COSA CI DICE IL CAPODANNO DEGLI ITALIANI (di Matteo Fais)
Se volete lasciare ogni speranza, oh voi che entrate nel nuovo anno, non vi resta che sintonizzarvi, la notte del 31, su un qualsiasi canale delle principali tv italiane. Lo spettacolo del degrado è a disposizione di ogni sociologo o occhio attento che vi sia.
Davvero, che situazione aberrante! Una Nazione vecchia di decenni si raduna in piazza per cantare canzoni oscene riproposte da soggetti che oramai dovrebbero essere in pensione da tempo e che, invece, sono ancora lì, mescolati ai giovanissimi – e, comunque, rispetto a questi, pur avendo azzeccato spesso non più di tre canzoni in una vita, continuano ad avere una ratio essendi superiore a quella degli ultimi arrivati.
Una dramma imbarazzante! I Ricchi e Poveri, bardati per nascondere gli anni alle spalle, con i capelli tinteggiati e i lustrini che li fanno apparire persino più ridicoli di quando iniziarono, accendono la piazza con canzoni-cazzate inaudite, come Sarà perché ti amo. E il tragico è che sono anni luce superiori al migliore trapper presente sulla mercato – questo bisogna riconoscerglielo.
Ogni anno, se proprio non bastassero le quotidiane manifestazioni che abbiamo dai social, ecco apparire il popolaccio, sporco e brutto, puzzolente di un benessere che non ha cagionato in esso alcuna evoluzione intellettuale e di gusto.
Li abbiamo mandati a scuola a viva forza, per imparare che da sempre il potere prende per i fondelli le masse a mezzo di panem et circenses e loro sono tutti lì, ammassati, a chiedere esattamente panem et circenses. Questo a dimostrazione del fatto che non hanno bisogno di essere tirati fuori dalla loro condizione di miseria spirituale e abbruttimento fisico, poiché entro questa godono di una felicità primordiale, animalesca e barbara. Che disfatta!
Certo, chi non avesse visto simili spettacoli potrebbe ritenere che, da parte mia, ci sia un atteggiamento ingiusto o – mon dieu – classista. Guardate voi stessi, se non vi fidate. Osservate pure come siano scossi dalla gioia mentre ascoltano la solita porcheria canora. Il presentatore li incalza e loro rispondono bravi e acquiescenti, come sono sempre stati gli italiani.
E quando si lamentano – perché è accaduto anche questo – è stato solo perché, invece di dare loro i soliti Tony Effe ed Elodie, in piazza hanno portato un prodotto di qualità. È accaduto, per esempio, a Cagliari, dove l’amministrazione, con il solito disinvolto dispendio di denaro pubblico, ha avuto la bella pensata di portare nientemeno che Stewart Copeland, batterista e membro fondatore dei Police.
Sotto i pezzi scritti dai giornali regionali in merito alla serata, la plebaglia presentava le sue rimostranze ululando indignata e ghignante come un branco di iene: “Ma chi lo conosce?”, “Avete svuotato la piazza”. Ed effettivamente, a giudicare almeno dalle immagini, la gente confluita per le strade, per godere dello spettacolo di uno dei più grandi musicisti al mondo, era molto meno di quella presente per una danzatrice di lap dance come Elodie. Cose da pazzi, o meglio manifestazioni di una democrazia totalmente immatura.
Bisogna avere il coraggio di riconoscerlo, è in momenti simili, come a Capodanno, che si vede la vera natura di un popolo. Il nostro è tutto lì: petardi, inutili squilli di tromba e cantanti da strapazzo. Se vi chiedete perché siamo invasi da extracomunitari e risultiamo territorio di conquista per certa imprenditoria estera palesemente mafiosa, il motivo è presto chiarito: non valiamo niente, per lo meno la maggior parte di noi. L’Italia, nella sua storia, ha fatto tanto per il mondo. Oggi come oggi, suscita solo pietà.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
Già, siamo proprio un popolo di “bocca buona”, con una predilezione specifica per quel “mollichiccio e tenerume, più degno invero d’un popolo di eunuchi che non di robusti e dignitosi italiani”, come disse il poeta.