“DIMMI UN VERSO ANIMA MIA”: CROCETTI E BRULLO CURANO L’ANTOLOGIA DEFINITIVA DELLA POESIA UNIVERSALE (di Matteo Fais)
Monumentale e quasi spaventoso, a tratti straniante da guardare come il fondo della galassia, una cattedrale gotica che svetta nel deserto, un grattacielo appeso alle stelle. Dimmi un verso anima mia, questo colossale volume, così grande che Edipo l’avrebbe potuto usare come arma per uccidere il padre, porta quale sottotitolo Antologia della poesia universale, nel senso che è disperatamente tendente all’Universale, che vede i curatori animati da un’aspirazione di divina follia, ovvero abbracciare in un solo sguardo tutto il meglio dell’umana dote creativa in versi.
Naturalmente persino loro sanno che l’intento, per quanto encomiabile, risulterà almeno in parte disatteso dal punto di vista di ogni lettore di poesia – di solito sono i peggiori – che non troverà il suo favorito o uno dei preferiti e griderà allo scandalo. Io, per esempio, inseguirei Nicola Crocetti per strada con un palo divelto e torturerei Davide Brullo con un punteruolo, per non aver inserito Vincenzo Cardarelli…
Scherzi a parte, è d’obbligo segnalare questo pregevole volume, da possedere in ogni famiglia riponendolo accanto al Testo Sacro. Similmente, è necessario spendere due parole su quei pilastri portanti che hanno approntato alla sovraumana fatica, rivaleggiando con Ercole per 1200 pagine.
Nicola Crocetti lo conoscerete tutti – dite di sì, farabutti! – per essere l’editore della intramontabile rivista “Poesia”, passata addirittura dalle rastrelliere delle edicole agli scaffali delle librerie, e che da ben 35 anni dà lustro alle Patrie Lettere con la sua opera di divulgazione lirica.
Leggendo la sua prefazione è impossibile non notare quel nobilissimo spirito pedagogico e una strana forma di speranza che lo pervade, quel volersi imporre di credere nella possibilità della poesia come arma di miglioramento di massa. Anche il titolo del suo breve ma inteso scritto lo conferma: In difesa della poesia indifesa. “Perché, dunque, questa antologia, che spazia dall’antichità ai giorni nostri? E davvero la poesia ha bisogno di essere difesa? E contro chi? Credo che chiunque abbia scritto o scriva versi lo sappia molto bene: dall’indifferenza del mondo per questa forma d’arte”, dice lui, chiaro come un cielo che si apre all’estate, lanciando un monito che ha lo slancio superbo dell’ultima manifestazione di fede di un credente circondato da degli atei nichilisti. Vi è qualcosa di struggente nel suo cercare ragioni e recitarle come una preghiera: “Forse perché se in così tanti la scrivono è necessaria”.
Sull’altro versante abbiamo Davide Brullo, critico letterario primo della classe, o più che altro docente di questa, ma sublime impenitente, uno scapestrato che insegue farfalle alla ricerca del senso della vita, un delinquente che maneggia e distribuisce versi con la leggiadria di uno spacciatore in un quartiere malfamato, uno che in aula si porta le baccanti ubriache, per farle ballare, mentre lui tiene la sua soave lezione a colpi di lanciafiamme.
Che adorabile bastardo, basta leggerlo, con quel suo procedere aforismatico e le frasi dall’ispirazione celeste, quasi fosse un messaggero del divino, un Sidereus Nuncius. Le sue parole ti salgono al cervello bruciandolo come cocaina: “Questo volume è un libro di formule magiche, di esorcismi, di beneaugurali epigrafi, di oltraggi e di oltranze […] Questo è un libro antiaccademico, da usare come si maneggia un sortilegio. È un libro divinatorio. Da tenere sul comodino o sotto al letto, da donare consapevoli del rischio e della grazia che riserva […] Bisogna avere timore di ciò che sembra innocuo: ha avvenenza d’avvenire, la lussuria della sommossa. Va aperto a caso, questo libro – per instradarsi nel sentiero di un verso, per orientarsi al ritmo del poema”. È così geniale che ci sarebbe da internarlo in manicomio e gettar via le chiavi del Regno.
Leggetelo, compratelo – sono 50 euro, ma sacrificati sull’altare di una giusta causa –, regalatelo alla escort che vi siete portati a casa o alla moglie che l’abitazione ve la vorrebbe portare via, dopo avervi scoperti con una mano sulla coscia dell’altra e una a frugare tra le pagine. Ci troverete davvero di tutto, compresi nomi quali Simone Cattaneo e Valentino Fossati, dunque viventi e sopravvissuti, morti senza decomposizione, gente che, anche grazie a Crocetti e Brullo, si lascia accarezzare con la frusta dell’immortalità.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”). Ha pubblicato i romanzi L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima, entrambi per la Robin Edizioni. Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. È in libreria il suo nuovo romanzo, Le regole dell’estinzione, per Castelvecchi. Di recente, ha iniziato a tenere una rubrica su Radio Radio, durante la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana, intitolata “Il Detonatore”, in cui stronca un testo a settimana.
Ho letto per anni la rivista Poesia, davvero eccellente, quindi provvedo a ordinare il libro in questione. Grazie per la preziosa segnalazione.