RIESCONO A FAR PASSARE PERSINO TONY EFFE DALLA PARTE DELLA RAGIONE (di Matteo Fais)
Misteri della fede woke: ogni volta che uno di loro apre bocca, riesce a far diventare un qualcosa o qualcuno, di artisticamente e intellettualmente insignificante, degno di nota, meritevole di rispetto, quasi un campione della libertà di parola.
È il caso, per esempio, di Tony Effe, cantante che le persone sane di mente e dotate di un minimo di gusto non avevano neppure sentito nominare, prima che tutti i media mainstream cominciassero a citarlo, a seguito della sua esclusione dal concerto romano per il Capodanno.
L’accusa? Manco a dirlo: sessismo, maschilismo, misoginia. È fondata? Probabile, a giudicare dai testi. Valutate voi: “Ti sputo in faccia solo per condire il sesso / Ti chiamo puttana solo perché me l’hai chiesto / Ti sbavo il trucco, che senza stai pure meglio / Ti piace solamente quando divento violento”; “Lei la comando con un joystick / Non mi piace quando parla troppo (troppo) / Le tappo la bocca e me la fotto”.
Verrebbe da dire, tanto per rimanere sul medesimo registro usato dal trapper: ma chi se ne fotte! Parliamo di un genere musicale che si trova alla fine della musica e dell’arte, ascoltato da chi, non solo non ha mai aperto un libro, ma si contorceva come un ossesso di fronte all’abbecedario delle elementari. Persino il rap, a suo tempo tanto discusso, è il canto di Dio a paragone – ascoltate, se non ci credete, Shame on a Nigga dei Wu-Tang Clan, o Lo straniero dei nostri Sangue Misto.
Ma perché sbattersene altamente le palle? Perché la faccenda è ridicola. Questo cantante rifiutato persino dall’autotune non è né il primo né l’ultimo a mettere in musica sentimenti che, socialmente parlando, in questi tempi di ipersensibilità diffusa, potrebbero far discutere. Eppure, non si può fare a meno di notare che tali sensazioni tossiche sono sovente alla base di canzoni di mostri sacri quali, per dire, i Guns ‘n’ Roses, che calcano ampiamente l’italico suolo e fanno squarciare la gola a giovani e gente di mezza età con pezzi come You Could Be Mine, Bad Obsession, Back Off Bitch, che parlano di soggiogamento psicologico e vera e propria sopraffazione del femminile. Non si capisce perché, malgrado il me too e la cancel culture diffusi in tutto il mondo, nessuno abbia mai messo in luce la pericolosità del machismo di Axl e company.
Corre l’obbligo di sottolineare incidentalmente anche un altro fattore: le donne vanno a vedere i concerti di questi uomini che, palesemente, non hanno certo come primo pensiero il rispetto nei loro confronti. Ci vanno e fanno spesso di tutto per incontrare i loro idoli dalla mascolinità esuberante.
Conosco già l’obiezione: è il solito argomento di chi dice che, vestendosi in un certo modo, le femmine si cercano la violenza. Neanche per sogno: la violenza si subisce contro la propria volontà – se si tratta di una vera violenza –, mentre queste donne idolatrano e ricercano la vicinanza di simili soggetti senza essere forzate. Si assumano, dunque, le proprie responsabilità. Se davvero hanno un senso così forte della dignità personale, abbiano il buon gusto di evitare le manifestazioni artistiche, o presunte tali, dei misogini. Sapete, è un po’ come quando si parla del porno più estremo e degradante: se è vero che dietro ci sono degli uomini che provano un sadico piacere nell’umiliare le donne, è altresì vero che è pieno di tizie disposte, in cambio di denaro, a sottoporsi a tale umiliazione – diversamente dalle prostitute vittime di tratta.
Tra parentesi – e qui è il caso di rivolgersi a tutti i rappresentati del wokism che supportano queste stronzate di battaglie: ma non lo capite che è grazie a voi se sta risorgendo il conservatorismo? Trump ne è un esempio. La pubblica opinione, sentendosi braccata dalle vostre crociate pretestuose e senza senso, che non hanno alcuna ricaduta sulla vita pratica dell’uomo medio, per reazione, si butta sull’estremismo opposto.
Detto ciò, l’unica cosa che è venuta meno è la discussione su quella porcheria di prodotti canori di Tony Effe – ecco un fondato motivo per allontanarlo non solo dal palco del concerto di Capodanno a Roma, ma da qualsiasi spazio destinato a una esibizione artistica. Non c’è niente da fare, i woke fanno sempre degenerare la discussione e riescono a far passare dalla parte della ragione persino chi è nato per essere in torto.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).