DARWIN DAY – (di Melania Acerbi)

Charles Darwin non era un rivoluzionario rumoroso, né un accademico in cerca di notorietà. Era un uomo riservato, timido, spinto da un’inesauribile curiosità più che dall’ambizione. La sua vita fu un lungo atto d’amore per la conoscenza, la natura e la sua famiglia.
Nato nel 1809, in una famiglia benestante, Darwin non brillava negli studi tradizionali. Suo padre, un medico rispettato, sperava che seguisse le sue orme, ma Charles detestava la medicina, il sangue e la rigida educazione accademica. Ciò che lo affascinava erano gli insetti, le piante, le rocce. Più che un allievo modello, era un giovane che si perdeva nei boschi, che raccoglieva coleotteri con l’entusiasmo di un bambino. Era questa insaziabile curiosità a distinguerlo.

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Nel 1831, a soli ventidue anni, Darwin si imbarcò sul Beagle per un viaggio che avrebbe cambiato la sua vita. Era poco più che un ragazzo, ancora inesperto, ma con una dote preziosa: sapeva osservare. Le pagine del suo Viaggio di un naturalista intorno al mondo sono piene di stupore.
A Bahia, in Brasile, scrive: “Vivere alcuni giorni in queste foreste è come assistere a uno spettacolo incantato”. Nelle Galápagos osservava con attenzione minuziosa i fringuelli, notando differenze nelle loro forme e nei loro becchi: dettagli che, anni dopo, si riveleranno cruciali per la sua teoria dell’evoluzione. Infatti, non trasse subito conclusioni. Non era un uomo delle certezze immediate: era un osservatore, un pensatore paziente.
Darwin era riservato. Non cercava il dibattito, né il clamore. La sua stessa teoria, così rivoluzionaria, fu elaborata con estrema cautela. Sapeva bene che la sua idea – la selezione naturale – avrebbe sollevato dubbi e critiche e, proprio per questo, esitò a lungo prima di pubblicarla.

Il suo rapporto con la fede fu complesso. Da giovane, credeva fermamente in Dio; studiò perfino teologia a Cambridge. Ma la sua visione si fece più incerta col tempo, senza mai sfociare in un ateismo militante. La malattia e la morte della sua amata figlia Annie segnarono profondamente il suo animo. Tuttavia il rispetto per le convinzioni religiose degli altri rimase intatto, in particolare per quelle di sua moglie Emma, credente devota.
Era anche un gentiluomo: quando, nel 1858, Alfred Russel Wallace gli inviò un manoscritto che delineava una teoria sorprendentemente simile alla sua, avrebbe potuto rivendicare la priorità e scavalcare il collega. Ma il suo senso di giustizia prevalse. Con grande garbo e umiltà, Darwin propose una pubblicazione congiunta, dimostrando che per lui la verità scientifica contava più della gloria personale.
Eppure, ancora oggi qualcuno usa il termine “evoluzionista” in senso dispregiativo, come se Darwin fosse stato un distruttore di valori. Egli non fu mai un nemico della religione, né un freddo scienziato privo di umanità. Fu un uomo di pensiero, ma anche di emozioni, un naturalista che amava profondamente la vita nelle sue forme più semplici.

A differenza di lui, Thomas Henry Huxley, il suo ardente sostenitore, non era certo un soggetto pacato. Conosciuto come “il mastino di Darwin”, Huxley difese la teoria dell’evoluzione con una passione e un’aggressività che il timido Charles non possedeva. Era Huxley a dibattere con vescovi e studiosi, a rispondere alle critiche con battute taglienti e argomentazioni ferree. Darwin osservava da lontano, forse con un mezzo sorriso.
Curiosamente, Huxley fu anche il nonno di Aldous Huxley, autore de Il mondo nuovo. Segno che il gene della curiosità e della provocazione intellettuale scorreva nelle vene della famiglia.
Negli ultimi anni della sua vita, Darwin visse nella quiete di Down House, dedicandosi ai suoi studi e ai suoi affetti. Era un uomo di routine, amante delle lunghe passeggiate, delle piante e degli animali. Ma non solo gli animali da laboratorio: casa sua era piena di cani, gatti e persino un gufo che amava fargli compagnia nel suo studio. Osservava con dedizione le variazioni nei piccioni domestici, quasi fossero il cuore di una grande teoria.
La scienza non fu mai, per lui, un’arida raccolta di dati. Era uno slancio d’amore, un modo per comprendere la meraviglia del mondo senza distruggerne il mistero.

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Nel 1873, Karl Marx scrisse a Darwin, inviandogli una copia del suo Il Capitale con una dedica ammirata. Sperava forse in una qualche forma di alleanza intellettuale. Ma Darwin, sempre schivo e lontano da qualsiasi coinvolgimento politico, rispose con cortesia, ringraziando per il dono, ma rimanendo distante dalle idee del filosofo tedesco. Non si sentiva un rivoluzionario, né desiderava che la sua teoria fosse usata per fini ideologici. Per lui, la scienza e la politica erano mondi separati.
C’è qualcosa di infinitamente umano in quest’immagine. Non il grande scienziato che rivoluziona il pensiero, non il ribelle che sfida l’ordine costituito, ma un uomo che, fino all’ultimo, continuò a guardare il mondo con occhi innamorati.
Melania Acerbi
L’AUTRICE
Melania Acerbi è nata a Pistoia, il primo di settembre del 1993. Storica dell’età moderna, laureata a Firenze. I suoi studi si concentrano sull’impatto del Nuovo mondo su quello Vecchio, sulla storia della cultura, delle idee e dei viaggi per mare. Cofonda nel 2017, il Seminario Permanente di Storia Moderna che si tiene ogni anno al Polo di Storia dell’Università degli studi di Firenze (e in diretta streaming).
Contatti: mel.acer@gmail.com