Il Detonatore

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IL CAPITALISMO E LA FAMOSA “ASSENZA DI ALTERNATIVE” (di Matteo Fais)

Uno degli argomenti più gettonati contro l’universo occidentale e capitalista è che questo avrebbe reso impossibile pensare un’alternativa a sé stesso, specie dopo la caduta dell’Unione Sovietica – per tal motivo, oggi, molti si rvolgono a Putin come ultimo baluardo contro lo strapotere americano. Il filosofo per antonomasia di questa scuola di pensiero in cui, sotto lo stesso tetto, convivono comunisti e cultori di un fascismo ideale, oltre ai soliti disagiati rossobruni, si chiamava Mark Fisher e nel suo libro, Realismo capitalista, sostiene, con una “frase attribuita a Frederic Jameson e Slavoj Žižek”, che “è più facile immaginare la fine del mondo che immaginare la fine del capitalismo”.

Nel suo caso, come per quel che riguarda tutta la pletora di soggetti che gli fanno il verso, l’unica cosa sensata da fare – e che certamente non avrà grande successo presso le masse, a cui bisogna vendere emozioni forti, non solide realtà – è tentare di riportare alla concretezza questi vaneggiamenti catastrofisti e fantascientifici, decostruirne l’utopismo spicciolo.

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La prima cosa, quando si analizza una situazione reale, è eliminare dal proprio orizzonte l’idea di un paradiso, la visione messianica di un universo pacificato, in cui tutti staranno bene, a nessuno mancherà niente e via delirando. Non è mai esistito, né mai esisterà. Tutto ciò che è, per definizione, è imperfetto. Può essere migliorato, ma non potrà mai raggiungere la perfezione. La realtà è una cosa, il sogno è un’altra.

È un po’ come quando i sostenitori della non libertà umana avanzano l’idea che l’individuo non sia tale perché non può schioccare le dita e ottenere ciò che vuole. Quella di cui loro parlano è appunto la libertà del sogno, quella in cui si può volare come fare l’amore con chi ci pare. Nella realtà, invece, si è liberi perché ci si oppone a uno stato di cose, cercando di far fronte alla resistenza che oggetti e situazioni ci oppongono. Volgarmente, non è vero che non sei libero perché, proprio adesso che ne avevi bisogno, la macchina si è rotta, ma perché cerchi una soluzione con la tua volontà a una condizione che si è presentata.

Per tornare al tema, i paranoici sostenitori di questa teoria dell’assenza di alternative, ovviamente, non chiariscono mai bene cosa vorrebbero loro come opzione da contrapporre allo spietato universo del capitale e ciò non è un caso. Sovente questi soggetti, invece di parlare apertamente dell’idea di dittatura che hanno in testa, gettano merda sul mondo in cui viviamo, affinché le persone finiscano per trovare più attraente persino una delle tante aberrazioni che la storia ci ha fatto conoscere.

Naturalmente, la loro strategia non manca di sottigliezze. In sostanza, alcune delle loro critiche all’Occidente non sarebbero neppure del tutto peregrine. Si rivelerebbero, però, inconsistenti se loro le accompagnassero alle reali proposte che vorrebbero contrapporvi. Per esempio, è fin troppo facile considerare che i costumi sessuali, in questa parte di mondo, generano situazioni eccessive oltre che paradossali (vai in una spiaggia in cui le donne sono praticamente nude e, se le guardi, finisce che ti senti dare del pervertito, come se la normalità fosse l’assenza di turbamento di fronte alla nudità altrui). Ma se la tua proposta per contrastare tutto ciò è farle vestire, come avviene in certe teocrazie, con una ridicola busta della spazzatura nera, che le copre da capo a piedi, persino l’attuale condizione appare comunque preferibile.

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Con buona pace di tutti questi sofisti da 4 soldi, non esistono alternative all’universo occidentale capitalista che non siano regimi totalitari basati sul culto di un’ideologia folle che, del resto, sono stati già ampiamente sperimentati e hanno prodotto unicamente danni incalcolabili. Cosa propongono loro, una bella sfilata, al sabato, al cospetto di un uomo che rivesta il ruolo di guida assoluta? Il discorso del Comandante Fidel al Primo Maggio? L’emporio di fronte a cui la gente si mette in fila, dalla notte, per ricevere la propria razione giornaliera?

Naturalmente, ciò non vuol dire che l’attuale condizione del capitalismo avanzato sia tutta rose e fiori. Nessun liberale sano di mente pensa che non esistano disoccupati, gente che versa in gravissime difficoltà economiche, che le città siano un luogo sicuro a notte fonda, che tutti ricevano adeguata assistenza sanitaria.

Il fatto è che il capitalismo, diversamente dagli altri sistemi, è infinitamente migliorabile. L’America ha certo costruito la sua fortuna, in illo tempore, sullo sfruttamento della schiavitù – esattamente come ogni grande economia, nella storia del mondo –, ma non si può onestamente sostenere che i neri stiano oggi come nell’700, nell’800, o come per buona parte dell’900.

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Grazie al cielo, tante cose sono mutate e se ciò è avvenuto è perché i più hanno lavorato per ottenere piccoli avanzamenti nei diritti che, sul lungo termine, sono divenuti enormi miglioramenti. Se oggi l’umanità è più che raddoppiata, rispetto agli anni ’70, il motivo è che il capitalismo ha generato delle condizioni indiscutibilmente superiori a quelle del passato.

In definitiva, esso contiene in germe le possibilità delle sue stesse alternative, il capitalismo non è cioè un modello statico, ma costantemente soggetto a mutazioni e infinitamente variegato al suo interno. Quello attuale, per esempio, è di tipo inclusivo, più che esclusivo, cioè tende a produrre per vastissimi strati della popolazione. Lì dove un tempo esisteva un prodotto unico, appannaggio di un’élite di ricchissimi, oggi lo stesso articolo viene fatto per chi può spendere per questo mille euro come 10. Per intendersi, ancora negli anni ’50, tanta gente non poteva neppure permettersi un paio di scarpe, mentre oggi è praticamente impossibile vedere qualcuno scalzo.

Tra le altre cose, come si diceva, sotto l’etichetta di capitalismo vengono contemplate soluzioni tra loro molto diverse. L’America è capitalista esattamente come l’Inghilterra o i Paesi Scandinavi, ma le soluzioni adottate per declinarlo non sono neppure vagamente paragonabili, lì dove tutti immaginano, stupidamente, che si parli in modo univoco di una sorta di stato di natura, una guerra senza quartiere tra un pugno di ricchissimi e una massa abnorme di sfruttati.

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Davvero, è difficile comprendere che cosa immaginino questi soggetti come modello da contrapporre, a meno che non si tratti della loro idea di perfezione imposta manu militari a tutti gli altri. In Occidente, tutto sommato, puoi rifiutare il consumismo, se proprio ci tieni. Invece che andare al centro commerciale per contemplare estasiato la distesa dei nuovi smartphone, potresti chiuderti in casa a leggere libri di poesia nel tempo libero, o addirittura fruirne gratuitamente in biblioteca. Se poi esistono fenomeni come appunto il consumo sfrenato, l’amore liquido e altre situazioni, certo moralmente discutibili, è perché forse a molti stanno bene. Nessuno impedisce a persone con valori simili di scegliere l’amore unico ed esclusivo, in luogo delle relazioni usa e getta, o di abbracciare la sobrietà piuttosto che lo sfarzo fine a sé stesso, di andare in chiesa e rivolgere il proprio pensiero all’Altissimo preferendo ciò alle gioie effimere del mondo.

La verità è che il capitalismo non lascia scuse, è il nostro specchio, esattamente come il mercato. Ogni popolo ha la libertà che si merita e, ancora di più, oggi come oggi, il capitalismo che ha scelto.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni)

Un commento su “IL CAPITALISMO E LA FAMOSA “ASSENZA DI ALTERNATIVE” (di Matteo Fais)

  1. Che dire? Sublime come sempre. La differenza fondamentale tra critica costruttiva e distruttiva è proprio questa. Chi critica per il puro gusto di farlo, senza neppure proporre un’alternativa sta semplicemente facendo polemica sterile.

    Quante persone di finta sinistra o contro il capitalismo siano disposte a condividere il loro conto in banca con i più poveri, resta un mistero, non dimentichiamo che in Italia il più povero è comunque probabilmente più ricco di centinaia di milioni di persone che fanno letteralmente la fame.

    Mai nessuno di questi finti comunisti che poi si sia sporcato le mani o si sia proposto di trasferirsi in Corea del Nord, dove i compagni rivoluzionari lo accoglierebbero a braccia aperte, o in Iran, questo meraviglioso “baluardo” contro Israele che piace a tutti i sinistrati ma che poi viene puntualmente evitato dagli stessi come la peste.

    Alcune femministe francesi hanno addirittura paragonato la lotta della ragazza iraniana contro il velo a quella delle islamiche per il velo in Francia. Naturalmente pur essendo sforzi a loro dire paragonabili, si guardano bene dal compiere la prima delle due forme di protesta, rompendo puntualmente il cazzo solo con la seconda.

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