Il Detonatore

Facciamo esplodere la banalità

SI SPACCIANO PER RIVOLUZIONARI, MA SONO I SOLITI DEMOCRISTIANI ITALIOTI (di Matteo Fais)

“Vecchia piccola borghesia, per piccina che tu sia/ Non so dire se fai più rabbia, pena, schifo o malinconia” (Claudio Lolli, Borghesia)

Fantastica strategia quella di certa gente che propaganda idee retrograde e piccolo borghesi, ideologicamente attraenti come la nonna in mutande: per fare presa sulle persone, che altrimenti si vergognerebbero di dichiararsi parte della schiera di miserabili filistei, fanno il solito cambio d’abito e si mascherano da rivoluzionari. Eccoli, dunque, che mescolano, in unico grande calderone, Stalin e la fede in Gesù Cristo, Pol Pot e Ho Chi Minh con la famiglia patriarcale.

Rossi, Neri, o peggio ancora Rossobruni, poco importa, sono sempre loro, borghesi della più infima risma, quelli disprezzati in modo bipartisan dai veri comunisti e dai fascisti più intransigenti. Sono coloro che, in tempo di guerra, avrebbero chiamato imboscati; quelli che disgustavano Mussolini quando, durante il Secondo Conflitto, invece di sacrificarsi per la Patria, si recavano in villeggiatura al mare.

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Non fatevi incantare dalle citazioni ad cazzum o dalle immaginette di Stalin, Lenin, Benito, Adolfo e via menzionando, che compaiono sulle loro bacheche impestate dai disagiati sui quali basano il proprio consenso social. Il loro schema mentale è il medesimo, i valori identici, tant’è che sovente si spalleggiano, pur appartenendo, sulla carta, agli opposti schieramenti.

Alla fin fine, a cosa si riducono i loro grandi ideali? Un culto patologico per la cloaca relazionale, altrimenti nota come famiglia tradizionale, coacervo di nevrosi sessuali e disturbi psichiatrici dei più vari; la stigmatizzazione della libertà erotica vista come sintomo di decadenza, dalla quale però sono mortalmente attratti; e l’odio per il diverso, specie l’omosessuale, la cui semplice esistenza sembra minacciare l’ordine dal quale si sentono protetti, probabilmente ben sapendo che la liberazione degli istinti li vedrebbe nel ruolo della brava casalinga, a novanta gradi mentre si fa sodomizzare da qualcuno del suo stesso sesso.

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Ci sarebbe da ridere, se non venisse da piangere a pensare a questi debolissimi soggetti che si sollazzano nel culto omoerotico del leader, dell’uomo forte, del condottiero e che, con questo, hanno ben poco da spartire. Si fanno le seghe sul Duce o su Putin e poi, magari, arrivano vergini a trent’anni, perché “ho paura di parlare alle ragazze per strada”. Si riempiono la bocca di ideologie ispirate alla forza e alla volontà di potenza, al culto della virilità, alla morale dei signori contro quella degli schiavi e poi sono loro per primi a essere scarti umani che, se ci fosse ancora il servizio di leva, verrebbero riformati per insufficienza toracica, oltre che per assenza di spalle e palle. Sarebbero proprio carini da vedere durante un conflitto, in un regime che inneggia alla guerra come sola igiene del mondo, necessità di uno spazio vitale, di conquistare i popoli inferiori. E magari, dal loro metro e sessanta, ti citano il Nietzsche della “bionda belva germanica”. Se sentissero odore di polvere da sparo in lontananza, si cagherebbero in mano.

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I migliori, comunque, sono quelli che, con massima astuzia postmoderna nell’indossare la maschera più seducente, si improvvisano comunisti e, poi, praticamente, con i comunisti storici non condividono un cazzo di niente, se non qualche vaga idea di economia pianificata che, per loro, si riduce al sogno del posto fisso per tutti. In verità, ciò su cui più battono sono appunto i tipici valori dell’antropologia democristiana da cui provengono: un posticino che dia un piccolo reddito garantito, una bella famigliola, una moglie devota e il pranzo sempre in tavola. Si fa fatica a vedere in un simile ruolo gente come Andreas Baader, Ulrike Meinhof, o un qualsiasi brigatista nostrano, personaggi che la lotta vera l’hanno fatta, con le armi, nella clandestinità, e che certo hanno sempre sostenuto la liberazione sessuale contro ogni struttura tradizionale e costrittiva.

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Non è un caso che i comunisti, e tutti coloro che provengono da tale cultura, abbiano appoggiato i valori del progressismo, perché quella è la naturale evoluzione della lotta sul versante antropologico. Del resto, i rossi ne hanno sempre fatto una bandiera della propria rottura con l’ipocrisia del benpensante. Salvo casi singoli di soggetti sessuofobi o una certa visione, come si è detto, vagamente vittoriana della materia da parte di Marx – che, giova ricordarlo, era un uomo dell’800! –, il grosso del pensiero di Sinistra ha avuto fin da principio ben altro orientamento e il suo successo presso i giovani è stato dettato dalla promessa della liberazione dalla repressione sessuale imperante. E non si tiri fuori il famoso manifesto del PCI sulla difesa della famiglia, che puntualmente torna a circolare in rete: cosa accidente avrebbero dovuto dire i comunisti agli Italiani del dopoguerra, provenienti da una certa temperie culturale?!

Suvvia, qui in gioco non vi è alcuna rivoluzione, solo conservatorismo spicciolo da beghina di paese che, per carità, ha tutto il diritto di esistere, come qualsiasi posizione, ma non può essere mascherato sotto vessilli che nulla hanno a che fare. Non è che se a De Gasperi gli fai indossare il basco si muta per magia in Che Guevara. In ultimo, se metti insieme un po’ di fascismo, un po’ di comunismo, e una misura di cristianesimo di facciata – insomma, la versione blanda di Dio, Patria e Famiglia -, non sei un sovversivo, ma uno dello Scudocrociato.

Matteo Fais

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L’AUTORE

MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).

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