L’IMPERATORE DEL MALE (di Matteo Fais)

Bei tempi quando, per l’America, la Russia era l’impero del male – odio, quello reaganiano, ampiamente ricambiata dai suoi avversari. Oggi, gli US vogliono tubare con l’ex del KGB e allontanano stizziti tutti i vecchi alleati, compreso il povero Zelensky, contro il quale è stata riproposta tutta la solfa retriva della propaganda russa così diffusa in Occidente.

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Nella terra della Steppa, invece, con un giro di walzer di singolare leggiadria, si è passati dal dire peste e corna dell’America, vista come terra di Satana, patria della corruzione dei costumi e del degrado, a trattarla come una cara amicizia finalmente ritrovata.
Bisogna abituarsi anche a questo in tempi di trumpismo, dunque di follia generalizzata. Del resto, Donald (Fuckin’) Trump, il Putin d’Occidente, è la quintessenza dell’individuo postideologico, nel senso che non ha alcun credo da perseguire, alcun principio sacro a cui non venire meno, se non la propria sete di potere. Se domani gli venisse in testa che 2 più 2 fa 5 in luogo di quattro, perché ciò potrebbe tornare a suo vantaggio, imporrebbe una nuova aritmetica per decreto governativo.

In illo tempore, l’America faceva porcherie di ogni tipo, in giro per il mondo, con la motivazione – non del tutto balzana – di dover combattere, o quantomeno tenere a bada, i comunisti. Ma ciuffo arancione non ha come orizzonte la sua terra, solo il suo smisurato ego e non guarda in faccia nessuno nel perseguire la propria battaglia – o dovrei dire la sua Mein Kampf?
Mea culpa, mea culpa, mea maxima culpa, avevo pensato anch’io che tutto sommato potesse essere il male minore contro certi estremismi del woke. In verità, è solo il suo rovesciamento in chiave pseudo conservatrice. Trump non ricerca la verità contro la follia progressista e le sue degenerazioni, semplicemente impone la propria. Non esistono fatti, per fare il verso al filosofo, solo poteri che istituzionalizzano la propria interpretazione zittendo gli oppositori.

Naturalmente, giova ribadirlo, il neo Presidente è salito al potere anche grazie al delirio psicotico a cui i Democratici americani hanno sottoposto l’America e il mondo per più di un decennio, con il #metoo come con tutte le follie woke di riscrittura della letteratura e fantasiosa reinterpretazione cinematografica della storia a mezzo di attori di colore nei ruoli meno adatti a questi.
Il risultato è sotto gli occhi di tutti. Adesso, ci dovremo subire 4 anni in cui quest’uomo, senza alcuna remora, demolirà rapporti oramai consolidati con l’Europa, oltre a sconvolgere un gruppo umano, la Sinistra d’oltreoceano, il quale ne uscirà ancora più incattivito e battagliero.
Com’è chiaro, a lui non gliene potrebbe fregare di meno, essendo che ha quasi ottant’anni e nulla da perdere – un giorno bisognerà, infatti, discutere seriamente dei rischi di mettere un vecchio alla guida di un Paese. Il problema è per noi e per i suoi connazionali, ai quali lascerà un mondo ancora più conflittuale e lacerato.

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L’unica nota di speranza è che la storia non muore qui. Ogni grande trasformazione, come la fine della schiavitù in America, ha avuto i suoi oppositori, ancorati a una folle tradizione, e ci sono voluti decenni per ridefinire una nuova visione del mondo. Sartre diceva che i francesi non sono mai stati liberi come sotto l’occupazione nazista, volendo dare a intendere che una situazione di difficoltà e pericolo simile li aveva messi nella condizione di dare prova di quanto tenessero alla propria indipendenza. Ecco, Trump ci servirà per capire se davvero l’America è una Paese democratico che può redimere sé stesso o se questo becerume volgare e pacchiano, segnato da un patetico autoritarismo, è il suo destino.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Il trasformismo geopolitico di certa politica internazionale somiglia sempre più a un valzer stonato, dove la coerenza è l’unica a restare senza invito. Quanto a Trump, difficile non riconoscere in lui il campione di un’epoca in cui la realtà è negoziabile, purché serva a consolidare il potere di turno.
Concordo senza riserve: Trump non è l’antidoto agli eccessi del pensiero woke, ma solo il riflesso deformato di quell’estremismo che dice di combattere. La sua crociata non ha nulla di ideologico, se non l’idolatria di sé stesso. Alla fine, non è questione di verità o giustizia, ma di chi riesce a urlare più forte e a riscrivere le regole a proprio vantaggio.
La cosa realmente assurda è che in europa si parli ormai praticamente solo di cosa fa/dice Trump. Gli stati europei erano delle potenze mondiali fino al 900, pur lavorando ognuno per fatti suoi e addirittura fronteggiandosi tra loro.
Adesso che siamo uniti, non riusciamo ad avere una voce autorevole che possa rispondere alle politiche aggressive di Trump. Non posso biasimare Trump o Putin, fanno gli interessi delle loro nazioni. Il problema è che i nostri politici sono stati asserviti agli USA negli ultimi 50 anni.
Se adesso gli USA abbandonano l’UE a se stessa(poi bisogna vedere quanto di questo sia reale e quanto di questo sia solo una perenne campagna elettorale) per gli europei è la più grande opportunità dai tempi del colonialismo dal punto di vista geopolitico.
L’UE potrebbe sostituirsi agli USA nel supporto all’ucraina, farla entrare nell’UE, e proteggerla dalla russia, e riacquisire quel ruolo che gli spetta nel mondo. Lasciare l’Ucraina ricca di minerali e terre rare in mano a Putin, quando gli ucraini NON vogliono stare con la Russia, sarebbe il più grande errore che l’UE possa fare, e se sbagliamo stavolta, tantovale chiudere tutto li a Bruxelles e in questo la pressione che subiamo dalla Russia attraverso la disinformazione sui social è elevatissima.
Andare a piangere da mamma USA sperando che fermi Putin il cattivone è infantile. Abbiamo tutti i mezzi per fermarlo noi stessi ed essere padroni del nostro destino.