L’EDITORIALE – LA PIAGA SOCIALE DI QUELLI DEL “MA VAI A LAVORARE” – FENOMENOLOGIA DI CHI ODIA I POVERI (di Matteo Fais)
Sono intorno a noi. Ne sentiamo la presenza. Più di tutto, li leggiamo. Sono tutti quelli che affastellano commenti su commenti sotto gli articoli dei giornali che ancora – magari non proprio per i migliori motivi – raccontano storie di emarginazione e sfruttamento, di disagio sociale e di lotte sindacali per chiedere qualche euro in più in busta paga, di disoccupazione e precariato.
Sono quelli che, se gli infermieri – gente che si fa un culo tanto, magari la notte, pulendo il culo a una vecchia inferma – manifestano per avere qualcosa di più di 1300 euro, si indignano. “Ma che cazzo volete, io ne guadagno 800”; “Mia figlia è laureata e fa uno stage per 400”; “E, allora, io che ho perso il lavoro?”.
E se c’è la cameriera di 23 anni che è stata licenziata dal lavoro in nero e chiede il Reddito di Cittadinanza: “Ehi, ragazzina, ma sei handicappata che non puoi andare a lavorare?”; “Ecco un’altra che vuole farsi mantenere da me che vado a lavorare”. Disgustoso!
Tutta questa terrificante umanità abita i social come i batteri la sporcizia. Odiano il signore di sessant’anni che da cinque non trova più lavoro e percepisce 500 miserabili euro, il giovane che non trova i soldi per andarsene di casa. E la tragedia è che appunto non sono ricchi, ma a loro volta navigano nella zona grigia al confine con la miseria – perché è comprensibile quell’insetto di Renzi che se la prende contro chi percepisce l’assistenza, in quanto lui lavora per i veri padroni, ma questi coglioni non si possono sentire.
E, appunto, in verità, il grande problema di questa Nazione sono loro, quelli incapaci di comprendere come si stia tutti sulla stessa barca, che fomentano la guerra tra poveri – in teoria appannaggio della classe dominante. Sono certo istigati dalla televisione che dipinge ogni giorno i poveracci come parassiti e tace sullo sperpero di denaro della comunità attuato, per esempio, dalla Sinistra al fine di girare nelle tasche dei propri accoliti i soldi che li mantengono al loro servizio, o dell’inutilità della maggior parte delle opere pubbliche.
Marx avrebbe parlato dell’assenza di una coscienza di classe e a ragione. Invece, loro sono lì ad accanirsi contro il vicino che in luogo 1200 euro ne ha a disposizione 1500. Se ogni volta riescono a mettercela in culo dai piani alti è soprattutto grazie a costoro, molto più di chi materialmente porta avanti politiche precarizzanti di macelleria sociale. Di capire che sarebbe così facile scendere in piazza tutti insieme non ci pensano nemmeno. Preferiscono, all’ennesima manifestazione autunnale degli insegnanti precari, borbottare di fronte al piccolo schermo: “Ma che vogliono ancora questi, con tre mesi ferie”.
P.S: per gli idioti, vorrei precisare che gli insegnanti non fanno tre mesi di ferie, perché anche a luglio, alla fine degli esami, sono comunque costretti a recarsi a scuola.
Matteo Fais