HA VINTO TRUMP? NO, HANNO PERSO I NEOCON (di Andreas Perugini)
Se abbiamo sempre più l’impressione che il sistema elettorale non ci presenti alternative politiche reali, bensì due facce della stessa medaglia, e che l’elettorato tenda a votare in base a criteri spesso effimeri, ebbene, di questo Bradbury ne aveva scritto nel suo capolavoro oltre settant’anni fa.
Oggi, alle elezioni presidenziali americane, al solito, l’elettorato è stato chiamato a scegliere tra Democratici e Repubblicani. Ecco, già dal nome sorge il dubbio: ma non siamo forse tutti sia democratici che repubblicani? Solo un’esigua minoranza di persone brama un regime autoritario o la monarchia. I colori dei simboli dei due partiti sono il rosso per l’elefantino repubblicano e il blu per l’asinello democratico.
Quindi, si dirà, secondo il modello europeo, i Repubblicani sono di sinistra e i democratici di destra? No! Oggi sarebbe il contrario, perché si sono invertiti i ruoli. In effetti, i Repubblicani (che sembra si chiamino così in virtù della congiura repubblicana contro l’autocrate romano Giulio Cesare) inizialmente erano progressisti e antischiavisti, mentre erano di centro e conservatori i Democratici. Entrambi i partiti derivano più o meno direttamente dal partito Democratico-Repubblicano, fondato nel 1792 e dissolto nel 1825. Nel 1828 venne fondato il Partito Democratico, raccogliendo l’ala di destra dei democratici-repubblicani, in particolare l’ala schiavista, mentre il Partito Repubblicano venne fondato nel 1854 dagli abolizionisti, di cui era una importante figura Lincoln – per cui si tratta storicamente di un partito più di sinistra. L’inversione dei ruoli ha iniziato a realizzarsi negli anni ’30 con Roosvelt e il New Deal, per concludersi negli anni ’70.
Quindi, oggi, è tutto chiaro? A parte l’inversione dei colori, al momento, i repubblicani sono di centro-destra, mentre i democratici sono di centro-sinistra? La questione, ancora, non è così semplice, poiché negli ultimi anni i cosiddetti neocon avevano preso il potere nei Repubblicani. Solo adesso sono stati messi in minoranza interna dai trumpiani.
I neocon sono una bestia strana. Rappresentano, all’interno del Partito Democratico, un think tank di intellettuali prevalentemente ebrei che hanno mal digerito le simpatie del partito verso i movimenti pacifisti degli anni ’60. Sono così confluiti nei Repubblicani. Il loro pensiero si sintetizza nel Progetto per un nuovo secolo americano. Il piano prevede l’espansione inesorabile della Nato verso est e la trasformazione dell’Alleanza da difensiva, contro l’ormai defunta Unione Sovietica, a offensiva, utilizzata per promuovere attivamente l’egemonia statunitense. L’idea viene paradossalmente mutuata dal concetto di Rivoluzione Permanente di reminiscenza marxista-trockijsta e prevede l’allargamento del conflitto a tutto il mondo. I neocon sono però visceralmente anti-sovietici.
Con i Bush trovano il loro massimo splendore. Nell’agenda politica viene introdotto il concetto di “Nuovo Ordine Mondiale” ed “esportazione della democrazia”. Questi concetti vengono successivamente abbracciati anche dai democratici, con Clinton e Obama, mentre i neocon vengono marginalizzati nel Partito Repubblicano con l’ascesa di Trump che, al contrario, sostiene invece un ripiegamento interno degli interessi americani. Possiamo dire che, attualmente, le idee neocon sono certamente più di casa nel partito Democratico che in quello Repubblicano.
Oggi Trump viene sostenuto anche e soprattutto da quello che un tempo veniva definita la “classe operaia” e che i radical-chic definiscono razzisticamente “bianchi sottoculturati” (ben guardandosi, però, dal definire come neri sottoculturati gli elettori di Obama), ma raccoglie sempre maggiore consenso anche tra le minoranze come quella musulmana, che voterà Trump per punire i democratici filoisraeliani, ma anche sempre più tra gli ispanici e i neri. Viene appoggiato dall’alta borghesia industriale e meno da quella finanziaria, più legata ai democratici. L’elettorato conservatore classico lo vota turandosi il naso, ma raccoglie anche l’appoggio di Robert F. Kennedy Jr che, da ex democratico, è candidato indipendente e esponente di una sinistra ambientalista e antimilitarista.
Appena trascorse queste elezioni USA, non è così semplice sostenere che la Harris rappresenti valori particolarmente di sinistra rispetto a Trump. Certamente è più conforme alle politiche sui diritti civili e LGBT, ma è anche molto più guerrafondaia. Mai come oggi le etichette posticce di destra e sinistra sono però inefficaci a descrivere adeguatamente la complessità della politica americana. E, per quanto mi riguarda, una delle cose peggiori della politica USA è proprio il pensiero neocon.
Andreas Perugini
L’AUTORE
Andreas Perugini è nato in Svizzera nel 1972. Risiede a Bolzano. Dopo il Liceo Scientifico si è diplomato alla scuola di documentario Zelig ed ha frequentato Sociologia-indirizzo Comunicazioni e Mass media. Dagli anni ’90 lavora come libero professionista. È documentarista ed autore di videoclip musicali e video industriali. È presidente del Cineforum Bolzano aderente alla Federazione Italiana Cineforum. In passato suonava in un gruppo di musica minimalista, i Croma, con cui ha pubblicato il disco Discromatopsia, e in un gruppo Hardcore. Per Harlock, ha dato alle stampe il saggio breve Oltre il Male, dallo stato di natura allo stato politico o di cultura. Attualmente si guadagna da vivere lavorando come rilevatore statistico per Istat e i principali operatori del settore.