L’EDITORIALE – IL LOCKDOWN VINCERÀ GRAZIE AL PARTITO DEI MORTI VIVENTI – VI SPIEGO CHI SONO (di Matteo Fais)
L’Italia è da sempre un Paese diviso su tutto. Nord e Sud. Statali e autonomi. Democristiani e comunisti. Topo Gigio e Calimero. Fica e culo – nella fattispecie, non mi riferisco a quello femminile. Comunque la giriate, sullo Stivale ci separiamo per tutto e sempre in modo manicheo, folle, ottuso.
Ultimamente, però, diciamo fin dal primo lockdown, è emerso, come liquame organico da una fogna, un nuovo gruppo umano, contrapposto a noi avversari di qualsiasi restrizione, quello degli stanchi di vivere. È gente tra i quaranta e i cinquanta, magari anche con una discreta posizione lavorativa, una retribuzione più o meno valida, che però staccherebbe volentieri la spina per un paio di mesi. Per costoro, una nuova chiusura sarebbe una manna dal cielo. Non vedono l’ora di far tacere la sveglia delle 6 e 30 del mattino, ciondolare per la casa in panciolle e pigiama fin quasi all’ora di pranzo, se non oltre. Sono prosciugati, svogliati, ormai smaniosi unicamente di depennare con un tratto secco, dall’agenda, tutta una serie di fastidiosi impegni.
Costoro solitamente non hanno figli, o se ne hanno sono massimo uno o due. In passato hanno nutrito una qualche velleità artistica, prontamente messa da parte in un eccesso di buonsenso. Il risultato è che oggi non sognano più, ma la realtà non gli basta. Vorrebbero vivere, ma non possono con un’occupazione che gli porta via ben più di mezza giornata. Persino il cosiddetto periodo delle ferie non gli basta mai veramente e gli sfugge di mano prima ancora che abbiano iniziato a goderselo. Non possono più sperare in grandi avventure, incontri, rivolgimenti del caso. Il passato è passato e il futuro si delinea come un destino che si concluderà sicuramente con una morte infelice – attenzione, non tragica, ma di una insopportabile mestizia, come chi non avesse vissuto fino in fondo, qualunque cosa voglia dire per ognuno vivere. Io per primo conosco personalmente gente che ha proprio goduto nel dissipare le proprie giornate durante il lockdown, svegliandosi tardi, mangiando schifezze di fronte alla tele, durante maratone senza fine di serie Netflix.
La cosa potrà sembrare grottesca, forse un po’ patetica, ma è un serio problema che quasi nessuno affronta seriamente – se mi scusate la ripetizione. Il fatto è che, oggi, l’Occidente tende alla consunzione morale, alla decadenza, all’abbandono e all’insoddisfazione totale. Da una parte chi soffre perché non ha un’occupazione e, come contraltare, dall’altra, chi ce l’ha ma non è comunque felice. Per loro vale quanto detto in quel bellissimo passaggio del Fight Club: “La pubblicità ci fa inseguire le macchine e i vestiti, fare lavori che odiamo per comprare cavolate che non ci servono. Siamo i figli di mezzo della storia, non abbiamo né uno scopo né un posto. Non abbiamo la grande guerra né la grande depressione. La nostra grande guerra è quella spirituale, la nostra grande depressione è la nostra vita. Siamo cresciuti con la televisione che ci ha convinto che un giorno saremmo diventati miliardari, miti del cinema, rock stars. Ma non è così. E lentamente lo stiamo imparando. E ne abbiamo veramente le palle piene”. Vi ricordate? Anche nel noto film di David Fincher, tratto dal romanzo di Chuck Palahniuk, gli adepti delle serate passate nel segno di botte, sudore, sangue e attacchi mirati alla società industriale, erano tutti così prima di scoprire quella inimmaginabile possibilità di una vita in comune, più reale, dotata di un progetto e che se ne sbattesse completamente delle stupide richieste poste in essere dalla nostra società. Il Fight Club e tutto ciò che questo comportava erano un motivo per alzarsi la mattina e guardare in faccia la vita da una nuova gioiosa prospettiva precedentemente uccisa dalla vita quotidiana. Siccome questo, però, è ben lungi dal venire, presumibilmente ad esso verrà preferito un colossale lockdown, la possibilità di mettere l’esistenza in stand-by.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha scritto per varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Da ottobre, è nelle librerie il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. .
Analisi verissima! E’ il risultato di una cultura senza Dio fonte di Vita. Per questo non dobbiamo batterci per tornare indietro. Un reset
Occorre ma dell’anima prima di tutto