UNA POLTRONA PER WOKE (di Matteo Fais)
A voler essere complottisti, si potrebbe quasi pensare che lo facciano apposta per garantire il successo del più becero fronte conservatore. Molte volte, è difficile credere che la Sinistra woke possa sparare cazzate tanto ridicole, tali da rasentare la parodia di sé stessi.
Persino quegli imbecilli del Ku Klux Klan, quando vengono intervistati, e su YouTube potete trovare vari esempi, si guardano bene da riproporre certe tesi che furono dei rappresentanti del passato, per il mero fatto che oggi farebbero non solo sorridere, ma proprio scompisciare. Un americano risponderebbe loro “Come on, you can’t be serious”.
Purtroppo, invece, i woke insistono nel farsi ridere dietro, nell’incarnare la barzelletta del popolo. L’hanno fatto talmente bene da tirare la volata a Donald Trump, in America, al quale è bastato parlare appena vagamente fuori dai denti, evitando di recitare a ogni costo la parte del rispettabile, per far pensare ai propri connazionali, incollati alla televisione, “Lui è uno di noi” – cosa che, manco a dirlo, il tycoon con il ciuffo alla paperino non è per niente, visto che lui non ha certamente i problemi dell’uomo medio rispetto all’inflazione galoppante oltreoceano.
Nel pieno della disperazione, proprio come il commerciante a cui va male l’attività e, pertanto, si accanisce nell’aumentare i prezzi fino al fallimento, loro spingono i propri atteggiamenti e posizioni perdenti al parossismo più grottesco.
Appena l’altro giorno, qui da noi – che, stando ai confini dell’impero, tendiamo a voler portare ancora più in là la follia americana –, Vanity Fair, giornale noto per il suo essere assolutamente trascurabile, evidentemente a corto di argomenti, ha lanciato i suoi strali di indignazione contro la riproposizione, al cinema, dell’arcistranoto Una poltrona per due, assurto sullo Stivale a film natalizio per antonomasia da oltre trent’anni (https://www.vanityfair.it/article/una-poltrona-per-due-film-razzismo-polemiche).
Sembrerà assurdo, ma è così, il fatto che torni nelle sale in versione restaurata in 4k li ha fatti saltare sulla sedia (“Risulta alquanto spiacevole, ad oggi, ascoltare uno dei fratelli Duke del film […] usare la «N-word» per appellare il personaggio di Billy Ray Valentine (Murphy). E lo è altrettanto rendersi conto che, sullo sfondo delle stanze del potere, ci sia solo servitù afroamericana”). Lo so cosa state pensando – e a ragione: “Che palle! Ma questi non hanno niente di meglio a cui dedicarsi?!”.
No, signori, la Sinistra, qualunque Sinistra, non ha mai avuto se non una visione assurda della dialettica sociale. Dalla storia intesa come mera lotta di classe, all’avversione di Pol Pot contro gli intellettuali, fino alla cancel culture, ciò che si è diffuso a livello popolare sono sempre state non idee di giustizia, ma prospettive idiote sul mondo, tendenti ad appiattire la complessità, a cercare capri espiatori, a voler demonizzare senza mai pensare a salvare il salvabile in un concreto progetto di palingenesi.
La crociata persino contro un film innocuo – invero, non una novità – come Una poltrona per due ne è la riprova. La loro volontà è di portare lo scontro in ogni contesto, anche a costo di cagionare l’ilarità generale. Il sacrosanto principio della decostruzione perenne, in mano loro diventa commedia, moralismo da beghina, capriccio da ragazzina vezzosa.
Per farla semplice, il loro è un gridare costantemente al lupo al lupo fino a che nessuno ti prende più sul serio, per di più con un tono insopportabile. Da “una risata vi seppellirà” sono passati al farsi sghignazzare dietro, dalla critica sociale al buonismo letale.
Diciamo poi che la civiltà social non ha aiutato, spingendoli a ricercare la volgarizzazione di argomenti che, quando formulati dalle loro migliori menti – come appunto la decostruzione – potevano anche avere un senso nobile. Sono lontani i tempi in cui Marcuse e tutto il cosiddetto maxismo culturale si rivolgeva all’analisi dei fenomeni culturali di massa, indagandone l’intima radice propagandistica, la tendenza a farsi vettore dello status quo imperante nella società capitalistica. Oramai il tutto si è mutato in polemica sterile, a cui la Destra replica giustamente a suon di meme.
Dopo aver buttato giù statue, riscritto la letteratura del passato e corrotto quella del presente con il politicamente corretto, trasformato i concorsi di bellezza femminile in passerelle per trans, non fanno più neppure ridere. Davvero, oramai, sono semplicemente patetici.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).