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L’EDITORIALE – DDL ZAN: MA COME SI POSSONO NORMARE CERTI ASPETTI DELL’ESISTENZA? (di Sergio Flore)

Egemonia: costringere l’avversario a ragionare seguendo i tuoi binari. Costruire la cornice del discorso. Limitare le possibilità. Ridurre ai minimi termini – ai i tuoi – il dibattito. Mettere il nemico con le spalle al muro fino alla resa finale. 

Si parla della legge Zan. Si discute animatamente, ma il recinto retorico è già stato opportunamente eretto con mesi, anni di slogan, bandierine colorate, frasi fatte, logica da quinta elementare (‘love wins’, arcobaleni, amore contro odio, eccetera eccetera). Con l’episodio del primo maggio, poi, abbiamo assistito al capolavoro dell’intellighenzia. Un tizio mediaticamente onnipresente frigna per aver subito la cosiddetta censura da parte di una tivù che, da sempre, è nelle mani della stessa parte politica che lui difende dal palco. Colpo da maestro. Una legge che limita la libertà di espressione, propagandata da un tizio che dice davanti a milioni di telespettatori di essere vittima di censura. Oltre l’incredibile.

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Ma torniamo al DDL, o meglio, al dibattito intorno a esso. La sinistra ha i suoi idoli e ha i suoi obiettivi, lo sappiamo. Ma, come sempre più spesso accade, la cosa sconcertante è la risposta di una destra completamente succube e invischiata negli artifici retorici dell’avversario. Prendo il mitra, sparo ovvietà: la legge Zan è inutile, forse persino controproducente, sta già polarizzando ulteriormente l’opinione pubblica su omosessuali e altre categorie percepite come ‘vittime’. Essa tace pericolosamente sulla definizione di concetti come ‘discriminazione’, ‘violenza’ e ‘odio’ – nessuno sa quale sia il limite, il confine tra opinione e minaccia, tra convinzione personale e propaganda. Il problema sorge quando queste ambiguità entrano in una sfera che per sua natura deve basarsi su fatti, dati, situazioni concrete e oggettive, quella del diritto. Sta qui la trappola, ed è chiara a chiunque non sia in malafede: l’obiettivo non è sanzionare il bulletto manesco – quello è già punito dalla legge, oltre che dalla pubblica opinione. 

No, l’obiettivo non è lui. L’obiettivo è la lotta a quella che a sinistra amano definire ‘violenza verbale’, e che in lingua italiana si chiama ‘il dibattito’. È lui il nemico da soffocare, uccidere. La legge, e le tante ambiguità che contiene, contribuiranno ad ammazzare sul nascere qualsiasi opinione eterodossa su temi come famiglia tradizionale, libertà sessuale, rapporti tra uomo e donna; per non parlare di dogmi, verità di fede, e questioni religiose ormai fuorimoda, da abolire in toto. Senza definizioni precise – impossibili, vista la natura stessa dell’oggetto della legge, la ‘discriminazione’ -, non ci si potrà esporre su questi argomenti senza rischiare di offendere qualcuno, e quindi di ‘propagandare odio’, e quindi di rischiare grosso.

Il problema non è che, come dicono a destra, la censura delle opinioni non risolva nulla. Il problema sta alla base, sta nelle intenzioni. Sono le fondamenta a essere marce, ed è inevitabile che sia così quando si teorizzano concetti utopistici come quello della ‘lotta all’odio’ o la ‘guerra alle discriminazioni’. Come si può combattere, sanzionare, abolire, limitare aspetti forse sgradevoli ma assolutamente inscindibili dall’esperienza umana? Come si può non rabbrividire al pensiero di uno Stato che si arroga il potere di regolarli? E come potrebbe farlo? 

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Nella realtà, tutti discriminiamo. Discrimina il ragazzino che fa nuove amicizie. Discrimina l’insegnante che deve giudicare i compiti degli alunni, premiando l’allievo brillante e bacchettando chi potrebbe fare di meglio. Discrimina il datore di lavoro al momento del colloquio. Discrimina il candidato che accetta o rifiuta l’offerta. Discriminiamo in amore, e spesso dobbiamo farlo in maniera brutale, rischiando – è inevitabile – di offendere, di ferire un’altra persona.

È, semplicemente, la vita. Che non è compatibile con il sogno di una società perfetta, senza peccato, senza dolore. Aver fatto incetta di citazioni da romanzi distopici, nel 2020, è servito a qualcosa? I vari Il mondo nuovo (ricordate la droga obbligatoria con cui farsi per scacciare l’odio e la tristezza?), 1984 (il ministero dell’amore), Farhrehneit 451 (i libri aboliti perchè fanno arrabbiare le persone, le offendono), vi hanno insegnato qualcosa? No, i buoni propositi non contano. L’odio, la discrimianzione, il giudizio, l’indignazione non possono essere imbrigliati, non possono diventare oggetto di legge. Tutto ciò è materia troppo intima, personale, troppo importante per essere affidata alla politica e al diritto, strumenti da burocrati, limitati e limitanti. Strumenti grigi, anche quando vengono colorati con l’arcobaleno.

Sergio Flore

Un commento su “L’EDITORIALE – DDL ZAN: MA COME SI POSSONO NORMARE CERTI ASPETTI DELL’ESISTENZA? (di Sergio Flore)

  1. Sinceramente non mi sembra ci sia alcun dibattito da soffocare: da una parte il turbocapitalismo mondialista che sproloquia e agisce, dall’altra una massa di sudditi rincoglioniti. La Georgia del 1800, al confronto, era un esempio di progressismo.

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