettiva di quella Nazione. In uno di questi, la telecamera risale lungo il corpo dell’attrice, riverso lungo uno sdraio, che si sta allacciando i jeans, mentre la sua voce, con un tono da Lolita che oscilla tra la fragilità e la seduttività, dice testualmente Genes are passed down from parents to offspring, often determining traits like hair colour, personality, and even eye colour… My jeans are blue” (“I geni vengono trasmessi dai genitori alla prole, determinando spesso tratti come il colore dei capelli, la personalità e persino il colore degli occhi… I miei jeans sono blu”). A quel punto, una voce maschile, stile vecchio zio pervertito arrapato guardando le cosce della nipote, butta lì, con tono aspirato e vagamente bavoso un Sydney Sweeney has great Jeans” (“Sydney Sweeney ha dei fantastici jeans”).

È uscito il dodicesimo numero di “Il Detonatore Magazine”: https://www.calameo.com/read/00774819711c36dcf8adc

Ora, non ci vuole un esperto di comunicazione per cogliere la presenza di una provocazione, non proprio portata avanti con finezza da umorista inglese. L’assonanza tra Jeans e Genes, in americano, è oltremodo stridente. Ci sarebbe, inoltre, da sottolineare che quelle due frasette iniziali, che sembrano sussurrate da una diciottenne all’orecchio del suo sugar daddy, non sembrano avere un cazzo a che fare con la campagna pubblicitaria legata a dei pantaloni.

Metteteci pure che vi è un secondo spot in cui la succitata modella sta attaccando un poster pubblicitario della campagna in questione e lì vi compare la scritta “Genes” cancellata con un tratto di penna e sostituita dalla parola “Jeans”.

È uscita la seconda raccolta poetica di Matteo Fais, Preghiere per cellule impazzite (Connessioni Editore, collana “Scavi Urbani), ed è disponibile in formato cartaceo e ebook:
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Naturalmente, si dirà che tutto ciò è un cosiddetto trigger – che, a quanto pare, a livello commerciale, ha funzionato magnificamente. Tutti coloro che ne avevano le palle piene del woke, sicuramente, si tanno facendo delle grandissime risate, stando almeno ai commenti sui social.

Il punto è che una simile provocazione, fatta nel Paese di Madison Grant, avvocato e antropologo che scrisse The Passing of the Great Race, testo particolarmente amato da Hitler, non può essere preso sottogamba – tanto più che, appunto, i nazisti presero ispirazione dall’America e che questa, per lungo tempo, ha praticato processi di sterilizzazione su persone marginalizzate, malate, immigrate o socialmente pericolose. La cosa non può lasciare indifferenti, né essere esorcizzata con una risata.

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No, non si tratta delle solite paturnie di femmine con i capelli rosa e in sovrappeso. Certo, ciò non significa che loro abbiano fatto di meglio, quando volevano farci credere che fosse sano essere in sovrappeso di sessanta chili e follie simili. Ma, non ci si stancherà mai di ripeterlo, una stortura non si risolve sostituendola con un’altra: l’odio trova soluzione nella pace, non in una cattiveria uguale e contraria. Per restare a noi, la pazzia woke non è superata in quella del MAGA.

Certamente, poi, l’accanimento contro il fatto che vi sia una ragazza bionda, con gli occhi azzurri e pure molto bella, è una cretinata – questa idea che si darebbero alle ragazze degli standard troppo elevati. Ma quel gioco di parole, in un Paese in cui il Presidente ha parlato di messicani che vanno lì “ad avvelenare il nostro sangue”, assume tutto un diverso peso. Sì, suona profondamente disturbante.

Matteo Fais

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Telefono e WhatsApp di Matteo Fais: +393453199734

L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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