Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

LA “FILOSOFIA” DIETRO ELON MUSK (di Davide Cavaliere)

I ragazzi della Silicon Valley, i nerd diventati miliardari, carichi di ambizioni intellettuali e affamati di appalti statali, sono diventati i principali ideologi del megalomane coi capelli arancioni alla guida degli Stati Uniti. Le loro idee sono un’accozzaglia di angoscia apocalittica, utopismo scientista, radicalismo antidemocratico e «modernismo reazionario»

Quest’ultimo concetto, forgiato dallo storico Jeffrey Herf, si rivela necessario per comprendere (e smantellare) il conglomerato volutamente eterogeneo in cui PayPal, criptovalute e Palantir si fondono in speculazioni sulla futura «Età dell’Oro» e l’Eden tecnocratico. Un delirio fantascientifico.

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Uno dei libri veramente fondamentali degli anni Sessanta è stato La fine dell’ideologia di Daniel Bell. Nella prefazione alla nuova edizione pubblicata negli anni Ottanta, Bell insisteva sul fatto che, con quel titolo, non intendeva una scomparsa delle passioni ideologiche, ma piuttosto un momentaneo declino delle visioni radicali che intendono trasformare il mondo. 

Daniel Bell non fu il solo a prevedere quello che i filosofi post-marxisti ungheresi Ágnes Heller e Ferenc Feher avrebbero chiamato «il crepuscolo dell’universalismo radicale», ossia di quella visione del mondo che sostiene le democrazie liberali. Negli ultimi anni, infatti, abbiamo assistito alla coagulazione delle più disparate ideologie radicali, tutte accomunate dal rifiuto della modernità liberale. Il bersaglio di questo tempo è, in definitiva, la Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino.

Nuovi guru ideologici, autoproclamati eredi dei «rivoluzionari conservatori» degli anni Venti, cercano di resuscitare idee apocalittiche e bizzarie futuriste. Alcuni formano l’entourage «intellettuale» di Putin e trovano ispirazione nel fascismo di Ivan Ilyin, nelle fantasie eurasiatiche di Lev Gumilyov e, persino, nei rumeni della Guardia di Ferro come Mircea Eliade e Corneliu Codreanu; altri hanno fatto le loro fortune nella Silicon Valley e promuovono una rozza interpretazione della teoria del desiderio mimetico di René Girard

Ciò che li accomuna è l’ostilità viscerale verso l’alterità e l’infinito disprezzo per le comunità democratiche ritenute «decadenti» e «inefficienti». È la nuova versione di quello che il compianto storico delle religioni e pensatore politico Furio Jesi definì «neofascismo esoterico».

È uscito il settimo numero di “Il Detonatore Magazine” :https://www.calameo.com/read/007748197d5f3a87df468

Il principale esponente di queste tendenze nel mondo occidentale è certamente Peter Thiel, il miliardario cofondatore di PayPal e Palantir, nonché primo investitore esterno di Facebook e venture capitalist di enorme successo. Non sono tanto i successi economici di Thiel a doverci interessare, ma piuttosto i suoi macchinosi saggi di teoria politica, scritti nello stile esoterico del suo mentore, René Girard.

È affascinato dalla tesi del «desiderio mimetico». Noi umani, secondo Girard, modelliamo i nostri desideri su quelli degli altri, vogliamo solo ciò che percepiamo come voluto dagli altri. Se ammiriamo o siamo attratti da qualcuno, è perché abbiamo ragione di credere che anche quelli intorno a noi lo ammirino o ne siano attratti. E, inevitabilmente, dove due persone sono attratte da qualcuno o qualcosa, presto ne seguirà una terza. Questa idea del desiderio come relazione sociale è stata impiegata per analizzare il mercato delle criptovalute.

Si tratta di una tesi in contrasto con l’idea moderna di soggetto autonomo e razionale. Ora, ovunque più persone desiderino la stessa cosa e cerchino di ottenerla, si forma quella che Girard chiama rivalità mimetica. Se non viene contenuto, il desiderio mimetico diviene violento e tende a diffondersi endemicamente. Thiel avrebbe utilizzato questo quadro teorico per sviluppare molte delle sue teorie su politica ed economia.

Mentre lavorava al suo hedge fund, Clarium Capital, Thiel finanziò un progetto chiamato Palantir, il cui nome era ispirato a una pietra veggente della trilogia Il Signore degli Anelli di J. R. R. Tolkien. Come l’oggetto magico, questo software sviluppato da PayPal, cercava di raccogliere e analizzare un’abbondanza di dati governativi, dai registri finanziari al traffico telefonico, per prevenire frodi o atti ostili. L’idea era che il software fosse sufficientemente valido da identificare anche i terroristi islamici, che dopo gli attentati dell’undici settembre erano diventati l’ossessione di Thiel.

Più o meno nello stesso periodo, pubblicò quello che, da molti, è ritenuto il suo saggio più importante, Il momento straussiano, con cui chiedeva un ripensamento della politica moderna alla luce del jihad lanciato contro il mondo moderno. Il testo, un patchwork piuttosto banale di critica alla democrazia liberale, con riferimenti a Leo Strauss, Carl Schmitt e, ovviamente, René Girard, è semplicemente la copertura intellettuale della sua volontà di porre Palantir al servizio dell’intelligence statunitense.

Mentre il primo decennio del XXI secolo volgeva al termine, Thiel fece amicizia con Patri Friedman, un programmatore informatico nonché nipote di Milton Friedman,  che lo introdusse alle idee monetariste e libertarian. Nel 2009, scrisse un saggio per Cato Unbound, una rivista libertaria online pubblicata dal Cato Institute, in cui affermava di non credere più che «libertà e democrazia siano compatibili», polemizzando contro «il demos irriflessivo che guida la cosiddetta socialdemocrazia».

Nel frattempo, scopre il pensatore neoreazionario Curtis Yarvin, l’ennesimo informatico con ambizioni teoriche. Yarvin si oppone alla democrazia liberale, giudicata inefficiente e dispendiosa, in favore di una «tecno-monarchia» o, meglio ancora, di città-stato autoritarie iper-capitaliste e iper-tecnologiche.

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Le antiche ossessioni escatologiche di Thiel, originate da Girard, si fondono con la passione per la tecnica e la fantascienza producendo risultati grotteschi: nel 2015 pubblicò un saggio, Against Edenism, sulla rivista cattolica First Things. Muovendo da una considerazione sulla scarsità delle risorse naturali, il saggio culmina in un’argomentazione escatologica sulla necessità di un’accelerazione tecnologica: «Scienza e tecnologia sono alleate naturali per una cornice escatologica in cui Dio opera attraverso di noi nella costruzione del regno dei cieli oggi, qui sulla Terra, in cui il regno dei cieli è sia una realtà futura che qualcosa di parzialmente realizzabile nel presente».

Arrivati a questo punto è necessario chiederci cosa si celi dietro questo impasto di teorie antidemocratiche.

L’adesione e il supporto fornito alla peggiori tesi reazionarie è funzionale al discredito della democrazia liberale, unica architettura politica ancora capace – tramite le elezioni, il parlamento, le Corti costituzionali, le agenzie statali – di porre un freno alle sue sperimentazioni tecniche. Thiel, infatti, investe anche in settori eticamente compromettenti, come l’allungamento artificiale della vita e il contrasto all’invecchiamento.

Proprio come avvenne con Palantir. Una tecnologia come quella promossa è suscettibile di violare le norme in materia di privacy stabilite nelle democrazie, per questo si rendeva necessario aggredire, attraverso Strauss e Schmitt, proprio l’ordinamento liberaldemocratico, presentandolo come eccessivamente debole rispetto alla minaccia islamica. E, a ben vedere, lo USA PATRIOT ACT, approvato dall’amministrazione Bush nel post-11/09 sarebbe andato proprio in direzione di una compressione della privacy e dei diritti civili.

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Per Thiel, le procedure e le garanzie della vita democratica liberale sono un ostacolo e un’inutile pastoia. Solo l’innovazione tecnologica è fondamentale. Si tratta di un culto degradato del progresso, offerto nella forma consunta, ma sempre affascinante, di un futuro plasmato puramente dalla tecnologia. Una miscela di futurismo utopico e redenzione messianica.

Thiel usa tanta «scienza» per sostenere un’unica, semplice, idea, ossia che dovrebbero essere quelli come lui, i CEO miliardari e visionari, a decidere le sorti del mondo, ridotto a enorme laboratorio per sempre più raffinati esperimenti tecnoscientifici. Il miliardario americano, come Elon Musk, incarna un inquietante futuro alla Philip Dick. Il suo è un attacco all’umanesimo e allo spirito democratico nato in Europa. Un attacco alla civiltà.

Davide Cavaliere

L’AUTORE 

DAVIDE CAVALIERE è nato a Cuneo, nel 1995. Si è laureato all’Università di Torino. Scrive per le testate online “Caratteri Liberi” e “Corriere Israelitico”. Alcuni suoi interventi sono apparsi anche su “L’Informale” e “Italia-Israele Today”. È fondatore, con Matteo Fais e Franco Marino, del giornale online “Il Detonatore”.

Un commento su “LA “FILOSOFIA” DIETRO ELON MUSK (di Davide Cavaliere)

  1. Articolo stupendo, di grande profondità, che suscita numerose riflessioni. La tecnologia è uno strumento neutro, non va nè demonizzata nè idolatrata in quanto l’uso che se ne effettua compie la differenza. Gli strumenti tecnologici di cui disponiamo nella nostra età moderna possono senza dubbio apportare benefici incomparabili, ma allo stesso modo portare a distopie ben peggiori di quelle immaginate da Orwell in 1984.

    Il rischio principale è che l’ignoranza delle persone porti a un rifiuto della tecnologia, una sorta di luddismo che non farà altro che assegnare il vantaggio definitivo e irrimediabile ai tecnocrati che si impossesseranno delle nuove macchine a vapore (forse l’IA?) per dominare i nuovi mezzi di produzione.

    Teniamo gli occhi aperti.

    Quanto alla vuotezza culturale e filosofica, c’è un famoso e simpatico epiteto romanesco “Burino arifatto” che definisce appunto una persona che ha guadagnato grandi fortune grazie al suo lavoro ma i cui modi di fare contadineschi da venditore di burro ne tradiscono le origini. In questo è piena la Silicon Valley, ma in un certo senso gli Stati Uniti moderni sono un’enorme nazione di “burini arifatti” che hanno eletto Trump quale burino arifatto per eccellenza a loro rappresentante.

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