ANDRE DUBUS – “I TEMPI NON SONO MAI COSÌ CATTIVI”: LEZIONI DI SCRITTURA CONTRO IL CINISMO (di Matteo Fais)
Ciò che tutti i lettori amano della scrittura di Andre Dubus è quella sua superiore dote empatica, che non scade mai nella mera assoluzione morale in stile determinista (“Jimmy ha fatto questo perché povero, o perché la società intorno a lui era corrotta”). Come sostiene Nicola Manuppelli, che certo, oltre che traduttore, è profondo conoscitore dell’opera dell’autore americano, “Dubus amava i personaggi, e questo non voleva dire essere d’accordo con quello che facevano (spesso non lo era) ma qualcosa di più intenso; voleva dire ‘essere loro’”.
Ecco il punto: lo scrittore di I tempi non sono mai così cattivi, appena ristampato da Mattioli 1885, si tiene a debita distanza da un siderale distacco rispetto alle creature a cui dà vita sulla pagina. Piuttosto le ascolta e osserva, senza mai studiarle come si trattasse di mammiferi profondamente diversi. Cerca, insomma, di calarsi nella loro umanità, di sentirne la vibrazione.
Dice l’autore, in una lettera a uno scrittore, di cui sono riportati ampi stralci, a corredo dell’opera: “Una grande parte della nostra vocazione è amare la vita e dunque gli esseri umani. Evita il cinismo: è una strada troppo facile. Nel cinismo non devi sudare, non ti è richiesta la fatica di costruire e arrampicarti sulle vette dell’amore. Nel cinismo gli esseri umani, l’amore e la vita vengono abbandonati. Non riesco a leggere l’opera di uno scrittore cinico. Non posso leggere uno scrittore che non ha compassione. Perché dovrei farlo? Io leggo per immergermi nel cuore umano, attraverso esseri umani immaginati. E nell’opera di un cinico, non vedo il cuore umano, ma solo quella strada già battuta e semplice che protegge lo scrittore dalle ardue vette dell’amore, della speranza e della fede. Non posso leggere l’opera di uno scrittore che osserva i propri personaggi dall’alto della finestra della propria stanza isolata, orgogliosa e condiscendente”.
E ciò che questo libro insegna è che, in fondo, il male non può mai essere assoluto, per questo cedere al cinismo corrisponderebbe ad arrestare la propria indagine, come autore, sulla natura umana. Già l’esergo, tratto da San Tommaso Moro, da cui viene anche il titolo del volume, chiarisce tale prospettiva: “I tempi non sono mai così cattivi da non trovarci un uomo buono”.
Persino di fronte alla peggiore nefandezza, come lo stupro, nel racconto La ragazza carina, o alla scelta di non consegnare la propria figlia alla polizia, dopo che questa ha involontariamente ucciso un uomo con la macchina, in Storia di un padre, l’autore non traccia mai un confine netto e manicheo tra bene e male, tra il giusto e lo sbagliato. In Anna, storia di una ragazza che accompagna il fidanzato a compiere una rapina, sembra allo stesso modo che non esistano vittorie, neppure quando la propria miseria economica conosce un’improvvisa iniezione di liquidità senza precedenti.
“The Times Are Never So Bad è quasi un libro tematico sulla violenza, ma è proprio il fatto che questa violenza spesso ci sia raccontata dal punto di vista di chi la commette a dare alle storie il potere di una strana pietra filosofale che da questa violenza ci porta alla dolcezza”, considera sempre Manuppelli, a ragione. Ciò perché, come insegna Dubus, “Bisogna cercare la bellezza, la luce in ogni personaggio, o meglio in ogni persona. La luce non è fare agire in senso positivo i personaggi, non è costringerli, forzarli alla Nabokov, ma capirli”.
Tale volontà nasce dal rifiuto di una dimensione intellettualistica e accademica della letteratura, da aula universitaria (“Non fidatevi mai di un professore di letteratura, compreso me, perché dobbiamo parlare per qualcosa come quaranta o cinquanta minuti. E a volte non c’è molto da dire e allora spariamo stronzate fino a quando la campanella non suona”). Qualunque conoscenza astratta è inutile, senza il contatto con la materia vitale. Bisogna venire a patti con il nostro essere mortali in tutte le sue sfaccettature, probabilmente finirla di proiettare la propria oscurità sul genere umano e contemplarne finalmente tutte le sue sfumature. Una luce, per quanto sporca di tenebra, esiste.
Matteo Fais
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L’AUTORE
MATTEO FAIS nasce a Cagliari, nel 1981. È scrittore e agitatore culturale, fondatore, insieme a Davide Cavaliere, di “Il Detonatore”. Ha collaborato con varie testate (“Il Primato Nazionale”, “Pangea”, “VVox Veneto”) e, in radio, con la trasmissione “Affari di libri” di Mariagloria Fontana. Ha pubblicato L’eccezionalità della regola e altre storie bastarde e Storia Minima (Robin Edizioni). Ha preso parte all’antologia L’occhio di vetro: Racconti del Realismo terminale uscita per Mursia. Il suo romanzo più recente è Le regole dell’estinzione (Castelvecchi). La sua ultima opera è una raccolta di poesie, L’alba è una stronza come te – Diario d’amore (Delta3 Edizioni).