LE ACCUSE DI DER SPIEGEL SONO INGIUSTE. CONTE NON HA SBAGLIATO DA SOLO (di Franco Marino)
Non ho mai nascosto il mio profondo fastidio per Conte.
Questo signore, un oscuro docente di diritto costituzionale, paracadutato senza alcun merito a Palazzo Chigi, si è subito calato nella parte del politico medio, credendo, sia quando dipinta di gialloverde, sia quando colorata di giallorosso, di valere più del due di briscola.
Venne così il tempo dei DPCM, della prima persona singolare “ho deciso, ho fatto, ho detto” del tutto inadeguate per una figura che la Costituzione descrive come primus inter pares. E che sanno più di presidenzialismo che di repubblica parlamentare, innaffiati dall’inconfondibile voce gutturale che obbligava il telespettatore a disattivare l’audio.
Ciò non significa che gli si debbano dare anche colpe non sue. E’ con questo proposito che, scettico e anche un po’ infastidito, leggo le accuse di Der Spiegel all’ex-presidente del Consiglio di aver occultato i rischi della pandemia, auspicando che venga processato.
Oltretutto le accuse di quel giornale, pretestuose perchè formulate a disastro ormai compiuto – così son bravi tutti – parcellizzano le responsabilità di un delirio invece comune a tutti i paesi occidentali. Oltre dunque l’Italia. Perchè ad essere sbagliato è stato il paradigma sovranazionale di anteporre la protezione delle persone dal virus, al benessere psicofisico delle stesse, all’economia e ai diritti sociali e civili.
Chiunque osasse spiegare che bisognava continuare a lavorare, a produrre, che si dovesse pensare anche al benessere psicofisico delle persone, è stato travolto da critiche e insulti. In qualche caso, in nome della diatriba che è penetrata anche nei focolari domestici, si sono rotte amicizie ultradecennali, parentele. Si sono messe in discussioni le carriere di VIP che non hanno condiviso l’unanimismo terroristico. Da Bocelli a Montesano, passando per Roberto Mancini, chiunque osasse discutere la narrazione dominante si sentiva rinfacciare di non valere nulla.
E proprio qui occorre essere chiari e Der Spiegel non lo è: Conte ha fatto quel che sappiamo non da solo ma avallato da un’intera classe dirigente e da un intero sistema mediatico che ne hanno accolto le mosse come dettate dalla volontà divina. Chiunque azzardasse la minima critica, veniva travolto da un profluvio di character assassination, di linciaggi mediatici, al suon di “Chi sei tu per discutere Conte?” con lo sventolio dei titoli dei gestori emergenziali, contrapposti al nulla accademico dei contestatori. Ignari i fautori di questa deriva demofobica che l’art.21 della Costituzione non si applica solo a bocconiani e ghisleriani ma anche al fruttaiuolo di Scampia. E che voler abolire il diritto di critica significa abolire la democrazia.
Nessuno che si sia mai reso conto che quando un paese si ferma, non si pagano più i servizi sociali. Che quando non funzionano più gli ospedali, quando le polizie smettono di cacciare i gaglioffi perchè tutto sommato non ne vale la pena rischiare la pelle per un migliaio di euro al mese, quando le scuole non istruiscono più i nostri bambini, ammalarsi di covid rischia di essere la cosa meno pericolosa. In fondo, anche se qualcuno ancora non lo capisce, si muore anche di cancro, di infarto, di femori non curati che sfociano in gravi sofferenze cerebrali, di rapine, di spaccio di droga. E a lungo termine, anche di asineria.
Personalmente, nonostante le mie battaglie contro la narrazione dominante, forse anche agevolato dal vivere in una casetta con un ampio giardino, posso dire di aver rispettato scrupolosamente le regole. Avendo all’inizio di questa vicenda un padre gravemente malato – poi morto per altre ragioni – entrando in casa sanificavo le mani, indossavo la mascherina, cercavo di evitare gli assembramenti. Quando poi il covid me lo sono preso anche io, l’ho affrontato rispettando la quarantena e tenendo tutti lontani da me. Precauzioni che avrei preso anche senza la minaccia di ritorsioni legali, di salatissime multe e di corrucciati moniti da parte di sfigati desiderosi di sfogare la propria adrenalina travestendosi da autoreferenziali sbirri civici.
Del resto, che il covid non abbia l’esclusiva nel far strage di chi sia in precaria salute e in avanzata età, è un fatto. Come lo è che nel 99% dei casi, si guarisce.
Assodato quanto sopra, al posto di Conte, avrei con chiarezza fatto questo discorso: “Cari cittadini: purtroppo lo stato non può garantirvi la sicurezza. Dovete scegliere: o vi sequestriamo le libertà personali e diminuiremo i morti oppure vi lasciamo liberi di fare quel che volete, di vivere in libertà, di tenere in piedi l’economia ma sappiate che non possiamo garantire nè la vostra sicurezza nè la vostra salute“.
Invece il governo ha scelto, come tutto l’Occidente, una linea ondivaga. Dapprima, quella stessa sinistra che da un anno, attraverso i suoi aedi mediatici e virologici, quotidianamente si dedica al cantico delle virtù civiche e alle accuse di terrorismo rivolte alla dissidenza, ha per prima sottovalutato il pericolo, asserendo che chiunque non pomiciasse con un cinese andasse additato coram populo come fottuto razzista. Poi, con un’inversione a U da ritiro della patente, ha chiuso in casa per due mesi sessanta milioni di persone. Infine, col sopraggiungere dell’autunno, si è inventata il federalismo cromatico, con zone gialle, arancioni e rosse – con De Luca che si è inventato la zona super-rossa, casomai qualche campano soffrisse di daltonismo – al precipuo scopo di spacchettizzare le responsabilità e aizzare, su base regionale, gli italiani gli uni contro gli altri. Sullo sfondo, il sequestro di diritti civili e sociali e la chiusura delle attività cosiddette non essenziali – dalle quali milioni di italiani traevano l’essenziale per campare – che hanno provocato danni impagabili nel vero senso della parola. Nel senso che non potranno essere pagati. Perchè i 200 miliardi del recovery fund non sono il risarcimento che i responsabili di questa scellerata gestione dovrebbero restituire, senza fiatare, ai cittadini defraudati per un anno del proprio lavoro. Sono DEBITI che, una volta o l’altra, andranno ripagati.
Il tutto, tacendo i gravissimi sospetti che gravano sulla reale origine dolosa di questa pandemia. Tacendo l’accusa di Lukashenko al Fondo Monetario Internazionale di averlo corrotto offrendogli un miliardo di euro per mettere in lockdown il paese. Notizia oscurata dai media. Indipendentemente dal fatto che si sia mentito sulla reale entità del covid oppure che si sia voluto sfruttare un pericolo reale ma solo per avviare quel grande reset – non solo economico e politico, anche sociale e civile – che non è parto di menti complottistiche ma qualcosa che (“Nulla sarà più come prima”) viene apertamente confessato anche da fonti ufficiali, è evidente che colpe gravissime investano tutto l’Occidente.
Insomma, possiamo detestare Conte per tante ragioni. Trovare insopportabili le sue adenoidi, la sua provenienza politica, la giravolta con cui da avvocato del popolo ne è divenuto il carceriere. Al cuor non si comanda e nemmanco al fegato. Ma prendersela unicamente con lui, oltre a non essere umanamente giusto, significherebbe non scorgere la reale entità truffaldina di tutta questa storia.
Non è giusto che paghi solo lui colpe in realtà residenti nel fitto sottobosco internazionale di poteri finanziari che, occupando militarmente televisioni, giornali, cinema, Internet, stadi, salotti buoni, scuole, ne hanno sostenuto la sua azione. E che non spariranno solo perchè Conte è tornato, per ora o per sempre, nel suo prestigioso nulla di insignificante docente.
Conte è sempre e solo stato l’esecutore di ordini che arrivavano dall’alto e che adesso vengono solo eseguiti da altri.
FRANCO MARINO