LA PATETICA RIVOLTA DEI NORMIE (di Matteo Fais)
Se entraste nella sede di un gruppo di orientamento nazista, fascista o comunista, la prima cosa che notereste è che tutti i membri appaiono quanto di più distante vi sia dal prototipo del virilissimo fascista, dalla razza superiore teorizzata da Hitler, o dalla guadia rossa che, sotto la morsa del gelo, resiste all’assedio di Stalingrado.
Più probabilmente vi trovereste al cospetto di quello che i regimi menzionati avrebbero considerato scarti umani: energumeni tatuati come se fossero nati e cresciuti conoscendo unicamente l’ecosistema della galera, donne che durante il Ventennio non avrebbero potuto lavorare neppure in un casino di bassa lega, e ragazzi in sovrappeso convinti che a parlare bene del sovietismo si raggranelli qualche fighetta da scopare. Qualcosa di simile si nota in quei film Lui è tornato e Sono tornato, in cui i due famosi dittatori, il tedesco e l’italiano, ritornano improvvisamente in vita e, tra le altre cose, si recano in visita in alcune sedi di partiti a loro ispirati.
Ma questo è ancora un discorso diverso, perché la vita nella realtà è sempre molto diversa da quella che si conduce online, ovvero dove oggi in molti hanno traslato il grosso delle proprie attività, in quella dimensione così vicina e, al contempo, così lontana, che li fa sentire immensamente protetti. Se andaste a sbirciare nei gruppi pseudo sediziosi e facinorosi che si incontrano su internet e sui social media, lì dove si critica aspramente il capitalismo – specie il fantomatico neoliberismo –, si dice tutto il male possibile delle donne, o dei maschi, si parteggia per i palestinesi, per Putin, per la Corea del Nord, Cuba, rimpiangendo Stalin, Benito e Adolfo – sovente, addirittura, auspicando una commistione tra i tre –, notereste che a prendere parte alle discussioni non ci sono soggetti tipicamente associabili con una vocazione rivoluzionaria, del genere, per intendersi, di Andreas Baader, Ulrike Meinhof, Prospero Gallinari, Mario Moretti, Susanna Ronconi, o – tanto per citarne uno forse ancora più peculiare – il sempre caro Theodore Kaczynski, noto Unabomber.
No, signori, a spulciare, quando non sono nascosti dietro pseudonimi per paura di essere rintracciati dalla CIA – pensate la paranoia –, si tratta di personaggi tra i più banali possibili, così tali da risultare dei normie. Per colmare l’ignoranza del boomer medio rispetto a questo termine giovanilistico, con normie si intende “Un individuo qualunque. Con connotazione polemica, chi negli atteggiamenti e nel comportamento si conforma alla società e alla maggioranza”.
Insomma, avete presente quel vostro amico che non ha mai avuto interessi culturali che andassero oltre i videogame e le canzoni degli 883, il quale ha sempre sognato una ragazza, la serata in discoteca, la pizza con gli amici, magari una famiglia. Non parliamo, insomma – o, certamente, non in massima parte –, di lettori e studiosi di Oswald Spengler, Martin Heidegger, Carl Schmitt, Karl Marx e via dicendo, gente con la predisposizione per le barricate e la guerriglia urbana, sansepolcristi di nuova generazione, terroristi animati da un’idea di giustizia proletaria, o novelle Simone de Beauvoir.
Più probabilmente si tratta del trentenne pingue, con una storia di bullismo subito tra le scuole medie e superiori, disoccupato, tendenzialmente privo di un titolo di studio o laureato in ingegneria con la convinzione che un simile percorso l’avrebbe presto reso un milionario – e, pertanto, provato da una forte depressione. Oppure, sui forum femministi, vedrete la tizia sformata e dai capelli rosa che, dopo un discreto carosello di cazzi, essendo oramai una quarantenne male in arnese, non ha trovato il suo principe azzurro e ha compreso che i tanti che si sono succeduti se la sono unicamente scopata – la libertà sessuale può avere anche di queste controindicazioni, meglio tenerlo presente. In breve, gente che non ce l’ha fatta.
I gruppi più estremisti online raccattano tutta questa serie di personaggi: quelli che non scopano; quelli che a quarant’anni speravano finalmente di sistemarsi con una brava ragazza vergine; le donne che a un certo punto hanno scoperto di non essere così attraenti come credevano e che, pertanto, hanno abbracciato il femminismo più estremo, perché quelli che non vogliono le rompicoglioni come loro sono tutti “maschi tossici” e via dicendo. Gli estremismi virtuali sono tanti, di tutti gli orientamenti possibili e immaginabili. Ognuno soddisfa la propria fetta di mercato.
Il tratto comune è che ciascuno di essi fornisce una giustificazione all’insoddisfazione di un determinato segmento dell’umanità. Dunque, in un gruppo redpillato o incel, ti diranno che, se sei arrivato vergine a quarant’anni, il problema non sei tu, ma le donne brutte e cattive che vanno solo con il 5 percento degli uomini, tutti alti, biondi e possenti. Similmente, nei gruppi tipo “Non una di meno”, alla ragazza che è stata malmenata dal marocchino, non racconteranno che è colpa sua se si è accompagnata a uno spacciatore immigrato, perché tutti gli uomini sono porci maneschi, patriarcali e desiderosi di sottomettere le donne. In ultimo, non c’è una grande differenza tra il “swallow the red pill” e il “stay woke”, per quanto i movimenti in questione non facciano altro che insultarsi vicendevolmente – si tratta dei due fronti opposti dell’odio di genere.
La strategia è sempre trovare un capro espiatorio che incarni in sé ogni male: gli ebrei, gli americani, il neoliberismo, il femminismo, il patriarcato, gli immigrati. Davvero online si trova gente convinta che, se non ha una ragazza, è per colpa dei semiti che avrebbero manipolato la mente del genere femminile, dato il loro controllo assoluto sui mezzi di informazione, così da trasformarle tutte in un branco di puttane senza scrupoli. Similmente, si trovano tizie convinte che non rasarsi i peli sotto le ascelle sia un modo per combattere questo assurdo fantasma del potere maschile, rappresentato dal patriarcato.
Chiusi nella loro bolla, i normie frustrati, poi, inventano storie senza fondamento in cui finiscono per credere. Quindi ecco che un tempo tutti avevano una donna bellissima e fedele che li amava; in Russia, grazie a Putin, c’è ordine e disciplina, tutte le famiglie sono unite; oppure vagheggiano la grandezza di regimi comunisti in cui chiunque, ogni giorno, avrebbe da mangiare a più non posso, un lavoro sicuro e nessuno conoscerebbe la mesta solitudine dell’individuo alienato dei paesi capitalisti.
Naturalmente, questa gente non immagina neppure quanto sia fortunata a vivere in questo tempo che, fuor di dubbio, fa schifo sotto tanti punti di vista, ma è infinitamente meglio di un passato tanto idealizzato in cui anche i bambini lavoravano dodici ore al giorno, il regime alimentare dei più era ridotto ai legumi, non esisteva neppure lo scaldabagno e le donne a quarant’anni sembravano nonne di cent’anni.
In un’epoca di insoddisfatti, in cui esiste effettivamente un grande malcontento – sovente figlio dell’eccessivo benessere –, non è strano che ad aderire idealmente alla protesta siano spesso persone di ambo i sessi così normali da rasentare la figura del patetico Ragionier Fantozzi. Non teste calde, o geni, come Kaczynski, con un QI più alto della media che, di conseguenza, è facile immaginare vivano con insofferenza entro un’esistenza da uomo medio. No, oggi, è proprio il medioman, o la mediowoman, che non ce l’ha fatta a cercare di darsi un tono giocando alla guerriglia via web – anche perché, se dovesse imbracciare il fucile, o compiere un attentato, se la farebbe addosso.
Inutile anche precisare che questa gente non sogna un mondo migliore, è semplicemente incarognita per non essere riuscita a guadagnare neppure una posizione minima nella realtà, per non essere riuscita a divenire almeno quella mediocrità che, oggi, le appare come un sogno. La loro radicalizzazione non è volontà rivoluzionaria, ma una ridicola reazione al trauma per il rifiuto che la vita ha espresso nei loro confronti.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).
10 e lode sarebbe troppo poco per questo articolo, mi viene difficile dare una valutazione. Le stesse disagiate capeggiate dalla Schlein che credono di combattere il fascismo non hanno compreso che in un vero regime fascista sarebbero spazzate via in 5 minuti. Molti anche sedicenti fascisti farebbero probabilmente la stessa fine in quanto probabilmente verrebbero considerati esseri inferiori.
La teoria del complotto serve a soddisfare l’eterno desiderio dell’uomo di trovare un Emmanuel Goldstein, l’eterno e banale dualismo tra Capitan America contro i nazisti.
Quello che manca in questa societa’, aspetto che si evince spesso anche dal tono dei suoi articoli, e’ la mancanza di empatia vera.