ELODIE NON HA CAPITO CHE LA VERA TRASGRESSIONE NON È SUSCITARE IL DESIDERIO, MA SODDISFARLO (di Matteo Fais)
Che Elodie non avesse capito un cazzo della vita è faccenda ampiamente nota. Certo, ancora di meno ha compreso del mondo e delle sue dinamiche. Infatti vorrebbe fingersi trasgressiva, giocare alla libertà, ammantarsi della patina di iconoclasta, pur essendo la quintessenza della legge di mercato, ovvero l’insoddisfazione. Il calendario Pirelli, a cui ha partecipato, si pone esattamente nel solco già percorso fino alla consunzione totale (https://www.ilgiornale.it/news/uso-anche-nudo-fare-differenza-e-s-sono-caruccia-2358541.html).
Si esalta e viene esaltata da tutti per qualche chiappa e un mezzo seno esibito credendo di rompere schemi, quando non fa che portare in scena il grande schema, quello della pubblicità e del commercio, cioè suscitare un desiderio che solo in pochi potranno soddisfare.
Si può discutere se tutto ciò sia giusto o meno, se l’assenza di un’equa distribuzione delle gioie e dei piaceri sia la legge della vita o la conseguenza delle decisioni perverse di un genio maligno. Resta il fatto che si tratta di uno degli aspetti principali dell’umana permanenza terrena dalla notte dei tempi.
Il controcanto alla grande narrazione della liberazione sessuale – si pensi a Houellebecq – ha ragione nel sostenere che l’amore non è stato emancipato dalla sue catene, ma solo mutato in una lotta senza quartiere per accaparrarsi il piacere – anche in questo caso, è da vedere se ciò sia necessariamente sbagliato.
Sta di fatto che una, se proprio vuole riempirsi la bocca con la parola libertà, evitando di fare andare di traverso il boccone a chi la ascolta, dovrebbe aver ben altro proposito da quello di accendere le passioni per lasciarle irrealizzate. La vera soddisfazione limitata a pochi è sempre stata la norma. Anche i vari “Playboy”, “Penthouse”, “Playmen”, in passato, non hanno per niente sdoganato la libertà sessuale, casomai ci hanno venduto il suo fantasma, facendo soldi sulla nostra patetica frustrazione.
In verità, la sola silenziosa rivoluzionaria di questo mondo fondato sulla repressione del carnale è la tanto stigmatizzata Bocca di rosa, quella che quando se ne va dal paese si porta via la primavera, la donna da bordello che soddisfa tutti, i giovani e i vecchi, i pezzenti e gli handicappati, perché ognuno brucia di una voglia che spesso non riesce neppure ad ammettere con sé stesso, “persino il parroco che non disprezza/ fra un Miserere e un’estrema unzione/ il bene effimero della bellezza/ la vuole accanto in processione” e i carabinieri, quelli per cui “il cuore tenero non è una dote […] ma quella volta a prendere il treno/ l’accompagnarono malvolentieri”.
Non è vero che “l’importante è come vivere la nudità”, che “non si tratta di mostrare il corpo per attirare gli uomini”. Chi se ne frega di come ognuno vive il proprio corpo privo di vestiti. Il punto è, semmai, renderlo campo libero, zona franca per qualsivoglia desiderio maschile e femminile che finalmente possa essere sgravato, per quanto possibile, da ogni sovrastruttura che lo ingabbia e lo costringe. Peraltro, condannare senza appello le intemperanze del testosterone è probabilmente la forma peggiore di inibizione che si possa portare avanti oggi come oggi.
Il sogno della fine di ogni stigma sociale è proprio rendere la passione lecita per tutti, è non sentire più la parola “puttana” e “puttaniere”, il superamento di ogni limite che fino a questo momento ha demonizzato una spinta naturale caricando il nostro corpo di una forza trattenuta, che diviene inevitalmente solo rabbia, violenza e, in conclusione, cancro.
Se Elodie fosse come noi a favore della libertà e, soprattutto, della liberazione del desiderio, finalmente decostruito, destrutturato e purgato da tutto il moralismo che per secoli l’ha oppresso, dovrebbe appoggiare la possibilità per chiunque di esternarlo, sempre nel rispetto della volontà altrui, l’orgia dionisiaca, la prostituzione sacra. E, più di tutto, dovrebbe darla, a cani e porci – soprattutto a questi ultimi –, perché la prima forma di liberazione sta nel togliere alla fica il valore simbolico e concreto di cui gode a detrimento di tutta l’umanità maschile.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Sull’asimmetria libidica mi limito a questo flebile indizio fornitoci da Esther Vilar ( https://commons.wikimannia.org/File:Esther_Vilar_-_L%27uomo_ammaestrato.pdf – pagg. 93-94): “… il sesso è sì un piacere per la donna, ma di gran lunga non il più grande. La gioia che le procura l’orgasmo è, nella scala di valori, molto inferiore a quello che le procura, per esempio, un party o l’acquisto di un paio di stivali di lacca color melanzana.”
La figa è sopravvalutata. Ovviamente ci interessa di più la cornice e lo spacchettamento di essa. Del resto, se la trovassimo per strada, non la raccoglieremmo di certo, così, irregolare, umida e maleodorante.